REGGIO CALABRIA «Al di fuori della Calabria, oltre a insidiare le realtà economico-imprenditoriali, le cosche di ‘ndrangheta, tentano di replicare i modelli mafiosi originari facendo leva sui tradizionali valori identitari con proiezioni di ndrangheta che fanno sempre riferimento al Crimine quale organo di vertice deputato a dettare le strategie, dirimere le controversie e stabilire la soppressione ovvero la costituzione di nuovi locali». Così il report della Direzione investigativa antimafia nazionale, sulle attività del 2022 relative al primo semestre. «Le inchieste sinora concluse – evidenzia la Dia – hanno infatti consentito di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige 10».
La Lombardia, in particolare «si appresta a vivere un singolare momento storico» per la «concentrazione di investimenti pubblici collegati all’imminente organizzazione» dei «Giochi Olimpici invernali di Milano-Cortina 2026» e per la «realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza». Per questo c’è la «necessità di efficaci controlli preventivi» per contrastare l’interesse delle mafie, consiglia la Dia. La «problematica», si legge nella relazione, «è fra le priorità delle Autorità giudiziarie e prefettizie lombarde, nonché degli Enti locali con la predisposizione di specifici protocolli nel solco dell’esperienza già adottata per Expo 2015». Dalla relazione, che ripercorre tutte le ultime indagini in Lombardia, emerge che nella regione la ‘Ndrangheta si conferma la mafia più forte e radicata. Mafia calabrese che ha mantenuto «un immutato assetto organizzativo» e che è presente con «25 locali», ossia cosche, e con una «camera di controllo» chiamata «la Lombardia» e in «collegamento con la casa madre reggina». Per quanto riguarda, poi, «l’usura e le estorsioni» nella regione «la scarsità delle denunce – scrivono gli investigatori – e delle evidenze giudiziarie fornisce limitati spunti di analisi e rende difficoltosa la mappatura delle aree regionali maggiormente interessate dal fenomeno».
Nell’economia regionale del Veneto, ai primi posti per Pil e per reddito medio a livello nazionale, la presenza delle mafie «è stata evidenziata da numerose investigazioni che hanno dimostrato come nel corso degli anni il territorio sia stato infiltrato da esponenti di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra». Ricordando che il tessuto economico veneto dopo la pandemia «ha dato segni di vitalità grazie alla ripresa di alcuni settori trainanti, come l’edilizia e il turismo», la Dia presta attenzione anche alla preparazione dei Giochi olimpici e paralimpici Milano-Cortina, che «rappresenta elemento di forte attrattiva per le organizzazioni criminali». In particolare, la ‘ndrangheta ha esteso in Veneto i propri interessi nei settori degli stupefacenti, delle estorsioni e del riciclaggio; «emerge – sottolinea la relazione – la capacità degli esponenti di intrattenere rapporti d’affari con gli operatori locali, preferendo alle forme tradizionali di intimidazione l’avvio di interlocuzioni con professionisti, imprenditori e funzionari pubblici». Viene in particolare segnalata la presenza nel Padovano della cosca Giglio di Strongoli (Crotone).
Altra spia di pericolo: le aziende liguri in crisi per il caro energia, causato dalla guerra in Ucraina, rischiano di essere comprate dalla criminalità organizzata, in particolare la ‘ndrangheta anche in società con sodalizi esteri. Dopo il Covid e il superamento della pandemia con «i segnali di progressivo miglioramento del quadro economico delle attività produttive liguri con recupero dei livelli precedenti dei traffici marittimi sia commerciali, sia croceristici, il problema energetico conseguente alle tensioni geo-politiche internazionali rischia di riflettersi negativamente sulle imprese operanti nei settori ad alto consumo. Tale condizione – si legge nel documento – potrebbe incoraggiare la vocazione transnazionale delle mafie e, in particolare, della ‘ndrangheta, holding del crimine internazionale a creare alleanze anche con sodalizi esteri funzionali all’acquisizione, oltre che del collaudato settore del narcotraffico, di nuovi mercati illegali, sfruttando plausibilmente le zone portuali su cui la Liguria fonda gran parte della propria forza economica». La Liguria si conferma hub strategico per il narcotrafffico. «Nel territorio regionale si registra la presenza di gruppi criminali autoctoni, anche di matrice straniera che, grazie alla centralità degli scali marittimi liguri, gestiscono lo smercio degli stupefacenti dalla fase dell’approvvigionamento a quella dello spaccio al dettaglio. Tuttavia le investigazioni concluse negli anni hanno dimostrato come le organizzazioni calabresi rappresentino una importante presenza criminale nel territorio, con strutturate proiezioni operative».
