COSENZA Roberto Presta è il primo collaboratore di giustizia del sodalizio considerato egemone ai piedi del Pollino e della zona jonica del Cosentino. In base alle indagini condotte dalla squadra mobile di Cosenza, sarebbe stato tra gli uomini al vertice dell’organizzazione orfana di Franco Presta, recluso al regime di carcere duro. Ad oggi però non esiste da un punto di vista processuale un clan Presta. Nel corso delle udienze del processo scaturito dall’inchiesta “Valle dell’Esaro“, in corso dinanzi al Tribunale di Cosenza, il pentito ha avuto modo di raccontare dettagliatamente business, attività illecite, uomini e ruoli del gruppo del quale era parte integrante. Poi la decisione di saltare il fosso, abbandonare la “carriera” criminale per provare a voltare pagina. Nelle confessioni rese nel corso degli interrogatori, al quale il collaboratore si è sottoposto dopo aver chiuso con il mondo del crimine, non mancano riferimenti all’eredità lasciata da Franco Presta e raccolta dai suoi “fedelissimi”.
«Nel corso dell’inverno tra il 2010 e il 2011, mentre mio cugino Franco Presta era latitante, organizzò un incontro a casa di un soggetto (che in quel periodo gli curava la latitanza), in località “Crocetta” di Cosenza, forse in Sila, finalizzata a decidere le sorti del gruppo “Presta”», racconta il pentito. «In vista del suo possibile arresto, Franco Presta designò in quel l’occasione Tonino Presta come capo e referente della famiglia Presta». Chi prese parte a quella riunione? «Partecipammo io, mio fratello Tonino Presta, Franco Presta e i fratelli Michele Di Puppo e Umberto Di Puppo. In quell’occasione io conobbi per la prima volta i fratelli Di Puppo.
Ancora, in quella occasione, apprendevo che Michele Di Puppo era il riferimento criminale su Cosenza per conto di Francesco Patitucci, che in quel momento era detenuto». In quella riunione, oltre a designare il proprio erede, Franco Presta ribadì «la regola di spartizione dei proventi delle estorsioni, ovvero che una parte dei proventi delle attività estorsive perpetrate dal gruppo Presta sarebbe andata anche ai cosentini; allo stesso modo, viceversa, parte dei proventi estorsivi di Cosenza, sarebbe stata corrisposta al gruppo Presta». Un patto rispettato, almeno fino al giorno dell’arresto di Roberto Presta. Per quanto concerne la spartizione dei proventi, il pentito precisa: «ricordo che avveniva, reciprocamente, circa una volta al mese. Quando venivano i cosentini, ricordo, ad esempio, che nel 2017 veniva Umberto Di Puppo a portare i soldi direttamente a casa di mio fratello Tonino Presta».
Come già anticipato, giuridicamente il clan Presta non esiste. Anche se è lo stesso pentito a parlare di «scala gerarchica». «Mio fratello Tonino, mi raccontò che un giorno, a Cosenza, aveva riferito a Michele Di Puppo questa “scala gerarchica” del nostro gruppo». Nonostante l’arresto, la presenza di Franco Presta è piuttosto ingombrante. «Posso dire – aggiunge il collaboratore di giustizia – che come famiglia Presta ci siamo sempre interessati delle sorti processuali e detentive di Franco Presta, in particolare provvedendo, per il tramite dei soldi che consegnavamo a Francesco Ciliberti, a sostenere le sue spese legali. Del resto, il fatto che si provvedesse alle spese legali in favore di soggetti facenti parte del gruppo, è una regola fissa anche per gli altri componenti della famiglia Presta». Il racconto continua. «Preciso che, benché Franco Presta sia detenuto all’ergastolo, egli rimane sempre il Capo dell’associazione, Antonio Presta è stato designato come capo del gruppo in libertà».
Roberto Presta, non si limita a raccontare fatti e aneddoti riferiti e riferibili alla sua famiglia ed al suo gruppo. «Riferisco dell’esistenza di una commissione costituita dai referenti di tutte le province della Calabria. La commissione si riunisce in posti diversi, anche in occasione di eventi “legali” quali, ad esempio, matrimoni, per discutere e definire strategie criminali anche in riferimento a vicende politiche e di potere in generale». Il pentito dice di aver appreso queste informazioni dal fratello Antonio, a quest’ultimo invece le avrebbe riferite direttamente Franco Presta. «Quindi se n’è parlato in occasione delle riunioni ed a questi discorsi io ero presente», sostiene il collaboratore. Che aggiunge: «Non conosco i nomi dei referenti delle altre province che fanno parte della commissione». E sul ruolo del fratello: «Non so con precisione se mio fratello Antonio Presta abbia mai partecipato ad una riunione della commissione, anche perché quando mi è capitato di accompagnarlo ad appuntamenti criminali importanti non potevo sapere l’oggetto di quell’eventuale riunione».(f.benincasa@corrierecal.it)
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