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‘Ndrangheta, il Vibonese è ancora regno dei Mancuso

È quanto emerge dalla prima relazione semestrale della Dia per il 2022. ‘Ndrine vibonesi anche in Piemonte, a Roma e in Slovacchia

Pubblicato il: 13/04/2023 – 18:00
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il Vibonese è ancora regno dei Mancuso

VIBO VALENTA La potente cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi continua ad essere presente e ad influenzare il territorio della provincia di Vibo Valentia. Uno scenario che persiste e viene definito anche nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia presentata al parlamento e che inquadra il periodo compreso tra gennaio e giugno del 2022. Una cosca che – si legge nella relazione – manterrebbe ancora i contatti attivi nella Piana di Gioia Tauro.  

Imponimento

Nella relazione è stato dato spazio, poi, alla prima sentenza in abbreviato del processo “Imponimento” che ha condannato 65 persone tra cui spiccano due boss dell’omonima cosca, attiva nel territorio di Filadelfia (VV), condannati entrambi a 20 anni di reclusione, Rocco Anello e Vincenzo Fruci. Il 16 febbraio 2022 – si legge – la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato le dieci condanne e le cinque assoluzioni emesse in primo grado a carico di altrettanti imputati coinvolti nel processo nato dall’inchiesta “Stummer”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, connessa con un traffico internazionale di droga avviato da diversi gruppi criminali riconducibili ai “Fiarè” di San Gregorio d’Ippona, alla ‘ndrina Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e al gruppo di San Calogero, satelliti del più noto clan “Mancuso” di Limbadi. Il 9 giugno 2022, la Guardia di finanza di Catanzaro e di Bologna ha dato esecuzione al sequestro preventivo di beni per circa 1,3 milioni di euro a carico di un personaggio di spicco di Vibo Valentia, già coinvolto in diverse indagini, tra cui l’operazione “Due Torri Connection”80, considerato uno dei maggiori importatori in Europa di cocaina proveniente dal Sud America.

La mappa del controllo criminale su Vibo

Il clan Mancuso, ma non solo. Nella relazione della Dia è stata sottolineata anche la presenza sul territorio vibonese anche dei Lo Bianco-Barba, dei Camillò-Pardea e dei Pugliese mentre, sul litorale vibonese, sarebbe attivo quello dei Mantino-Tripodi, avente proiezioni anche fuori Regione. Nell’hinterland della città permane, invece, il locale di Piscopio. Nelle zone tra Maierato, Stefanaconi e Sant’Onofrio sono rispettivamente attive le famiglie Petrolo, Patania e Bonavota. Nell’area di Serra San Bruno sono presenti i Vallelunga-Viperari mentre nel Comune di Soriano Calabro operano gli Emanuele, contrapposti ai Loielo. Nella zona di Zungri e Briatico rimane attiva l’operatività degli Accorinti-Fiammingo-Barbieri-Bonavena, a Tropea dei La Rosa mentre nei Comuni di Pizzo Calabro, Francavilla Angitola, Filogaso e Maierato sarebbero attive le famiglie Fiumara, Manco e Cracolici.

Fuori dalla Calabria

Le proiezioni delle ‘ndrine riconducibili al territorio vibonese, però, da tempo hanno superato i confini calabresi. Le tracce, anche nell’ultima relazione della Dia, si trovano in tanti altri territori nazionali ed extranazionali. A Roma, ad esempio, si segnala la presenza dei Fiarè di San Gregorio d’Ippona, federati ai Mancuso di Limbadi, ma anche i Bonavota, gli Anello e i Piscopisani. In Piemonte le consorterie vibonesi di Sorianello e Nardodipace sarebbero presenti nella provincia di Vercelli mentre in Emilia-Romagna, tra le altre cosche reggine, si registra la presenza anche dei Mancuso.

In Slovacchia

Così come era già emerso nella relazione del 2021, le infiltrazioni della ‘ndrangheta vibonese hanno interessato la Repubblica Slovacca. I sodalizi del vibonese – è scritto – si sono dimostrati capaci di realizzare ingenti profitti tramite attività di riciclaggio e truffe, che hanno visto negli istituti bancari le maggiori vittime. Gli stessi sodalizi si sono infiltrati nel settore agroalimentare distinguendosi per la sottrazione indebita di fondi europei destinati a quel settore. L’assassinio del giornalista investigativo slovacco Jan Kuciak, avvenuto nel 2018, è probabilmente legato proprio alla scoperta di questi interessi illeciti nei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea da parte dei clan. (g.curcio@corrierecal.it)

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