LAMEZIA TERME «Al pronto soccorso del “Bambino Gesù” accogliamo molte famiglie calabresi che sono costrette a viaggi lunghissimi per poter trovare una risposta ai loro bisogni, al loro diritto di cura». «Ma c’è anche un altro aspetto da considerare perché il problema non è soltanto la gestione dell’acuzie, cioè dell’emergenza. Facciamo l’esempio sempre della ragazza che tenta il suicidio o della grave anoressia. Viene ricoverata, viene gestita l’emergenza, certo, ma poi c’è bisogno che sul territorio, cioè dove la ragazza vive, ci sia una continuità, sia garantita la continuità di cura».
Uno spaccato di quella che è una delle emergenze più gravi della sanità calabrese l’ha illustrata al Corriere della Calabria Stefano Vicari, ordinario di Neuropsichiatria Infantile dell’Università Cattolica di Roma nonché direttore di Neuropsichiatria Infantile del “Bambino Gesù” della capitale. Vicari non fatto altro che richiamare l’attenzione sul diritto alla salute che dovrebbe essere garantito anche ai calabresi costretti, invece, ai noti e dolorosi viaggi della speranza fuori dai confini della Calabria per poter ricevere le cure necessarie. Emergenza ancora più acuta – è il caso di dire – nei casi legati alla neuropsichiatria infantile. Per Vicari, infatti, i territori «sono spesso sguarniti, ma non per cattiva volontà dei colleghi medici che lavorano nel territorio ma, ad esempio, per il blocco delle assunzioni, il blocco del turnover, per questo molti servizi sono proprio sprovvisti di neuropsichiatri».
Stefano Vicari, parlando ancora ai nostri microfoni, ha posto l’accento poi su un problema che riguarda, in questo caso, l’intero Paese. «Ad esempio, gli specialisti di neuropsichiatra infantile sono molto pochi e quindi abbiamo ottenuto, anche grazie ai numeri che abbiamo registrato con la pandemia, un maggior investimento in tal senso, quindi ora abbiamo una maggiore disponibilità e nei prossimi anni avremo più neuropsichiatri infantili».
Quello che manca, però, è proprio una politica per la salute mentale. Tanto in Calabria quanto in altre regioni d’Italia. E non è proprio un caso se la Calabria, insieme ad Abbruzzo, Umbria, Molise e Valle d’Aosta non ha posti letto dedicati alla neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Solo nei mesi scorsi, e dopo anni di durissime battaglie da parte di decine di genitori e famiglie, è stato aperto un centro all’ospedale di Lamezia Terme. «Fino ad ora – ci ha raccontato Vicari – abbiamo parlato di come gestire un problema, però noi dovremmo essere anche in grado di prevenire, quindi dovremmo avere un territorio che è attento al disagio, alle prime manifestazioni del male in questi ragazzi. Ancora oggi, purtroppo le diagnosi sono tardive». Oltre alle diagnosi e alla presa in carico, molte famiglie «ricevono la diagnosi magari a 2 o 3 anni, quando è il tempo dovuto, ma poi, prima di poter iniziare una terapia, devono aspettare anni, a volte perché non ci sono strutture sul territorio».
E la Calabria è tra queste, tra le regioni d’Italia, è quella che vive una maggiore sofferenza in termini di offerta, assistenziale per bambini e adolescenti. Anche perché i numeri sono in grande aumento anche a causa della pandemia. «Molti ragazzi che, ad esempio, hanno un disturbo mentale grave, un tentativo di suicidio, ad esempio, sono i casi più drammatici. Oppure un’anoressia, un disturbo del comportamento alimentare particolarmente grave, o anche ragazzi autistici che possono presentare in comorbilità, cioè, in associazione disturbi del comportamento per cui devono essere gestiti una struttura ospedaliera. Tutti pazienti costretti a migrare dalla Calabria». (g.curcio@corrierecal.it)
x
x