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l’inchiesta

“Gheddafi”, le truffe sul Covid, l’abbraccio con la Stidda. La ‘ndrangheta nella Manchester d’Italia

Il consigliere comunale “silente” e l’infiltrazione mafiosa. Tra patti con i siciliani e antimafia a Busto Arsizio c’è il bene e il male del Sud

Pubblicato il: 06/04/2023 – 7:01
di Paride Leporace
“Gheddafi”, le truffe sul Covid, l’abbraccio con la Stidda. La ‘ndrangheta nella Manchester d’Italia

Avevano visto lungo Nicola Gratteri e Antonio Nicaso nel loro libro del 2020 “Ossigeno illegale. Come le mafie approfitteranno dell’emergenza Covid-19 per radicarsi nel territorio italiano”. Si legge, infatti, in quelle pagine: «L’attuale emergenza economico-sanitaria innescata dall’epidemia da Covid-19 rappresenta per le mafie un’occasione: oggi come ieri, ma con metodi sempre più sofisticati, cercheranno di trarne vantaggio usando la corruzione per infiltrarsi nelle tante increspature dell’economia legale e soprattutto della politica».
È della settimana scorsa infatti l’operazione della Dda di Milano contro la ‘ndrangheta che a Busto Arsizio aveva aperto una sede di una società e dalle banche avevano ottenuto finanziamenti per un milione di euro per garantirsi aiuti dello stato verso aziende in crisi che avevano acquistato a buon prezzo. Il denaro sarebbe stato impiegato per finanziare i detenuti e le loro famiglie. Si stanno radiografando versamenti sospetti per il capoclan in carcere e per pagare fitti ad un altro affiliato. Nelle abitazioni dei sei arrestati sono stati sequestrati duecentomila euro in contanti, un altro filone delle indagini sta accertando riscontri anche su forniture di materiali sanitari e su tamponi. Questo versante dell’inchiesta nasce su dei presunti tamponi taroccati durante la partita Monza-Avellino. Clan sospettati Tripodi di Vibo Valentia e i loro alleati, i soliti Mancuso di Limbadi. Tra i 65 indagati la stampa locale varesina ha anche indicato Stefano Ferrario, ex vicesindaco leghista di Busto Arsizio, ma l’ordinanza non esplicita a che titolo è stato disposto l’accertamento, che ha comunque accesso inevitabili polemiche politiche.

Nella Manchester d’Italia

A Busto Arsizio governa la ‘ndrangheta del locale di Lonate Pozzolo e Legnano. Siamo in provincia di Varese, la Manchester d’Italia chiamavano questa cittadina culla della Lega e che per le sue numerose fabbriche era definita la città delle cento ciminiere prima dell’avvento del terziario.
Il trend demografico è quello solito. Nel 1950 gli abitanti sono circa cinquantamila, nel 1971 l’emigrazione meridionale operaia li fa aumentare a poco meno di ottantamila. L’efficiente amministrazione comunale dell’epoca si adopera a costruire case dignitose; in quegli anni viene infatti edificato il Villaggio Sant’Anna, concepito secondo l’architettura sociale dell’epoca.
Dieci anni fa, Busto Arsizio era stata terremotata dall’arresto di un consigliere comunale, Paolo Efrem che si era messo a disposizione nel traffico dei rifiuti illeciti. Grazie alla collaborazione di un imprenditore era saltato il tappo che ha visto la condanna in primo grado del consigliere, si dovrà accertare in altro processo l’associazione mafiosa di un politico che avrebbe portato a spasso i parenti dei Farao-Marincola con trasferte pagate con fatture false dello stesso Efrem.

Efrem il consigliere silente. Come la ‘ndrangheta

Paolo Efrem

Nativo di Busto, figlio di genitori eritrei, eletto con una lista civica, sulla stampa locale lo hanno definito “il consigliere silente” perché non interveniva mai nell’aula comunale, ma il suo voto era sempre pronto a soccorrere le maggioranze in crisi. La sua famiglia era emigrata per sfuggire alla guerra con l’Etiopia nel 1973, in patria anche un parente importante, lo zio Sebath Efran, è stato ministro della Difesa e dell’Energia eritrea. Allenatore di squadre minori, ai tempi dell’arresto, il consigliere dei 5 stelle, Luigi Genoni, lo descrive in questo modo: «Non interviene mai. Un fantasma. Una persona che in Consiglio fa solo presenza. Mai intervenuto in due anni in modo significativo. Lui è entrato in modo abbastanza silente. Non lo abbiamo mai visto in alcuna commissione. Alza la mano quando c’è la maggioranza che delibera. È perfettamente allineato con chi governa. Un voto sicuro per il sindaco». Silente come la ‘ndrangheta del posto, e lui sospettato di averne ricevuto i voti.

