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operazione “trigarium”

‘Ndrangheta a Roccabernarda, ricorsi inammissibili: condanne irrevocabili a carico della cosca Bagnato

La Cassazione non ha accolto le istanze dei 13 imputati. Fatta luce sulle dinamiche e sugli effetti dell’omicidio di Rocco Castiglione

Pubblicato il: 08/04/2023 – 7:26
‘Ndrangheta a Roccabernarda, ricorsi inammissibili: condanne irrevocabili a carico della cosca Bagnato

CROTONE La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di 13 imputati coinvolti nel processo scaturito dall’operazione “Trigarium” con cui la Dda di Catanzaro e o carabinieri di Petilia Policastro nel luglio 2018 disarticolarono la cosca Bagnato, operativa a Roccabernarda, nel Crotonese. Lo riporta la Gazzetta del Sud.  Confermate dunque – e diventate irrevocabili –  le 13 condanne – per oltre 121 anni di carcere – comminate il 19 gennaio 2022 dalla Corte d’Appello di Catanzaro a carico di  Antonio Santo Bagnato sono stati comminati 24 anni e 6 mesi di carcere; Giuseppe Bagnato, 12 anni e 6 mesi; il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta, 6 anni e 1 mese; Antonio Marazzo, 18 anni; Antonio Cianflone, 16 anni e 8 mesi; Maurizio Bilotta, 14 anni e 3 mesi; Michele Marrazzo, 12 anni e 6 mesi; Salvatore Aprigliano, 5 anni; Emanuele Valenti Carcea, 4 anni e 3 mesi; Giovanni Iaquinta, 2 anni e 6 mesi di carcere; Luigi Piro, 2 anni; Domenico Colao, 1 anni e 6 mesi; e Salvatore Fonte, 1 anno e 6 mesi. Sono stati difesi, tra gli altri, dagli avvocati Mario Nigro, Sergio Rotundo, Luigi Colacino, Luigi Falcone, Luca Cianferoni e Marco Rocca. Per Piro, Colao, Giovanni Ianquinta e Fonte è caduta l’ipotesi dell’aggravante mafiosa. Tra i fatti al centro delle indagini l’omicidio, avvenuto nel maggio 2014, del 28enne Rocco Castiglione, che per gli inquirenti eegnò il passaggio del dominio del clan a Antonio Santo Bagnato e ridisegnò le gerarchie mafiose nel Crotonese, con la cosca dei Bagnato, alleata ai clan  Grande Aracri di Cutro e Comberiati di Petilia Policastro, che si elevò in “locale” di ‘ndrangheta.

Riceviamo da Luigi Piro:
«La mia persona (Piro Luigi) insieme a quella dei tecnici Fonte, Colao, Iaquinta Giovanni non rientra in quella “della cosca Bagnato”. Già nel primo grado di giudizio a Crotone è stata ritenuta infondata l’accusa dell’aggravante del metodo mafioso. Anche in appello i giudici del secondo grado hanno confermato tale ipotesi restando valida solo la condanna sull’abuso d’ufficio per il rilascio di una licenza edilizia in sanatoria per un fienile ad uno degli esponenti del clan». 

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