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Ponte sullo Stretto, ecco il lato oscuro del progetto di costruzione dell’opera

Sostenibilità economica e recupero delle risorse necessarie le grandi incognite. Russo: «Senza l’Alta velocità l’investimento non si giustifica»

Pubblicato il: 16/04/2023 – 12:01
di Roberto De Santo
Ponte sullo Stretto, ecco il lato oscuro del progetto di costruzione dell’opera

REGGIO CALABRIA Si riparte da dove si era fermato l’iter, ma con la copertura dei costi da individuare esattamente ed alcune incognite non di poco conto sulla progettazione e sull’impatto ambientale dell’opera. La realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ormai è nell’agenda del governo Meloni come uno dei punti prioritari.
A 52 anni dal primo atto normativo che prevedeva il collegamento viario e ferroviario tra Sicilia e Calabria e a 38 dalla concessione alla Società Stretto di Messina delle procedure di progettazione del Ponte, l’attraversamento stabile delle due sponde di mare subisce così una nuova accelerazione. Non è la prima volta in questo oltre mezzo secolo di storia dell’infrastruttura. Ma questa dovrebbe essere quella definitiva, stante le parole del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, Deus ex machina dell’ultima operazione “Ponte”. Ciò nonostante, restano in piedi diversi nodi da sciogliere. Ad iniziare dalla fattibilità economica visto che anche il Def esprime in materia qualche perplessità se scrive che «non esistono coperture finanziarie disponibili».

Il ministro Matteo Salvini ha fatto del Ponte il suo principale cavallo di battaglia


Per realizzare il Ponte, si stima un investimento complessivo di 14,6 miliardi. Stando a quanto riportato sempre nel Documento di economia e finanza, occorreranno «almeno 13,5 miliardi» per costruire il Ponte mentre per realizzare le opere complementari al collegamento ferroviario «lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi» serviranno altri 1,1 miliardi a cui sommarci anche le risorse da intercettare per le opere viarie.
Soldi che dovranno essere intercettati attraverso diversi canali di finanziamento attualmente non operativi, dunque. Il Def indica la strada delle risorse dei fondi strutturali a disposizione di Calabria e Sicilia a cui aggiungere somme del bilancio pluriennale dello Stato, come anche finanziamenti, contratti con nuovi debiti, dalla Banca europea degli investimenti e da Cassa depositi e prestiti. Ed infine l’accesso alle sovvenzioni di cui al programma Connecting Europe Facility – CEF. Tutte soluzioni che dovranno essere individuate, spiegano dal Mef, «in sede di definizione del disegno di legge di Bilancio». Tutto dunque ancora da costruire.
Ma c’è anche da comprendere il piano di sostenibilità economica futuro della struttura, cioè se il progetto potrà coprire gli investimenti. Una perplessità sollevata in un documento redatto nel 2021 dall’ex ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, in occasione dell’audizione nelle commissioni riunite di Ambiente e Trasporti della Camera, proprio dedicata alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Ebbene in quel documento si legge che «il modello di project financing proposto appare non adeguato a causa di un probabile significativo canone di utilizzo a carico di RFI e ANAS che si tradurrebbe, sia pure in forma indiretta, in un finanziamento dell’intervento a carico del bilancio pubblico». In altre parole dovrebbe poi lo Stato pagare anche in futuro il costo d’esercizio del Ponte.
Sempre in quel documento si evidenziano inoltre lacune sia nell’iter autorizzativo sia ambientale che anche giuridico. Sotto il primo aspetto, si legge che mancano ancora i pareri sia del ministero dell’Ambiente sia quello del Cipees così come è privo di adeguamento alle normative nazionali ed europee. Dall’analisi di quel documento dell’era Draghi, emergono poi lacune al progetto nella procedura Valutazione di impatto ambientale (Via) tali da non far esprime la Commissione «sulla compatibilità ambientale delle parti variate del progetto».
E per ultimo quel documento, ripreso anche in premessa dalla scheda del decreto “Ponte” del governo Meloni, rileva la necessità di adeguamento anche sotto il profilo giuridico con il contraente generale. Ricordando che in materia ci sono ancora contenziosi in essere soprattutto Eurolink, il consorzio di cui fa parte Impregilo che reclama, dallo “Stretto di Messina” oltre che del ministero e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, danni per circa 700 milioni di euro (oltre a rivalutazione ed interessi).
Nodi che dovranno essere rapidamente sciolti se, come è nell’intenzione dichiarate dal ministro Salvini, quel ponte unico al mondo per caratteristiche tecniche – campata unica di 3.300 metri – dovrà andare in cantiere già entro giugno del prossimo anno. Dunque poco più di un anno per consentire di realizzare, secondo gli estimatori, un’opera destinata a rilanciare l’economia del Paese con la crescita del Pil e dell’occupazione.

