ROMA Il de profundis al partito unico lo intona Carlo Calenda: «Il progetto è naufragato». Si tratta dell’epilogo di uno scontro che, in maniera sotterranea, si protrae da mesi all’interno del cosiddetto Terzo Polo. Da quando, cioè, Matteo Renzi ha ripreso le redini di Italia Viva, assumendo la carica di presidente. Continuato con il confronto sulla leadership del partito che sarebbe dovuto essere e su questioni più prosaiche, come le risorse da mettere in campo per le europee. Nulla di nuovo: questioni che sono sempre emerse nei passaggi che vedevano lo scioglimento di forze politiche per far nascere soggetti nuovi.
In questo caso, tuttavia, i sospetti reciproci sono sembrati più forti del progetto a cui si tendeva. E il vaso ha traboccato. L’ultima goccia, stando a quanto riferiscono i protagonisti della vicenda, è stato il comitato politico riunito ieri sera per sciogliere i nodi che si erano materializzati nei giorni scorsi. Il confronto, pero’, è stato troppo acceso per lasciar sperare in una ricomposizione. Le condizioni di Azione rimanevano quelle dello scioglimento anticipato delle due forze per correre uniti alle elezioni europee. Assieme a questo, la messa in comune delle risorse economiche dei due soggetti politici. Condizioni che non hanno convinto Italia Viva, stando a quanto riferisce Calenda.
«La risposta di Renzi è stata netta: l’indisponibilità a sciogliere in qualsiasi caso Italia Viva», dice il segretario di Azione che deve prendere atto anche dell’indisponibilità del leader Iv «a prendere un commitment per passare le risorse di Italia Viva al nuovo partito. Perché il partito nasce senza risorse, senza il 2 per mille e deve affrontare la campagna per le europee. Ovviamente erano tutti impegni che Azione era disponibile a prendere, esattamente paralleli», spiega ancora Calenda.
«Alibi», è la risposta secca di Italia Viva: «Gli argomenti utilizzati appaiono alibi. Italia Viva è pronta a sciogliersi, come Azione, il 30 ottobre, dopo un congresso libero e democratico. Sulle risorse, Italia Viva ha trasferito fino a oggi quasi un milione e mezzo di euro al team pubblicitario di Carlo Calenda ed è pronta a concorrere per la metà delle spese necessarie alla fase congressuale e a trasferire le risorse dal momento della nascita del partito unico». Dunque, per i renziani lo stop al progetto di partito unico è «una scelta unilaterale di Carlo Calenda. Pensiamo che sia un clamoroso autogol ma rispettiamo le decisioni di Azione».
Ora, ad Azione non resta che «andare avanti» aprendo «all’ala liberale e popolare». Tradotto: si lavora per attrarre quell’elettorato moderato che non si riconosce nella destra di governo cosi’ come non si riconosce nel Pd.
Rimane il problema della gestione di gruppi che a Camera e Senato sono ancora comuni fra Italia Viva e Azione. «In queste settimane sono stato riempito di insulti da tutte le parti, da Italia Viva e da Renzi stesso. Non ho risposto a questi insulti. I miei rilievi sono stati sempre puntuali e di natura politica. Non risponderò a questi insulti», dice Calenda: «C’è un problema di fiducia reciproca e su questo bisognerà lavorare. Perchè comunque abbiamo dei gruppi parlamentari comuni».
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