Recita una poesia di Vito Riviello: “Più a sud del sud c’è sud, tanto sud che ancora a sud non c’è che sud”. C’è tanto Sud in fondo alla classifica del rapporto della Commissione Europea per la competitività (si tratta di conoscere i livelli di attrattività e sostenibilità per aziende e residenti delle regioni che stanno in Europa).
L’Italia sta in fondo, il nostro Sud sta sotto il Nord del Paese, la Calabria è fanalino di coda italiano nella comparazione alla casella 221 su 234 totali. Peggio di noi alcune regioni della Grecia e poche altre. C’è una questione nazionale, una meridionale e una calabrese.
Grecia, Portogallo e Spagna migliorano le loro posizioni.
Sono 68 gli indicatori che compongono lo studio.
La Calabria è spesso ultima nelle classifiche statistiche. Qualche esempio: penultima in Europa per qualità istituzionale (con indicatori corruzione e efficienza della burocrazia figurarsi), ultima in Italia per lettori di libri (ne parliamo spesso) e si potrebbe continuare per molti esempi.
Le carenze di infrastrutture, l’emigrazione intellettuale, una bassa capacità di capitale sociale determinano questo feroce stallo.
Del complesso fenomeno si parla poco e nulla, tranne addetti ai lavori molto specializzati.
Temo che le classifiche restituiscano una versione parziale della fotografia economica e sociologica locale. La Calabria ha consumi moderni, non mancano auto di ogni cilindrata che sfrecciano su strade accettabili e carrettiere, porti e aeroporti, le eccellenze non sono poche, mai sistematiche.
Non siamo competitivi affogati in un sommerso che evade tasse e statistiche, abbiamo come eccellenza una mafia che domina nel mondo con l’economia e la droga e contribuisce a truccare il dato generale.
Resistiamo abbarbicati alle nostre città e a paesi isolati con meravigliosi paesaggi costellati da non finito architettonico. Il non finito, il mai definito della Calabria è il gran problema.
In un hotel di Cosenza mi è capitato di assistere all’episodio di turisti americani che volevano visitare il Castello Svevo, il povero portiere non è riuscito a trovare un’auto di servizio forse perché era sabato, forse perché questo tipo di servizio nella mia città è stato poche volte capillare. Quando ho sentito suggerire di prendere un bus urbano ho immaginato una delle peggiori odissee che possa capitare a chi viaggia per diletto. Leggo che la municipalizzata cosentina ha i nuovi mezzi elettrici fermi in Turchia perché non ha denaro per pagarli.
La Calabria è un’isola che si è illusa di essere continente. Le resistenze attive sono da troppo tempo a macchia di leopardo. È una grande questione collettiva. La consapevolezza di un riscatto ha bisogno di slanci e cooperazione. Più che un voto a questi calabresi pensieri mi concedo un’esortazione a rincorrere e volere una grande Utopia. Nelle nostre latitudini Tommaso Campanella concepì la Città del Sole. Non è mai sorta ma l’umanità da quel libro ha cambiato il corso della storia. Costruiamo l’Utopia. Gesù Cristo disse: “Gli ultimi saranno i primi”. Facciamola nostra questa Utopia senza farci ingannare da “prima i calabresi” che non l’abbiamo mai pensato. E per le statistiche? In un celebre discorso Robert Kennedy disse: «Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».
Vivere una vita degna di essere vissuta può essere lo scarto per costruire i nuovi calabresi di una diversa Calabria. Essì, voto “otto” a questa magnifica Utopia.
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Per riprenderci una buona notizia. Domenica scorsa a Rocca di Neto ho partecipato all’inaugurazione del Museo storico del vino Librandi. In una splendida tenuta si è tenuto un simposio vero con giornalisti, intellettuali e capitani di impresa di aziende storiche che hanno un museo e si sono messi ad operare in rete. Non un convegno ma la buona abitudine magnogreca di discutere di questioni serie stando a tavola. Alle classifiche negative sfugge che in Calabria esiste una cultura del lavoro con profili manufatturieri e agroalimentare di buone eccellenze. È l’impresa che sa camminare fianco a fianco con la cultura. Gli otto musei di aziende storiche e di valore come Amarelli, Callipo, Gias, Lanificio Leo, Librandi, il distretto del bergamotto, l’editore Rubbettino, le Terme di Caronte tracciano una direzione virtuosa che si propone di allargare la partecipazione alla nascita di altri musei evitando la solitudine del numero primo. E’ la rete dei musei d’impresa della Calabria chiamata “Sudheritage”. Lo stereotipo della Calabria ultima e povera si demolisce anche in questo modo. La cooperazione come offerta turistica e le buone pratiche delle imprese storiche. Voto “dieci” di speranza e riscatto.