Russo: «Il Ponte senza Alta velocità non si giustifica»

Francesco Russo, docente ordinario di Trasporti e logistica all’università “Mediterranea” di Reggio Calabria

Il Ponte sullo Stretto è l’opera che potrebbe cambiare il destino della Calabria e dell’intero Mezzogiorno. Ma occorre non avere fretta e compiere tutti i passaggi in modo corretto. È in sintesi questo il pensiero di Francesco Russo, docente ordinario di Trasporti e logistica all’università “Mediterranea” di Reggio Calabria. Il professore è intervenuto nell’audizione alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti, nell’ambito dell’esame in sede referente del disegno di legge di conversione del decreto n. 35 del 2023, sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina per segnalare la «mancanza di sostenibilità nel Piano Economico e Finanziario» dell’opera. Un aspetto che, se non sanato, potrebbe compromettere quello che ritiene «una straordinaria occasione di rilancio dell’economia del sud Italia».

Professore, con il varo del decreto e la sua pubblicazione le procedure di riattivazione dell’iter di realizzazione del Ponte sono veramente ripartite?
«Si le procedure sono ripartite, e le audizioni in corso confermano il passaggio al Parlamento del Decreto Legge e la riattivazione dell’iter. La responsabilità passa adesso alla società “Stretto di Messina”».

Allo stato quali sono i principali ostacoli da superare sotto il profilo progettuale?
«Gli ostacoli sono quelli propri della realizzazione di una grande infrastruttura. Probabilmente l’opera puntuale più impegnativa sotto molteplici profili, della storia della nostra Repubblica; l’opera che insieme all’Alta velocità ferroviaria potrebbe cambiare la storia della Calabria e del Sud Italia».

Sulla realizzazione del Ponte pensano incognite tecniche, ambientali e di sostenibilità economica

C’è anche la questione dell’alta sismicità dell’area. Si sostiene che quell’opera non reggerebbe gli effetti di un eventuale e probabile terremoto come quello che distrusse Reggio e Messina. Qual è il suo pensiero?
«Il problema è fortemente dibattuto tra gli ingegneri strutturisti a livello mondiale. Il Decreto legge 35/23 chiede una specifica relazione integrativa al fine di adeguare il progetto esistente “alle norme tecniche di costruzione NTC2018 e alle conseguenti modifiche, alla caratterizzazione geotecnica”. Il nodo strutturale messo in campo, sino a questa tornata di audizioni, insieme a quello della sismicità dell’area, è quello della snellezza. La snellezza di un ponte è definita come l’inverso del rapporto fra l’altezza della travata e l’intera luce del ponte. La snellezza del ponte sullo stretto ad una campata avrebbe un valore particolarmente elevato rispetto a quelli dei ponti realizzati. Sismicità e snellezza portano al cuore dei problemi strutturali ed è opportuno e necessario che siano gli studiosi di ingegneria strutturale a esprimersi in modo completo e definitivo, cosi come hanno fatto gli ingegneri dei Sistemi di Trasporto».

