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L’appello del vescovo di Lamezia ai giovani: «Aprite gli occhi per guardare al domani»

Gli auguri del presule nella veglia pasquale. «La morte lascia le ferite, ma la risurrezione ci ricorda che è distrutta e vinta»

Pubblicato il: 09/04/2023 – 7:35
L’appello del vescovo di Lamezia ai giovani: «Aprite gli occhi per guardare al domani»

LAMEZIA TERME Ci sono stati anche i giovani tra coloro ai quali il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel concludere l’omelia della Veglia Pasquale, ha voluto rivolgere un augurio «perché possano davvero aprire gli occhi – ha detto il Pastore della Chiesa lametina – per guardare al loro domani, cioè ritrovare la speranza e la gioia di vivere che non viene da tutto ciò che, magari, dall’esterno immettiamo nel cuore e nella nostra carne, quanto, piuttosto, dalla certezza di sapere che il Signore ci ama. La Pasqua – ha aggiunto – è questa: sapere che il Signore ha pensato davvero alla salvezza dell’umanità per amore e per amore ha vinto la morte e ci ha aperto la strada del futuro, dell’avvenire, della novità». 
Precedentemente gli auguri del Vescovo erano stati rivolti «al Presbiterio di Lamezia, ai religiosi e alle religiose, ai consacrati e alle consacrate del territorio lametino, a tutti i fedeli laici che sono la porzione di Chiesa di questa diocesi di Lamezia ed a tutti coloro che vivono situazioni di difficoltà, di crisi, di disperazione, coloro che guardano e non riescono a vedere, hanno gli occhi ma è come se fossero ciechi, non riescono a vedere il loro avvenire come si apre, come si potrà aprire la vita ancora per loro domani, dopo il Venerdì Santo». Quindi, un pensiero «agli ammalati, a coloro che vivono situazioni familiari difficili, nella coppia o con i figli». 
L’auspicio di monsignor Parisi è «che davvero questa luce della Pasqua che riaccende di vita nuova tutta la storia possa toccare nel cuore, nell’esistenza e, poi, nella vita quotidiana tutti coloro che oggi sono nella difficoltà, quelli che la vivono consapevolmente e quelli che sono nella difficoltà inconsapevoli di esserlo. Dal crocifisso ristoro è venuta la forza per rinnovare la storia. Prendiamoci questo impegno e trasformiamolo in augurio ma anche in progetto di vita quello di poter sempre gioire della forza della Pasqua perché la vita dell’uomo sia pienamente vissuta come vuole il Signore secondo la legge del suo amore».
«Dentro tutte queste situazioni di morte che l’umanità prova, sperimenta – ha aggiunto il Vescovo -, arriva questo grido nuovo, rinnovatore della Pasqua, della resurrezione: il Crocifisso è risorto» e, sebbene sia «vero che la morte lascia i suoi segni così forti dentro l’esistenza dell’uomo e nella storia dell’umanità, la morte non ha l’ultima parola, la morte è vinta. La resurrezione dice ad ognuno di noi che, a volte, pur dentro le strutture della morte che ci rendono schiavi della paura della morte ed anche di tutte le conseguenze del morire che sono il peccato, la mancanza di carità, la fraternità che viene rotta, infranta, la costruzione della pace che non arriva mai ad un punto di realizzazione piena, tutte le varie situazioni di distruzione che ci sono nel mondo e nella storia, la morte lascia le ferite».
«Proprio nell’ultima messa della domenica di Pasqua  – ha proseguito monsignor Parisi – , al pomeriggio viene ricordato il Crocifisso glorioso, cioè Tommaso che vede il crocifisso e vuole mettere il dito nel posto dei chiodi, la mano nella ferita del costato: il corpo glorioso di Cristo si presenta con le ferite della crocifissione, però la morte non ha più potere su di lui, la morte è totalmente distrutta e vinta. Quindi, possiamo vivere e possiamo gioire. Questo è l’augurio che la Chiesa fa ad ognuno di noi perché si riaccende la vita, riprende la speranza ed allora dobbiamo continuare a vivere e dobbiamo continuare a sperare e portare questa parola di vita, di pace, di speranza, di amore dentro il mondo che è distrutto dalle varie situazioni di morte e che aspetta da noi la parola della vita e della speranza» e «questo è l’augurio che in questa Notte Santa sento di fare ad ognuno di noi, ad ognuno di voi».

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