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SETTE GIORNI DI CALABRESI PENSIERI

“The Good Mothers” può aiutarci a costruire una nuova coscienza civile calabrese

Il migliorismo stroncato nella culla. Il libro della vita del calabro-argentino Porchia. I grandi numeri della massoneria. Il pensionato Carical e i regali per il Cav. Diamo i voti alla settimana

Pubblicato il: 15/04/2023 – 6:49
di Paride Leporace
“The Good Mothers” può aiutarci a costruire una nuova coscienza civile calabrese

E’ approdata sulla piattaforma di Disney+ l’attesa serie televisiva “The Good Mothers”, storia di tre donne ribelli alle regole patriarcali della mafia calabrese.
Ho visto i sei episodi tutti di seguito (quelli fighi dicono “binge watching” con buona pace del ministro Sangiuliano) e ho compreso che l’Orso d’Oro a Berlino era molto meritato.
Un racconto d’interni della ‘ndrangheta molto prezioso che si aggiunge ad altre opere recenti d’autore. In questo caso si mette al centro una deformazione delle emozioni soprattutto delle donne protagoniste. Le telecamere mostrano persone incapaci di avere un contatto sano con i propri sentimenti di madri, figlie, nonne, sorelle, mafiose e poliziotte. Un dramma psicologico piuttosto che storico. Se devo trovare delle ascendenze nobili le trovo in alcuni lavori di Bergman e di Cechov.
Mi trovo in buona compagnia di celebre critica. Ha scritto Aldo Grasso sul Corsera: «Un ottimo lavoro. Un tema spinoso e difficile come quello delle collaboratrici di giustizia è trattato con una scrittura molto coscienziosa, ricca di soluzioni linguistiche che trasfigurano una storia vera in un vero racconto». (Voto “nove” a Grasso per la sua scrittura coscienziosa).
Verismo nel dialetto autentico e nei luoghi calabresi, non più cercati altrove come accaduto in passato per altre fiction di genere (Voto “10” alla Calabria film commission per essere entrata in un pacchetto produttivo così autorevole, non era facile). La Calabria degli interni della case, dei rifugi bunker, dei ricevimenti pacchiani, dei paesaggi sberciati e costellati di non finito architettonico a Rosarno e Petilia Policastro è perfetta, contrappuntata da bellezze calabresi di mare e di orizzonti a noi conosciuti.
La verità della serie è stata confutata da Giuseppina Pesce, protagonista della vicenda, e dalla sorella di Lea Garofolo che insieme a Maria Concetta Cacciola compone le donne che guidano il racconto. La finzione ha il dovere di restituire la complessità del reale, non è un documentario. La sceneggiatura tratta dal romanzo dell’americano Alex Perry ha adoperato i fatti reali per plasmare un’opera spettacolare come la prassi di finzione richiede. Si vede anche la rivolta nera dei migranti di Rosarno, non è andata in quel modo pedissequo ma la questione emerge con autenticità sul tema di fondo. Sulle questione dei diritti d’immagine un colosso come Disney avrà valutato le sue ragioni di merito, sarà eventualmente un giudice a decidere.
Maiuscola la regia, secondo consuetudini seriali non si opera in solitudine, dietro la macchina da presa il britannico Julian Jarrold e l’italiana Elisa Amoruso. “The good mothers” demolisce il patriarcato ‘ndranghetista che ci sta a fianco da anni e che abbiamo poco combattuto. Senza gomorrismo seriale e mistica del male che affascina, la serie mostra il male assoluto.
Donne che rompono schemi della ‘ndrangheta, contrapposte a quelle anziane e ragazzine che conservano le regole dettate dal potere e dalla ricchezza materiale. Un Gratteri in gonnella che usa il femminile per abbattere l’organizzazione costi quel che costi.
Cast in gran forma. L’amica geniale Gaia Gerace, Valentina Bellè la giovane Pesce, Barbara Chichiarelli splendida magistrata, un ottimo Francesco Colella nei panni del boia Cosco si conferma come uno dei migliori attori calabresi del momento. Meno nella parte Micaela Ramazzotti come Lea Garofalo ma evidentemente serviva per richiamo divistico. Figurazioni, piccoli ruoli, comparse, sono perfettamente incastrati nel meccanismo narrativo. Musica etnica e minimale, montaggio indovinato, fotografia intima e non convenzionale.
Un lavoro utile a fortificare la giovane industria audiovisiva regionale e necessaria per costruire una nuova coscienza civile calabrese. Voto “dieci” a chi ha costruito questa buona resistenza.