«Dopo l’evidente allarme suscitato da alcune importanti inchieste degli ultimi anni e lo scioglimento del Consiglio comunale di Saint-Pierre disposto all’esito della complessa inchiesta denominata “Geenna”, l’evoluzione giudiziaria ha di fatto sancito l’esistenza di un ‘locale’ di ‘Ndrangheta in Valle d’Aosta», rileva la Dia. Nella relazione vengono analizzate in particolare le motivazioni di secondo grado del rito abbreviato relativo al processo Geenna, depositate nel gennaio dell’anno scorso (l’annullamento con rinvio del rito ordinario da parte della Cassazione, oltre all’assoluzione definitiva di Marco Sorbara, risalgono invece al gennaio 2023). Nella sentenza del rito abbreviato, riporta la relazione Dia, i giudici della Corte d’appello di Torino scrivono che «deve ritenersi provata l’esistenza, nel territorio della Valle d’Aosta, nel periodo in contestazione, di una associazione mafiosa denominata locale di Aosta». Per la Dia «di sicuro rilievo, è la disamina dei settori economici infiltrati dalla mafia: “molteplici settori risultano concretamente condizionati da attività e strategie riferibili all’associazione”, segnatamente quelli “dell’edilizia privata e del commercio ambulante di generi alimentari, quello delle concessioni e degli appalti pubblici con l’ingerenza nella vita politica del territorio volta ad ottenere vantaggi in termini di commesse lavorative da enti pubblici”. A tali ambiti – prosegue – “si aggiunge l’intervento del sodalizio nel settore politico, proponendosi come organismo convogliatore di voti da indirizzare a plurimi candidati in campagne elettorali amministrative e regionali in cambio di utilità”».
«In sintesi – si legge nella relazione della Dia -, il locale di ‘Ndrangheta, per i giudici della prima sezione penale della Corte d’appello, non solo è esistito ma “attraverso una rete di rapporti improntati ad una costante azione, espressione di pressione e intimidazione”, per quanto esercitati “senza il ricorso ad atti marcatamente violenti”, è anche riuscito “di fatto a costruire una rete di relazioni, connivenze, rapporti con istituzioni e con esponenti con ruoli di interesse in settori importanti delle attività economiche e politiche”, funzionali “alla creazione di quel tessuto connettivo necessario per realizzare gli scopi e le finalità di un’associazione di tipo mafioso”». I giudici di secondo grado hanno inoltre «argomentato il “mutamento dei rapporti e dei collegamenti con la “casa madre calabrese” che ora vedrebbe il baricentro della “cellula” insediata in Valle “spostato dalla ‘Ndrangheta tirrenica a quella ionica e, in particolare, al locale di San Luca”». La relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta dalla Dia cita poi gli «esiti dell’operazione “Alibante” (2021), riguardante l’operatività in Valle d’Aosta della cosca Bagalà, il cui procedimento è attualmente in corso a Catanzaro» e che aveva portato alla custodia cautelare in carcere anche per l’avvocata Maria Rita Bagalà. Inoltre si fa riferimento alla «sentenza emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria che, il 4 maggio 2022, in relazione all’operazione “Altanum”, ha confermato la decisione di primo grado per cinque imputati di associazione mafiosa ed estorsione. La sentenza ha tuttavia riformato l’imputazione relativa a un omicidio così assolvendo tutti gli indagati».
L’inchiesta riguarda «la “guerra di potere” tra due storici gruppi ‘ndranghetisti di Cittanova e San Giorgio Morgeto: i Facchineri ed i Raso, coinvolti in un tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore valdostano», Giuseppe Tropiano.
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