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Omicidio Pirillo, il pentito si autoaccusa: «Siamo entrati dal retro e abbiamo sparato»

Gaetano Aloe chiama in causa anche il suo complice Franco Cosentino. «Avevamo le pistole e in faccia due collant rosa coi buchi per gli occhi. Sestito mi chiese: “Te la senti di ammazzare a Cenzo t…

Pubblicato il: 14/04/2023 – 16:40
di Alessia Truzzolillo
Omicidio Pirillo, il pentito si autoaccusa: «Siamo entrati dal retro e abbiamo sparato»

CROTONE «Siamo entrati dalla porta di dietro e abbiamo sparato». Gaetano Aloe, 45 anni (nel fotino in copertina), il 22 marzo scorso si trovava faccia a faccia con il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio e con altri investigatori. L’esponente della cosca di Cirò ha deciso di collaborare con la giustizia e il primo vetro che va a infrangere è quello dell’omicidio di Vincenzo Pirillo, detto “Cenzo” – avvenuto il 5 agosto 2007 in un ristorante di Cirò Marina. A trovarsi a processo per il terribile agguato – che quasi costò la vita a una bambina di 11 anni, che si trovava nel ristorante sulle ginocchia di Pirillo e venne trapassata da un proiettile all’altezza della scapola sinistra, e ad altri cinque avventori che rimasero feriti – ci sono Silvio Farao (72 anni) e Cataldo Marincola (58), accusati dalla Dda di essere stati i mandanti del delitto, rinviati a giudizio e a processo col rito ordinario. Hanno scelto il rito abbreviato Giuseppe Farao (73 anni, fratello di Silvio, nei cui confronti il pm ha chiesto l’assoluzione) e Giuseppe Spagnolo detto “U banditu” (51 anni, nei cui confronti è stato chiesto l’ergastolo). Restavano ignoti altri componenti del commando che fecero irruzione nel ristorante. A giugno 2021, il collaboratore di giustizia Nicola Acri, alias “Occhi di ghiaccio” ex boss del gruppo rossanese Acri-Morfò, tira in ballo nell’agguato anche Gaetano Aloe. Ma se Nicola Acri avrebbe appreso le informazioni dal boss Cataldo Marincola durante la condivisione di una latitanza, le recentissime dichiarazioni di Gaetano Aloe sono di primissima mano. Aloe si autoaccusa dell’esecuzione dell’omicidio e fa un nome nuovo: il suo partner in crime Franco Cosentino.

«Te la senti di ammazzare a Cenzo tu?»

Aloe racconta di essere stato richiamato in Calabria dalla Germania da Cataldo Marincola. Il boss chiama a sé Aloe e gli chiede se ha qualcosa contro Cenzo Pirillo. Aloe risponde a Cataldo di non avere nulla contro “Cenzo”. Il boss di Cirò gli intima di non allontanarsi più dal territorio cirotano. «Stai qui con noi», gli dice. Quindici giorni dopo Cataldo Marincola si butta latitante. A portare in giro le sue imbasciate ci sono, racconta Aloe, Salvatore Siena, Francesco Sestito e Pino Sestito. E sarà proprio Pino Sestito, dice il neo collaboratore, a parlare per la prima volta della volontà di Cataldo di uccidere Pirillo. Ne parla con Peppe Spagnolo, detto “il bandito”, cognato di Aloe. Poi visto che Gaetano Aloe stava sempre intorno al cognato ad ascoltare tutto, Pino si rivolge anche a lui e gli chiede: «Te la senti di ammazzare a Cenzo tu?». «E come no”» annuisce Aloe.

I malumori di Spagnolo e la macchina di morte

L’entusiasmo di Aloe, però, fa andare su tutte le furie il cognato Peppe Spagnolo che non voleva che il parente acquisito si intromettesse in quella vicenda. «Ma fatti i fatti toi», gli dice. Inoltre, la voce dell’omicidio di Cenzo era trapelata e Spagnolo aveva ricevuto la visita dello stesso Vincenzo Pirillo preoccupato perché i suoi avevano trovato un motorino rubato e temevano servisse per l’agguato. Spagnolo cerca di tranquillizzare Cenzo. L’ingranaggio mortale, però, racconta Aloe, era già partito. Francesco Castellano aveva procurato una pistola ad Aloe e gli aveva chiesto chi voleva portare con sé a compiere l’omicidio. «Io l’unico ca vogghju a Franchinuzzu», risponde Aloe riferendosi a Franco Cosentino, detto “sazizzo”.

Tre “botte” contro Cenzo Pirillo

Nonostante i malumori di Spagnolo, Aloe racconta di essersi messo alla ricerca di Cenzo. Cercava di trovarlo da solo, di cogliere l’attimo giusto. Ma Cenzo ogni volta che lo incontrava lo guardava strano e si allontanava in fretta. Questo tira e molla è andato avanti fino al giorno in cui Salvatore Siena lo chiama: «Fuja Fuja (corri corri)», gli intima. Gli dice che Cenzo Pirillo è in un locale «che sta mangiando». Cosentino raggiunge Aloe a casa e i due partono con un motorino, due pistole in tasca – una calibro 38 e una 9×21 -, il viso travisato da due collant rosa coi buchi per gli occhi. Fanno un primo giro, individuano il bersaglio, parcheggiano il motorino e «siamo entrati dalla porta di dietro e abbiamo sparato». Gaetano Aloe racconta di avere sparato “tre botte” e “poi ha sparato pure Franco”.

Tre doti di ‘ndrangheta come regalo

Secondo Aloe, Peppe Spagnolo sapeva tutto dell’accaduto anche perché al ritorno dei due killer alla base, Spagnolo si rivolta contro il cognato dicendogli che Cenzo non era morto e che il mancato obbiettivo sarebbe ricaduto su di lui. Solo da una telefonata in ospedale avrebbe appreso che Cenzo era deceduto. Prima di quell’omicidio Aloe non aveva doti di ‘ndrangheta. Il “regalo” per avere ammazzato un uomo sono state tre doti ricevute tutte insieme da un battezzo alla presenza di Cenzo Rispoli, Salvatore Siena, Pino Sestito e Ciccio Castellano. Qualche giorno dopo riceve anche l’abbraccio di Cataldo Marincola.

«Perché lo dobbiamo fare per forza noi?»

Peppe Spagnolo sapeva dei piani per uccidere Pirillo, dice Aloe, e sapeva che l’ordine era arrivato a lui per primo. Secondo Aloe, però, “voleva andare prima a chiarire con Cataldo”. «Perché lo dobbiamo fare per forza noi?», avrebbe detto. Ma nel frattempo «Cenzo si era messo a liti» perché si era accorto delle mortali trame alle sue spalle. «C’era troppa premura», dice Aloe «Eh… così è il fatto dottò».  (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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