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Il “no” degli ambientalisti al Ponte: «Opera inutile, l’ennesima cattedrale nel deserto»

Le audizioni nella commissione Ambiente alla Camera. Italia Nostra: «Meglio autostrade e ferrovie moderne su tirrenica e jonica»

Pubblicato il: 12/04/2023 – 11:03
Il “no” degli ambientalisti al Ponte: «Opera inutile, l’ennesima cattedrale nel deserto»

ROMA Il ponte sullo Stretto sarebbe «l’ennesima cattedrale nel deserto». Lo afferma l’esponente dell’associazione Italia Nostra Catanzaro, Walter Fratto, in audizione alla commissione Ambiente della Camera sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 35 del 2023 per la realizzazione del ponte sullo Stretto tra Calabria e Sicilia. «A ponte finito dovremmo attraversarlo in 15 minuti», ma «sbarcati in Calabria ci si troverebbe di fronte a una realtà amara, sia su gomma che su rotaie», tra binario unico e imbuti trasportistici. La regione, sottolinea Italia Nostra, sconta un forte «ritardo nell’adeguamento infrastrutturale», sintomo di «abbandono dello Stato». Calabria e Sicilia «sono considerate solo come svincolo autostradale per merci e passeggeri». Per l’associazione sarebbe più urgente «mettere al passo le regioni con le altre d’Italia. Ci accontenteremmo di autostrade e ferrovie moderne sulla tirrenica e sulla ionica».

Kyoto Club: «Opera dannosa e inutile»

Kyoto Club, altra associazione ambientalista, conferma in audizione, nelle parole del suo vice presidente Francesco Ferrante la propria «contrarietà al progetto del ponte sullo Stretto, «giustificata dal fatto che non riusciamo a capirne senso dal punto di vista trasportistico, non la vediamo come una priorità del Paese e la troviamo un’opera dannosa e inutile». Da un punto di vista trasportistico, per l’organizzazione non profit, sarebbe «molto più logico investire su nuove tecnologie che consentano una riduzione dei tempi di percorrenza dello Stretto, che già oggi 20-30 minuti. Il ponte consentirebbe un risparmio assai limitato sul tempo». Inoltre, «quando si dice che l’investimento sarebbe di privati non è esattamente così», si tratterebbe di «soldi pubblici dei contribuenti che noi preferiremmo venissero spesi in opere più utili alla transizione in cui siamo immersi e che andrebbe affrontata nella maniera più responsabile possibile».

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