CATANZARO È stato convalidato l’arresto di Vittorio Procopio, 30 anni, di San Sostene, il giovane uomo che il 4 aprile scorso, alle 4:45 del mattino, era stato sorpreso dai poliziotti della Questura di Catanzaro ad “armeggiare” all’interno di una auto Smart. Gli agenti avevano deciso di controllarlo ma, appena scesi dall’autovettura di servizio, il 30enne si è dato alla fuga lasciando cadere il cacciavite che aveva in mano. Ha avuto così inizio un inseguimento che ha condotto Procopio, vicino all’ospedale Umberto I, a scavalcare la protezione di ferro che delimita la strada dal precipizio che si trova in quella zona. Immediato l’intervento di un agente che raggiunge il ragazzo e lo afferra dalla felpa impedendo che cadesse nel vuoto. Un intervento, al quale si era aggiunto nel frattempo anche quello del collega, del tutto inutile visto che il 30enne si divincola, scrive il giudice Teresa Lidia Gennaro, a tal punto che cade nel vuoto. Un salto di 20 metri che richiede l’intervento dei Vigili del fuoco e del personale del 118. Secondo quanto riportano le carte dell’indagine, alla vista dei soccorritori il giovane, alla vista dei soccorritori «continuava ad avanzare verso valle tentando di allontanarsi». I Vigili del fuoco, calati nel dirupo con delle imbracature, hanno comunque raggiunto l’uomo e sono riusciti a soccorrerlo e a far intervenire l’elicottero che lo ha portato in ospedale.
Le indagini avrebbero consentito in seguito di verificare che Procopio aveva con se un portatile e che il nottolino lato guida della Smart, nella quale lo avevano inizialmente trovato gli agenti, era rotto, che il nottolino dell’accensione era divelto e la copertura in plastica dell’auto era carente. L’auto, è stato verificato, apparteneva a una donna la quale, avvisata dalla polizia, e constatati i danni al veicolo, ha sporto querela.
Nel corso dell’udienza di convalida, Procopio, assistito dagli avvocati Carmen Chiefari e Vincenzo Cicino, ha si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’arresto è stato convalidato perché si ritiene sussistente il pericolo di reiterazione del reato, alla luce dei «gravi precedenti» dell’indagato. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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