REGGIO CALABRIA Un trasferimento dalla Calabria alla provincia di Livorno. Poi una lunga latitanza in Francia, una decina d’anni circa, e il ritorno in Toscana dopo che alcune vecchie vicende giudiziarie si sono sgretolate di fronte alla Cassazione, anche per l’intervenuta prescrizione e non solo dopo le assoluzioni. È ciò che si sa di Antonino Fedele, calabrese di Rizziconi ricercato dai carabinieri perché sospettato dell’omicidio dell’ex genero Massimiliano Moneta. Moneta è stato ucciso alcuni giorni fa a colpi di fucile nel podere dell’ottantenne, a Rosignano, nel Livornese. E su Fedele si sono concentrati sospetti che hanno portato gli investigatori a scavare nel suo passato, quando ha dato prova di sapersi muovere bene in Francia, dove è probabile che abbia ancora degli amici e dove non a caso, gli investigatori, lo stanno cercando. Le ricerche però portano anche in Calabria – racconta Il Tirreno –, proprio nell’area di Rizziconi, il comune del quale è originaria la sua famiglia.
Anche il passato di Michelangelo, fratello di Antonino Fedele – che è estraneo al delitto – è stato passato in rassegna, facendo emergere una condanna per usura aggravata e una nota della guardia di finanza – legata a un sequestro per quattro milioni di euro – nella quale si segnala che è stato «ritenuto collegato in passato a un’associazione mafiosa originaria della provincia di Reggio Calabria (il clan “Piromalli” della ‘ndrangheta)». Accostamento che il legale Marco Talini – riferisce sempre Il Tirreno – evidenzia «mai affermato in alcun provvedimento giurisdizionale ed è un’affermazione tanto ricorrente quanto priva di qualunque fondamento». L’ottantenne ricercato, a sua volta, non risulta mai stato indagato nelle inchieste che hanno riguardato il fratello e non aveva a suo carico provvedimenti restrittivi della libertà.
Massimiliano Moneta, 57 anni, era imputato in un processo per violenza e maltrattamenti nei confronti della ex moglie, figlia di Fedele. Sul luogo dell’omicidio gli investigatori hanno recuperato e posto sotto sequestro l’arma del delitto, si tratta di un fucile da caccia. Impiegate sul posto anche unità cinofile. Alle 15 del giorno in cui è stato ucciso, era atteso davanti al giudice per un’udienza del processo nel quale era imputato per sottrazione di persone incapaci e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Sono state proprio le sue legali a dire al giudice che era stato ammazzato.
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