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Per restare in tema, stamattina sarà consegnata al sindaco di Civita l’Antica Filanda Filardi situata sul suggestivo Ponte del Diavolo. Era stata fondata nel 1906 e chiuse nel 1979. Sarà un museo di archeologia industriale. Dopo 13 anni (un po’ troppo per rimanere al non finito calabrese) finalmente il Museo apre e mostrerà i macchinari che cardavano la lana dei greggi locali. Voto “otto” per un sito utile alla storia e alla nuova geografia turistica della Calabria.
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Odissea all’aeroporto di Sant’Eufemia domenica scorsa. Volo Lamezia-Milano e non c’era gente che rideva come racconta la celebre canzone di Brunori. Orario di decollo alla 9,25, i passeggeri sono giunti in Lombardia all’1,27 della notte successiva. Una giornata terribile. Voto “due” chiunque esso sia per non essere riuscito a trovare una soluzione alternativa.
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Anche il sito di Repubblica ha salutato il boom turistico di Tropea che vede nella località calabrese arrivare turisti di tutto il mondo, come ha evidenziato un autorevole giornale internazionale. Voto “dieci” a chi ha costruito nel tempo il successo. Citato l’aeroporto di riferimento per i voli internazionali e grazie per la citazione a chi lo vuole intitolare a Corrado Alvaro. L’aeroporto di Lamezia viene però intitolato nell’articolo a San Francesco di Paola. Lo dicevamo con Passarelli che c’è un problema di toponimo.
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A proposito di Alvaro la vulcanica e tenace Giusy Staropoli Calafati ha dato notizia che ha ricevuto dall’ufficio di Gabinetto del Ministero dell’Istruzione e del Merito il numero di riferimento con cui è stato protocollato il Manifesto pubblico per lo studio di Corrado Alvaro e degli autori calabresi nella scuola italiana. I precedenti ministri avevano ignorato la richiesta. La lotta continua. Per il momente voto “nove” all’intellettuale calabrese che non molla sul punto. Anche in questo modo si riscatta la Calabria.
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Il 21 aprile del 1916 a Cosenza nasceva Giacomo Mancini statista calabrese che abolì molto non realizzato calabrese. Voto “dieci” a chi ha meglio modernizzato la nostra regione. Per l’occasione la Fondazione che porta il suo nome ha inaugurato la nuova sede nel centro storico cosentino dove è fruibile l’archivio che conserva discorsi, corrispondenze, interviste, atti parlamentari, fotografie e filmati ed è esposta una mostra fotografica raffigurante le tappe salienti del suo impegno nelle istituzioni e nel partito.
Una buona occasione per chi scrive libri su ruolo della ‘ndrangheta nel sequestro Moro alimentando storie balzane da film poliziottesco. Invitiamo a consultare per esempio l’articolo di Stefania Limiti in cui si legge: «Sandra Bonsanti, cronista che ha ingaggiato una sorta di ‘corpo a corpo‘ contro il potere occulto, ha un ricordo preciso al riguardo: “Otto giorni dopo l’uccisione di Aldo Moro, Giacomo Mancini andò a Palazzo Chigi da Andreotti: ‘ero convinto’, mi disse, ‘che dovevamo far partire subito una commissione d’inchiesta. Andreotti mi disse di no. ‘Non è questo il momento’”. Passarono così giorni e mesi preziosi, tutto era immobile». Voto “nove” alla Fondazione per le preziose carte. Chi vuole scrivere di storia si confronti con i documenti. (redazione@corrierecal.it)
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