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La presidente del Tribunale di Crotone e il «collega intimidito» per la confisca del parco eolico

Il magistrato in Antimafia parla di «voci e pressioni dirette» nel caso giudiziario dell’impianto di Isola Capo Rizzuto poi dissequestrato

Pubblicato il: 12/04/2023 – 7:05
di Pablo Petrasso
La presidente del Tribunale di Crotone e il «collega intimidito» per la confisca del parco eolico

CROTONE Non c’è l’ombra della ‘ndrangheta sul progetto del mega parco eolico di Isola Capo Rizzuto. Lo hanno stabilito la Corte di Cassazione e la Corte d’Appello di Catanzaro, che, con le loro sentenze, hanno ribaltato la decisione di sequestrare prima e confiscare poi l’impianto. Nella lunga storia giudiziaria che si è aperta più di dieci anni fa fa capolino un dubbio. Dopo le pronunce definitive sulla vicenda lo si potrebbe derubricare se non fosse per l’autorevolezza di chi lo esprime e per il fatto che è finito nero su bianco nella relazione sull’attività svolta dall’ultima Commissione parlamentare antimafia.

La presidente del Tribunale e il dissequestro del parco. «A me rimane il dubbio»

Maria Vittoria Marchianò

La missione dei commissari a Crotone risale al 29 ottobre 2021. A quell’epoca la confisca era già stata revocata e le due sentenze della Cassazione e della Corte d’Appello avevano cristallizzato la verità giudiziaria sulla faccenda. Maria Vittoria Marchianò, presidente del Tribunale di Crotone spiega, però, ai parlamentari: «Ho letto tutti gli atti e a me rimane il dubbio». Dal resoconto stenografico di quell’audizione emergono valutazioni sull’iter di quel provvedimento poi annullato. Sono particolari che la relazione definisce «estremamente significativi».
«Sull’eolico – riferisce Marchianò – mi sono occupata personalmente di questa benedetta confisca del parco eolico di Isola Capo Rizzuto e ho avuto la percezione che il collega fosse stato intimidito. Non sono stata intimidita, né sarebbe stato facile intimidirmi perché avevo le spalle molto più larghe del collega. Non parlo fisicamente, ma per la mia esperienza. Certo, le voci e le pressioni dirette arrivavano, però abbiamo fatto ciò che ritenevamo giusto fare e, quindi, abbiamo confiscato. La confisca era stata anche confermata in grado di appello e in Cassazione c’è stato un annullamento con rinvio e poi il parco eolico è stato dissequestrato. Ho letto tutti gli atti e a me rimane il dubbio».

La Cassazione esclude il coinvolgimento della ‘ndrangheta

Il magistrato parla della percezione di «intimidazioni» a un collega e di «pressioni dirette» su uno dei casi giudiziari più rilevanti registrati in quel territorio, almeno stando alla portata dell’investimento. Un quadro inedito e certamente inquietante che la relazione diffusa nei giorni scorsi sul sito della Commissione non approfondisce ulteriormente. La storia del mega parco eolico viene inclusa tra le verifiche sulle imprese per la compilazione delle white list e la scopertura degli organici per gli uffici giudiziari di Crotone, altri aspetti di quella visita ispettiva.
Di certo c’è che la teoria del coinvolgimento dei clan crotonesi nel progetto è stata negata dalla Cassazione nel febbraio 2019. Le cronache dell’epoca raccontano che i giudici avevano stabilito che il denaro destinato all’investimento fosse di «indiscussa provenienza lecita, derivando interamente da un mutuo accordato da un istituto di credito tedesco: la Hsh Nordbank». Niente mafia, dunque, tanto più se si pensa che i promotori del parco sono stati assolti dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Anche i cardini sui quali si basava la «pericolosità sociale» di Pasquale Arena, figura al centro dell’inchiesta antimafia che portò al sequestro del parco, avrebbero poggiato su un terreno sdrucciolevole, «risolvendosi – evidenzia la sentenza di Appello – in citazioni di diversificate vicende processuali e dati personali, essenzialmente elencati più che criticamente esaminati, in tal modo integrando una motivazione del tutto apparente».

Il parco eolico di Isola Capo Rizzuto: una lunga storia giudiziaria

La storia giudiziaria del parco inizia con il primo sequestro, avvenuto nel luglio del 2012, sempre per opera dalla Dda di Catanzaro: l’ipotesi investigativa era che l’investimento fosse ricollegato a fondi di provenienza illecita della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto.
La Wind Farm, poi, sempre su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, era stata confiscato nel maggio 2017 dal Tribunale di Crotone, con una decisione confermata nel marzo 2018 dalla Corte d’appello di Catanzaro. Quella confisca venne annullata dalla Cassazione nel 2019. Ultimo passaggio: nel gennaio 2020 anche la Procura Generale chiese la revoca. «Il dubbio» su quella decisione manifestato dalla presidente del Tribunale di Crotone quasi due anni dopo – nell’ottobre 2021 – riemerge oggi dalle pagine della relazione dell’Antimafia. (p.petrasso@corrierecal.it)

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