E l’impatto ambientale. Sono in molti a sostenere che un’opera faraonica come quella del Ponte possa provocare una devastazione dell’area con un impatto importante anche sull’habitat di molte specie animali. È d’accordo?
«Il nostro Paese ha una normativa particolarmente approfondita riguardo all’impatto ambientale. Il progetto definitivo del 2012 aveva in corso la valutazione di impatto ambientale ed il DL 35/23 indica il percorso per completare la valutazione, con la richiesta alla società concessionaria di integrare la relazione con le componenti di compatibilità ambientale in corso di verifica nel 2012. Il problema ambientale è significativo per l’opera e andrebbe verificato, insieme agli altri problemi relativi allo sviluppo sostenibile rispetto ai goals, ai target ed agli indicatori di Agenda2030, considerando quindi anche l’equità sociale, cui l’Attraversamento Stabile darebbe una spinta formidabile. L’incremento di sostenibilità sociale andrebbe approfondito perché è uno degli elementi decisivi».

Nel Def si legge come «non esistono coperture finanziarie disponibili» per realizzare il Ponte

Ma c’è la questione forse più cruciale sulla quale lei ha espresso qualche perplessità anche in occasione della sua audizione alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti. Si tratta della sostenibilità economica finanziaria della realizzazione. Da dove nascono i suoi dubbi?
«Esiste un grave rischio che il percorso possa di nuovo interrompersi a causa di una nuova mancanza di sostenibilità nel Piano Economico e Finanziario, connessa con i ricavi da flussi di traffico, in particolare ferroviari e dai canoni di utilizzo. Il rischio deriva da quanto accaduto in questi ultimi anni e da quanto sta accadendo alle reti ferroviarie di Sicilia e Calabria.  Consideriamo solo la componente passeggeri di lunga percorrenza, analoghe considerazioni possono essere fatte per la componente merci di lunga percorrenza e per le due componenti, passeggeri e merci di breve percorrenza. Nel 2011 erano entrate da poco in esercizio le linee ad Alta Velocità (AV) Roma-Napoli (2009) e Napoli-Salerno (2008), ed era stata completata la AV Milano-Roma (2009). Tutte le riflessioni conducevano quindi alla realizzazione dell’Attraversamento Stabile come elemento di collegamento tra l’AV Salerno-Villa San Giovanni e l’AV Messina-Catania-Palermo, che avrebbero dovuto essere realizzate da lì a poco. La situazione oggi sembra radicalmente mutata per le decisioni prese dal Ministero dei Trasporti che riguardano l’AV in Sicilia e in Calabria ed il loro raccordo con l’Attraversamento Stabile».

Il progetto del Ponte ad una campata da 3.300 metri

Quali sono state questi cambiamenti?
«Per chiarire questi aspetti possiamo richiamare alcuni elementi cruciali dei differenti tratti di collegamento tra Roma e Palermo. Per quanto riguarda il tratto siciliano segnalo che Catania e Palermo sono distanti 200 chilometri, a fine lavori programmati, si impiegheranno 2 ore. Roma e Napoli Afragola sono distanti circa 200 chilometri, oggi si impiegano 55 minuti, cioè sulla Palermo-Catania si impiegherà il doppio di quanto si dovrebbe. Ed ancora Catania e Messina sono distanti circa 90 chilometri, a fine lavori si impiegheranno 45 minuti, e non 25. Dunque il tempo totale per attraversare la Sicilia (Palermo-Catania-Messina) è di 165 minuti. Mentre il collegamento tra la Capitale e Reggio Calabria, il tempo migliore ottenibile con la proposta di RFI è di 3 ore e 40 minuti. Ora considerando Villa San Giovanni un poco prima di Reggio, si può stimare un Roma-Villa in 3 ore e 30 minuti, pari a 210 minuti. Dunque il tempo complessivo impiegato per raggiungere Palermo, da Roma a Palermo, sarà di 393 minuti, cioè 6 ore e 33 minuti. In sintesi in Sicilia si sta realizzando una ferrovia ordinaria e non una AV, ed in Calabria si sta realizzando, unico caso nel pianeta su 50.000 chilometri di linee realizzate ed altrettante in corso di programmazione o di progettazione, una linea AV che invece di ridurre la lunghezza rispetto al tracciato esistente la aumenta, passando da 393 chilometri a 445. Da tutti gli studi e le ricerche svolte a livello mondiale nei contesti dove è stata realizzata l’AV emerge che la domanda per l’AV cresce in modo deciso per percorrenze inferiori a 3 ore, continua a crescere sino a percorrenze di 5 ore, al di sopra delle 5 ore la domanda AV diventa residuale. Stessi limiti temporali si hanno per le crescite significative di PIL, al di sotto di 3 ore la crescita è massima, tra 3 e 5 è significativa, al di sopra di 5 sembra residuale.

