CATANZARO La zona grigia è il passepartout della ‘ndrangheta: apre le porte per gli appalti della pubblica amministrazione. Offre professionalità capaci di «utilizzare tutti i possibili strumenti normativi per mimetizzare la presenza» delle cosche «e le conseguenti attività illecite». L’obiettivo – sintetizza la relazione sull’attività svolta dalla Commissione parlamentare antimafia – è «insinuarsi e governare l’economia calabrese».
Dalle missioni calabresi dei parlamentari nella scorsa legislatura, quando l’organismo bicamerale era presieduto dal senatore Nicola Morra, emerge lo scenario offerto da istituzioni e parti sociali nel corso delle audizioni svolte sul territorio. È un quadro che dalla Calabria si apre ad altre aree del territorio nazionale. Dalla prefettura di Catanzaro è stato evidenziata «l’esistenza costante di uno stretto intreccio tra società e soggetti riconducibili alla criminalità organizzata e numerose altre società, anche importanti e apparentemente regolari, operanti sia sul territorio catanzarese sia in altre aree del Paese, cioè in province del Centro e del Nord Italia». Uno schema che si ripropone anche dopo gli interventi attivati per frenare l’«infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti e negli investimenti pubblici, nel mercato del lavoro e nell’esercizio delle attività produttive».
Il prefetto di Catanzaro ha messo in risalto il fenomeno frequentemente riscontrato del trasferimento o della costituzione in altre province di società in cui risultano presenti soggetti destinatari di comunicazioni o informazioni antimafia a contenuto interdittivo o, più spesso, loro parenti o dipendenti, in un reticolo di rapporti in cui tornano sovente all’attenzione gli stessi nominativi». Un segnale, questo, della capacità della criminalità organizzata del Catanzarese di «espandere silenziosamente la sua influenza a livello nazionale, anche attraverso l’instaurazione di rapporti con soggetti apparentemente sani e per mezzo del fenomeno della cosiddetta contiguità compiacente, più difficile da individuare e particolarmente insidioso». Un vero e proprio salto di qualità che ha oramai coinvolto ambiti diversi da quelli tradizionali dell’edilizia e del movimento terra, quali la ristorazione, i trasporti, il settore alberghiero, oltre a quello della sanità».
Nuove emergenze criminali che chiedono nuove strategie e modalità operative. «Si è cercato un approccio nuovo – si legge nella relazione – che si incentra oltre che su una rinnovata valorizzazione del Gruppo interforze antimafia locale, anche sulla possibilità di organizzare riunioni interprovinciali di questi gruppi». È «sempre più rara ormai l’emissione delle comunicazioni antimafia interdittive: la criminalità organizzata, con grande flessibilità, si è velocemente adeguata alle prescrizioni della normativa e alle statuizioni della giurisprudenza e, in maniera sempre più evoluta e raffinata, ricorre a strumenti nuovi e sfuggenti per penetrare nell’economia legale, evitando accuratamente di ricadere in situazioni “tipizzate”, rientranti nelle fattispecie già cristallizzate nella legge o enucleate dalla giurisprudenza».
Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’economia sono il cruccio delle organizzazioni di categoria ascoltate dai commissari nella missione a Catanzaro.
«Il confronto con Confindustria ha consentito di acquisire il punto di vista del mondo delle grande impresa sull’informativa antimafia, considerato fondamentale strumento per intercettare le immissioni dei flussi illeciti di denaro nell’economia ed eliminare dal circuito legale le imprese contaminate, ostacolo insormontabile per la sopravvivenza di quelle che vogliano agire nel solco della legalità, che non sono in grado di sostenere la concorrenza di chi dispone di mezzi e modalità di azione illeciti», si legge nella relazione. È stata inoltre «chiesta una riflessione attenta sul tema quello delle white list auspicandone addirittura l’estensione al settore privato. È stato, poi, posto in risalto il possibile vulnus costituito dai subappalti e il tema, correlato, dell’impiego di lavoro nero».
Il rappresentante di Confcommercio – in un ragionamento che ha posto l’accento sul pericolo rappresentato dai clan nella fase di crisi post-Covid – ha rilevato il rischio che «la criminalità organizzata riesca ad assorbire le aziende sane o a sostituirle con quelle già a essa riconducibili, grazie alla liquidità che può offrire, anche praticando tassi usurari a imprese in difficoltà che non sono riuscite ad accedere alle misure di sostegno approntate e ai finanziamenti degli istituti bancari. E proprio con riferimento a tale ultimo tema, il rappresentante di Confcommercio ha ritenuto di dover attirare l’attenzione della Commissione sul sistema di segnalazione della Centrale rischi e della Crif s.p.a.». Simili preoccupazioni anche dal rappresentante di Confagricoltura che «ha sottolineato la difficoltà di accesso al credito che caratterizza da sempre le imprese che operano nel settore agricolo, manifestando la grande preoccupazione che la crisi determinata dalla pandemia possa facilitare, anche nel settore in questione, fenomeni di infiltrazione».
Da Confapi, invece, è giunto un segnale di allarme sull’applicazione dei protocolli di legalità, «risultata fino a ora poco incisiva: in molti casi, promossi a livello regionale dalle varie Prefetture, questi sono rimasti soltanto un «elenco di buone intenzioni e di indicazioni normative».
«Di grande interesse» le audizioni riservate ai sindacati. Che, «oltre a ribadire in termini convergenti il problema della sanità, evidenziando come la stessa abbia eroso l’80% delle risorse regionali, si sono soffermati sul sistema definito “perverso” degli accreditamenti delle aziende private evidenziando come esso rappresenti “il buco nero della sanità calabrese” e ponendo l’accento sul gravissimo fenomeno delle infiltrazioni criminali in tale settore, rilevando criticamente come agli scioglimenti degli enti non siano seguiti i necessari accertamenti delle responsabilità individuali né la eliminazione dal mercato delle imprese che avevano tentato di truffare gli enti pubblici con il sistema delle doppie fatturazioni». (p.petrasso@corrierecal.it)
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