CROTONE Due erano presenti in aula, il terzo collegato in videoconferenza da Gratz, in Austria: si tratta dei tre presunti scafisti del naufragio avvenuto il 26 febbraio scorso a Steccato di Cutro per il quali è iniziato oggi l’incidente probatorio davanti al giudice dell’udienza preliminare Michele Ciociola. All’udienza, che si è protratta per oltre due ore, è stato ascoltato uno dei sopravvissuti del naufragio, un cittadino iraniano che ha indicato senza tentennamenti negli uomini (il pakistano Khalid Arslan e i turchi Sami Fuat e Gun Ufuk) tre degli scafisti che avrebbero governato il barcone durante la traversata finita con il naufragio che ha causato la morte di 94 persone.
Tra gli scafisti ci sarebbero ancora due persone, una che risulta irreperibile e un minore pakistano che viene giudicato separatamente a Catanzaro.
«Per una imbarcazione che valeva al massimo 20 mila euro, e che volevate riportare in Turchia, avete fatto morire donne e bimbi innocenti per guadagnare milioni di euro. Come fa la vostra coscienza a stare tranquilla?», ha chiesto il superstite ai tra scafisti, quindi ha risposto alle domande del pm Pasquale Festa e degli avvocati delle parti in causa raccontando il viaggio sin dalla permanenza in Turchia.
L’iraniano, con l’aiuto di un album fotografico, ha indicato anche i ruoli rivestiti sulla barca dai comandanti, tra i quali il turco Gun Ufuk arrestato in Austria, un siriano che è deceduto e l’altra persona che risulta irreperibile, mentre dei due pakistani indagati ha detto che «hanno dormito con noi nelle case abbandonate di Istanbul prima della partenza verso Izmir» aggiungendo che sulla barca fungevano da intermediari per tradurre gli ordini. In particolare, poi, ha indicato in aula Sami Fuat come «una persona che non dava ordini ma era evidente che si trattava di una persona importante».
«Quando chiedevamo di chiamare la polizia ci dicevano che dovevano far tornare barca in Turchia. La tempesta era forte, era pericoloso, abbiamo pensato di morire. L’acqua entrava dagli oblo’. Non so quante ore siamo stati in quelle condizioni di pericolo, forse dieci. Ma il problema non e’ stato il mare, e’ stata la secca contro cui è finita l’imbarcazione». È il racconto del cittadino iraniano, superstite del naufragio di Cutro sentito oggi nel corso dell’incidente probatorio che si sta tenendo vanati al Tribunale di Crotone nei confronti dei tre presunti scafisti. «Io ero seduto dentro la barca – prosegue il racconto del superstite – proprio dove c’è stato l’impatto. L’acqua ha iniziato a entrare e donne e bimbi piangevano. Sono andato verso la scaletta per uscite in coperta ma c’era tanta gente che diceva che non davano il permesso di salire. Quando sono arrivato su avevo già l’acqua alla gola. Ho cercato di aggrapparmi alla cabina di comando ed ho visto uno degli scafisti che rompeva il vetro della cabina per scappare. Poi ho visto molti cadaveri. Mi sono aggrappato ad un pezzo di legno. Le onde erano alte. Aspettavo solo la morte. Poi un’onda molto forte mi ha catapultato sulla spiaggia. Non sono stato in acqua molto tempo, ma è stato comunque lungo come un’intera vita».
L’uomo ha raccontato di aver visto sulla spiaggia delle luci spiegando che erano come dei segnali che indicavano dove andare. Non ha saputo dire se si trattava dei soccorsi. «Sulla spiaggia ho visto solo tre delle persone che stavano nella cabina con i capitani, mentre i capitani non c’erano più».
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