La scommessa è portare l’Alta velocità su tutta la tratta siciliana e calabrese

L’alta velocità in questo senso gioca dunque un fattore decisivo per la sostenibilità dell’opera. Perché è così decisiva questa partita?
«Con un diverso itinerario in Calabria e con il risparmio di almeno 2 miliardi si potrebbe realizzare una AV con caratteristiche di tracciato simili alle altre linee italiane ed a tutte le altre a livello mondiale (riduzione costo e riduzione tempo). Con queste caratteristiche ed utilizzando la Roma-Salerno AV già realizzata, si potrebbe collegare Roma e Villa San Giovanni in 2 ore e 45 minuti, cioè 165 minuti, contro i 210 minuti previsti dal Ministero.Il percorso totale tra Palermo e Roma sarebbe di 4 ore e mezza. Questo tempo farebbe rientrare Palermo nella fascia sotto le 5 ore, Catania nella fascia entro 3 ore e mezza, tutta la Calabria sino a Reggio nella fascia sotto le 3 ore. Per la Calabria significherebbe, utilizzando i risultati scientifici calcolati nelle altre regioni italiane dove c’è l’AV, aumentare la crescita differenziale del PIL dell’1 per cento l’anno. Considerando che la crescita media annua differenziale del PIL in Calabria è di circa l’1 per cento, significherebbe raddoppiare la crescita differenziale annua del PIL, e quindi finalmente provare a raggiungere le regioni del Nord dopo 160 anni di Stato unitario. Il Ponte senza Alta Velocità difficilmente può giustificarsi».

Quali potrebbero essere gli altri vantaggi per la Calabria?
«Ponte ed Alta Velocità permetterebbero alla Calabria una formidabile crescita economica, uno sviluppo dell’equità sociale, riguardo a cui si stanno pubblicando i primi lavori scientifici. Oltre ad un grande recupero ambientale con il passaggio dal trasporto aereo, che è il modo di trasporto in assoluto più inquinante, al trasporto ferroviario di Alta Velocità che è il modo in assoluto meno inquinante».

La scommessa sarà anche quella di creare un grande bacino portuale tra le due sponde che comprenda Gioia

C’è anche una partita che interessa da vicino Gioia Tauro. Potrebbe divenire un’unica realtà condivisa con Augusta. Un obiettivo che se centrato creerebbe un bacino di movimentazioni di merci forse unico in Europa.
«Certamente sì. E questo è uno dei temi più importanti e meno studiati nell’ambito degli studi relativi all’Attraversamento stabile. Gioia Tauro è il più grande porto italiano container e tra i più grandi del Mediterraneo e dell’Europa, Augusta-Santa Panagia è tra i più grandi porti industriali del Mediterraneo. Negli ultimi due decenni, i porti a livello mondiale sono passati dal loro tradizionale atteggiamento competitivo verso un atteggiamento cooperativo con i porti più vicini, generando la nascita di porti di quarta generazione, ovvero il Porto cooperativo. Nel contesto mondiale e mediterraneo definito da una imponente mole di traffici marittimi, l’Italia non offre un sistema portuale che permetta di competere con i grandi sistemi che si sono formati nel nord Europa. La realizzazione di un grande sistema portuale che integri Augusta e Gioia Tauro sarebbe una grande sfida per il Paese che finalmente potrebbe giocare la partita che gli compete, considerando la sua posizione geofisica: si tratta di divenire la porta di accesso Sud all’UE, competendo con il Northern Range che da Le Havre arriva ad Amburgo, passando per Rotterdam ed Antwerp».