“Gheddafi” e la convivenza tra ‘ndrangheta e Stidda

Se la ‘ndrangheta attuale è ben identificata, più difficile trarne le origini e l’arrivo. La memoria orale degli appassionati di materia parla di tal Mario Trifini, soprannominato Gheddafi per la somiglianza con il dittatore libico, giunto da queste parti negli anni Settanta con misure di confino e luogotente di Luigi Vrenna detto “’u Zirru”, vecchio capomafia del Crotonese. Sarebbe stato lui ad affiliare i nomi noti del posto che rispondono ai nomi di Vincenzo Rispoli, Mario Filippelli, Mario Murano. Le leggende urbane di Busto Arsizio raccontano che Trifini ferito in uno scontro a fuoco si sarebbe ricucito la ferita da solo.

C’è un buco nelle ricerche sociologiche sulle mafie di Busto Arsizio. La convivenza tra ‘ndrangheta e Stidda, la mafia di Gela molto presente. Le vicende di Trifini raccontano anche di scontri violenti con i siciliani. Poi deve essere subentrata una pax mafiosa tra i gruppi egemoni. Sono ventimila i gelesi a Busto, e una presenza così vasta ha permesso il radicarsi della Stidda, feroce organizzazione criminale siciliana autonoma da Cosa Nostra. Accertate estorsioni e incendi. Da Busto Arsizio dovevano partire le armi per un attentato a Rosario Crocetta, all’epoca sindaco di Gela e poi governatore siciliano. Non mancarono i morti come quella del pregiudicato siciliano Domenico Scafidi rinvenuto cadavere l’antivigilia di Natale del 2004 in una strada di campagna tra Dairago e Bienate alle porte di Busto Arsizio. Con una Skorpion 14 colpi alla testa e buona notte.

La sorella dell’immobiliarista gambizzata per errore

I calabresi invece erano di casa al locale Tribunale frequentando le aste giudiziarie. Riscattavano immobili pignorati ai loro gruppi oppure si facevano trovare sui luoghi dei beni e ai loro concorrenti rivolgevano l’idioma calabrese con tono molto minaccioso. Molti i casi di usura in città. Scrive lo storico della ‘ndrangheta, Enzo Ciconte che a Busto Arstizio «piccoli e medi imprenditori erano vessati e strangolati, messi all’angolo, ridotti a una situazione di sudditanza». Poi questa vicenda dell’ecomafia. Una sentenza ha accertato che i rifiuti illegali conferiti alla discarica “La Guzza” di Como erano trattati da una società dei compari aperta con sede amministrativa a Busto Arsizio approfittando dell’assenza di controlli e che poteva operare grazie ai colletti bianchi collusi.
Ma anche la ‘ndrangheta silente a volte riprende le vecchie abitudini. Il 3 aprile 2007 Barbara Viadana viene gambizzata in pieno centro a Busto all’interno di un’agenzia immobiliare di via Roma. È uno sbaglio di persona. Si voleva colpire la sorella Emanuela, che era stata già vittima di diversi attentati ad un’altra agenzia di sua proprietà a Parabiago. L’immobiliarista era stata vittima di una truffa e aveva denunciato il bidonista legato ai calabresi. Nella requisitoria il pm ha parlato di una «cortesia» per compiere l’attentato.

Il bene e il male del Sud a Busto Arsizio

Storie di Busto Arsizio, alto Milanese, in provincia di Varese. Tanti i siciliani e i calabresi onesti che hanno fatto avanzare questa città del boom industriale. Emilio Raja era un garzone del celebre negozio Spena a Cosenza, studiò e vinse il concorso della polizia penitenziaria diventando un celebre ufficiale del carcere di Busto Arsizio. Vive anche a Busto Arsizio, il consulente tecnico Sergio Barletta che scrive romanzi impegnati e dove non manca la ‘ndrangheta e l’usura. Mi confida che quando arrivò da questi parti aveva saputo che molta edilizia era stata edificata con i proventi del prestito di soldi clandestino.

E’ di origini calabrese, anche Massimo Brugnone e vive da queste parti. Voleva diventare magistrato per combattare la ‘ndrangheta che aveva allontanato la sua famiglia dalla Calabria e poi se l’era ritrovata sotto a casa a Busto Arsizio. Nel 2007 fondò la celebre associazione antimafia “Ammazzateci tutti” nata sugli echi del delitto Fortugno a Locri. Ora è un giornalista. Ha da poco prodotto un bel podcast in sei puntate in cui ricostruisce con dettaglio le ultime evenienze dell’omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti ucciso grazie ad un patto tra Cosa Nostra e ‘ndrangheta. Il bene e il male del Sud. A Busto Arsizio. Profondo nord. Dove incroci ‘ndrangheta e mafia senza mai vederle. (redazione@corrierecal.it)

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