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'Ndrangheta, l'Africa occidentale è diventata un hub per il narcotraffico

Consegnata al Parlamento la nuova relazione semestrale della Dia sulla criminalità organizzata. Poche novità rilevanti. Bravi i colleghi del Corriere della Calabria che hanno evidenziato che a Gioia Tauro passano il cinquanta per cento della cocaina sequestrata in Italia e le basi africane delle ‘ndrine. Voto “otto”, continuiamo così differenziamoci da chi pubblica integralmente le veline che dovrebbero essere base di approfondimento.

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Arrivano oggi al Centro commerciale Porto degli Ulivi a Rizziconi due attori della serie di successo “Mare fuori”. Una buona iniziativa. Voto “sette” ai promotori, Molti cattivi pensieri calabresi sul fatto che il giovane figlio diciottenne dell’imprenditore che aveva creato l’ipermercato in cui si svolge la manifestazione, il 15 dicembre del 2009 fu ucciso davanti ad un pizzeria dove si festeggiava un diciottesimo come dicono i ragazzi di oggi. Una storia da “Mare fuori” purtroppo reale.

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Piero Colaprico firma storica di Repubblica e romanziere noir ha scritto per Feltrinelli “Requiem per un killer”. Il protagonista racconta in prima persona il suo doppio ruolo di stimato dirigente della polizia a Milano e di sicario di don Benigno Morlacco, boss della ’ndrangheta che gestisce gli affari nel Nord Italia. Non ho ancora letto il libro ma allo scrittore degno erede di Scerbanenco assegno “sette” sulla fiducia.

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Ho letto invece una bellissima recensione di Alessandro Zaccuri, giornalista culturale di elevata potenza, su Avvenire che recupera opera e vita di un grande calabrese poco conosciuto, Antonio Porchia, con il suo libro “Voci”. Scrive Zaccuri: «Nato nel 1885 a Conflenti, in Calabria, era emigrato in Argentina all’età di diciassette anni, dopo essere rimasto orfano di padre. La famiglia si era stabilita a Boca, uno dei quartieri più popolari di Buenos Aires e meta designata degli immigrati provenienti dall’Europa. Fino alla morte, avvenuta nel 1968 in seguito a un incidente domestico non privo di connotazioni simboliche (Porchia era caduto mentre potava un ramo del suo giardino), era passato da un mestiere all’altro, senza mai pretendere un’oncia di gloria letteraria. Eppure aveva scritto per tutta la sua esistenza, con la lentezza instancabile di chi sta componendo un’opera segreta. Quattro, cinque aforismi all’anno, sempre che aforismi possano essere definiti i minuscoli poemi in prosa – seicento in tutto – che compongono l’unico libro di Porchia. Senza retorica alcuna, è il libro della sua vita. O, se si preferisce, è la sua vita fatta libro». Voto “otto” a Zaccuri, e “nove” all’italoargentino Porchia vissuto alla Boca e passionale intellettuale della sinistra sudamericana.

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A proposito di sinistra. Tante persone al ricordo pubblico del senatore Carmine Garofalo alla Cgil di Cosenza. Tra i tanti interventi mirabili quelli di Emilio Viafora (che peccato averlo perso in Calabria per la sua carriera nazionale) e di Sandro Principe che ha rivelato rapporti di grande collaborazione con il politico ex comunista. Voto “nove” all’iniziativa, con l’amarezza di dover rivolgere lo sguardo al passato riflettendo che quel migliorismo calabrese fu fermato mentre stava per spiccare il volo del buongoverno.

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'ndrangheta-massoneria-piromalli-gangemi

Scrive “Il sole 24 ore” in occasione della Convention nazionale del Goi a Rimini: “Massoneria, record in Calabria: un fratello del Grande Oriente ogni 290 abitanti”. Possono costruire un partito di massa.

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Uomo della settimana Ettore Fragale, 67 anni, pensionato della Carical di Cosenza. Ha preso un bus per raggiungere il San Raffaele a Milano per portare acqua benedetta di San Francesco di Paola e santini al ricoverato Silvio Berlusconi. La sua storia è finita su tutti i media italiani. In molti l’hanno insultato per il suo viaggio andata e ritorno di 18 ore con Flixbus. Non sono berlusconiano, ma trovo tenero e gentile questo corregionale che si è preso cura di un politico a lui simpatico e che merita “otto”. Qualcuno però poteva anche accogliere i suoi doni.

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Stasera a Sellia Marina nella sala consiliare si presenta il libro “101 motivi per odiare il CoSenz’A” e tifare Catanzaro”. Nel parterre anche «due tifosi catanzaresi della Provincia di Cosenza». L’incasso sarà devoluto ad un reparto ospedaliero. Creare solidarietà sull’odio non mi sembra un grande idea. Voto? Lasciamo perdere. Siete solo “chirillà”. (redazione@corrierecal.it)

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