Il porto di Augusta assieme a quello di Gioia potrebbero costituire un’unica realtà

E quale dunque sarebbe il ruolo del Ponte in questa strategia?
«La sfida risulta ancora più importante con la riacquisita centralità della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Il ruolo dell’attraversamento stabile nell’interazione tra i due grandi porti del Sud non è stato specificamente indagato dalla società Stretto di Messina in fase di approvazione del progetto, né dalle Commissioni ministeriali 2021-2022. Il sistema portuale Augusta-Gioia Tauro è realizzabile sul piano tecnico e permetterebbe di inserire il Paese nella competizione internazionale relativa all’accesso/ingresso al/dal grande mercato europeo, permettendo lo sviluppo di tutti gli altri sistemi portuali italiani. La sua realizzazione si giustifica a partire dalle esperienze già acquisite di altri sistemi portuali a livello internazionale, ne citiamo due tra i tanti che si sono formati negli ultimi 10 anni: uno europeo ed uno americano. I porti di Copenaghen e Malmö si trovano nello Stretto di Oresund tra Svezia e Danimarca. Copenaghen è la capitale della Danimarca e Malmö è la terza città della Svezia. Nel 2005 è stato inaugurato il ponte di Oresund, il “collegamento stabile” tra Svezia e Danimarca, rafforzando l’integrazione e la centralità della regione, e favorendo l’insediamento di cluster di industrie con forte propensione all’esportazione. Cioè sono stati unificati due porti appartenenti a due stati diversi. I porti di Los Angeles e Long Beach sono in California. Il loro atteggiamento reciproco è stato sostanzialmente competitivo fino all’inizio degli anni ’80. In quegli anni fu creata un’autorità fra i porti, con il compito di finanziare e sviluppare un terminale ferroviario intermodale per gestire i traffici merci con l’entroterra. Successivamente, nel 1989, i porti hanno utilizzato lo stesso meccanismo dell’autorità per finanziare, sviluppare e gestire un secondo progetto ferroviario regionale, noto come “Alameda Corridor Project”. Negli ultimi decenni sono stati pianificati e realizzati nuovi progetti sulle infrastrutture materiali e immateriali per consolidare il processo di cooperazione dei due porti. Gioia Tauro e Augusta darebbero finalmente al Paese, senza togliere nulla ai porti del Nord Italia che manterrebbero il loro ruolo di gate, il sistema portuale in grado di competere a livello mondiale».

Quali dovrebbero essere i passaggi decisivi per non trasformare anche questa volta quella scommessa in trappola per le due regioni?
«I passaggi che si stanno facendo sono quelli giusti. La preoccupazione può essere solo che per accelerare si saltino dei passaggi che potrebbero bloccare tutto il percorso. Meglio impiegare qualche mese in più ma rendere più che robusto l’impianto tecnico e partecipativo. Sicilia e Calabria, l’intera Italia, non potrebbero accettare un ulteriore stop. Questo sarebbe definitivo almeno per un secolo. Bisogna allora mettere in campo le migliori conoscenze e competenze che permettano di realizzare l’attraversamento stabile e l’Alta velocità ferroviaria e quindi la piena integrazione della Sicilia e della Calabria in Italia ed in Europa, con un ruolo, in prospettiva, mondiale». (r.desanto@corrierecal.it)

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