GIOIA TAURO Il sindaco di Gioia Tauro Aldo Alessio interviene sulla vicenda relativa alla lettera della nipote e dell’ex compagna di Peppe Valarioti, insegnante e dirigente del Partito Comunista Italiano, ucciso dalla ‘ndrangheta l’11 giugno 1980 a soli 30 anni. Le due donne, in quella lettera pubblicata dal Corriere della Calabria (leggi qui) in seguito alla manifestazione organizzata il 31 marzo dal comune di Gioia Tauro e dall’associazione Libera, si erano dette «amareggiate per il silenzio che oscura la storia di un giovane ucciso dalla ‘ndrangheta». «Ho letto con dispiacere sul Corriere della Calabria e sulla Gazzetta del Sud – afferma oggi il primo cittadino di Gioia Tauro – della delusione della nipote e della compagna di Peppe Valarioti, per il silenzio e la dimenticanza che ancora una volta avrebbero oscurato il nome e la storia del dirigente comunista di Rosarno, assassinato dalla ‘ndrangheta di Rosarno. Non è così. Valarioti ed il suo sacrificio sono stati ricordati espressamente da Don Ciotti e dalla vice Prefetto vicario dottoressa Caracciolo. Ed alla manifestazione erano presenti i compagni – a cominciare da Peppino Lavorato – che hanno vissuto in prima persona quella tragedia e quella stagione di lotte. Nessuno di noi – continua Alessio – ha dimenticato e mai dimenticherà quella morte che non ha avuto ancora giustizia e come quella morte sia stata ascritta ad una strategia terroristico-mafiosa finalizzata a far tacere una voce libera e forte. Strategia che, con la intimidazione, la paura e la morte ha fatto arretrare il movimento di riscatto che vedeva in Peppe Valarioti una guida ed un protagonista di primissima linea. Occorre precisare che, come osservato dallo stesso giornalista, che la manifestazione indetta dal comune di Gioia Tauro è stata organizzata contro la recrudescenza degli episodi criminali a Gioia Tauro e nella Piana. E certamente in continuità ideale e politica di quelle lotte – mai spente o dimenticate nella società civile. Ma la manifestazione non era specificamente indirizzata alla memoria delle vittime della tracotanza mafiosa. Non vi è stato e non poteva esserci, per i motivi detti, alcuna volontarietà di dimenticare Peppe Valarioti e le tante, tantissime vite sacrificate dalla violenza mafiosa».
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