CATANZARO C’era in atto un tentativo di affrancarsi ai clan del Crotonese per gestire autonomamente le attività criminali a Catanzaro. Dietro questa pista gli inquirenti hanno battuto per ricostruire i movimenti degli uomini legati alla comunità Rom del Capoluogo.
Secondo quanto emerso dalle indagini coordinata dalla Distrettuale catanzarese e che hanno portato all’arresto di 62 persone, sarebbero due le organizzazioni che si rifacevano a quella comunità e che avrebbe tentato di agire in autonomia per imporre il pizzo ma anche gestire lo spaccio ed il traffico di droga nel Capoluogo. Come anche furti finalizzati al cosiddetto cavallo di ritorno, cioè attività estorsive per riottenere il bene sottratto.
Ma le indagini hanno consentito anche di ricostruire la struttura e il modus operandi delle due associazioni a delinquere finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti di varia tipologia, principalmente cocaina.
In particolare, una delle due ipotizzate strutture criminali, ricade nella città di Catanzaro, con canali di approvvigionamento di droga, mediante fornitori della provincia di Reggio Calabria e di Crotone, e con attività di spaccio diffuso, dall’interno dell’abitazione – continuamente presidiata e resa sicura da sistemi di videosorveglianza – individuata, dal sodalizio, come base operativa per la detenzione, l’occultamento, la preparazione, il confezionamento e lo smercio della sostanza stupefacente.
Mentre la seconda associazione, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti sarebbe stata caratterizzata da una struttura a base familiare, ed avrebbe operato tra le province di Catanzaro e Crotone, nel comprensorio territoriale ricadente tra la zona sud est della provincia di Catanzaro e quello confinante crotonese, comprensivo dei comuni di Steccato di Cutro e Cutro.
Le emergenze acquisite nel corso delle investigazioni hanno delineato altresì, allo stato, sul piano cautelare, la gravità indiziaria a carico di un appartenente alla Polizia Penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale di Catanzaro.
Secondo gli inquirenti, l’uomo si sarebbe reso disponibile nei confronti di alcuni indagati, per veicolare messaggi e direttive in entrata ed in uscita dal citato istituto penitenziario.
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