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La giudice cosentina arrestata sapeva di essere sotto inchiesta. «Era la nostra paura più grande»

Nuovi dettagli sull’indagine che ha portato all’arresto di Giorgia Castriota. La distruzione del telefono. «L’ha mangiato il mio cane»

Pubblicato il: 23/04/2023 – 12:20
La giudice cosentina arrestata sapeva di essere sotto inchiesta. «Era la nostra paura più grande»

ROMA Per occultare le prove che avrebbero potuto incastrarla, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota, finita tre giorni fa in carcere, sarebbe arrivata al punto di dire che il suo cane Riccardo le aveva «mangiato il telefono». «Ancora deve venire chi mi si fotte», dice il magistrato di origini cosentine (in servizio in passato al Tribunale di Reggio Calabria). Frase riportata oggi dal Messaggero che dà il metro della sfrontatezza con la quale avrebbe approfittato del suo ruolo per nominare consulenti “amici”, nell’ambito delle procedure di amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati, facendosi ripagare con una serie di mazzette che le servivano a soddisfare quelli che lei chiamava «sfizi». E tutto questo «perché si ostina a voler vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche», scrive la collega gip del Tribunale di Perugia, Natalia Giubilei, nell’ordinanza di arresto.

«Sei pronta al tuo primo bonifico ricco?»

La disinvoltura con cui la giudice commette reati in spregio del suo ruolo è pari solo alla sua bramosia costante di denaro, in nome del quale, annota l’ordinanza che l’ha portata in carcere, «sono emersi suoi ulteriori e plurimi atti contrari ai doveri di ufficio», tra omissioni e manovre «attive». È lei a nominare l’amministratore giudiziario Stefano Evangelista (indagato) a gestire le società sequestrate a Fabrizio Coscione ed è lei ad affiancargli i coadiutori per completare la triangolazione delle nomine in cambio di denaro. Da ultima, la sua amica di lunga data Stefania Vitto: «Stefà, ormai sei tu la padrona, l’ho detto anche ad Evangelista, sei tu che gestisci… Sei pronta al tuo primo bonifico ricco?», la festeggia Castriota, alludendo al suo stipendio da 10mila euro, dei quali 3mila le verranno prontamente riversati ogni mese su una postepay. Per la giudice è una svolta perché potrà affrancarsi da Ferraro («l’ingrato»), con il quale ormai c’è una insopportazione reciproca per i continui battibecchi sui soldi: «Mi sono stancata pure dell’elemosina che mi fa – si sfoga Castriota con la colf che hanno in comune – basta, basta, tanto da sto mese c’è Stefania e buonanotte vaff…».

«Questo deve fallire, spero lo arrestino»

L’indagine su Coscione e le sue società però evolve e Castriota teme di perderne il controllo. L’idea, violando ogni dovere d’ufficio, è di portarle al fallimento. Per arrivare all’obbiettivo briga con Evangelista, invitato a denunciare l’imprenditore, e cerca di persuadere i pm titolari dell’indagine ad arrestarlo, adombrando la bancarotta. «Altro che dissequestro, questo deve fallire, spero lo arrestino», è il contenuto di una delle intercettazioni riportate dal Corriere della Sera. I pm però non la assecondano e Castriota appreso di essere sotto indagine, si affretta a inquinare le prove: distrugge un telefono, dicendo che «l’ha mangiato il mio cane Riccardo»; prende un pc in permuta per sviare gli accertamenti sul suo personale; infine si disfà di alcuni oggetti di valore, prove della corruzione, tra cui una borsa. «Meno male che so da dove viene — confida a Ferraro di ritorno dalle terme di Viterbo — Semmai me la voglio riprendere, era dell’outlet».

«La paura più grande»

Il 6 aprile scorso, in un’ambientale captata dai finanzieri mentre la giudice si trova in auto con il suo compagno Silvano Ferraro (anche lui finito dietro le sbarre), commentano la notizia appresa di essere sotto inchiesta: «Se avessimo dato retta alla nostra paura più grande a quest’ora qua non ci trovavamo, questa era la paura più grande mia e di Paolo, quella che ci trovavamo tutti quanti indagati a Perugia per corruzione, quando c’è stato… hanno scoperto la storia del nano. Alla fine questo si è verificato». A quel punto – secondo il gip umbro – la coppia mette in atto una serie di strategie per inquinare le prove, distruggendo i contenuti nello smartphone o nel pc, disfacendosi di beni di lusso in proprio possesso, condizionando eventuali testimoni. Così pensano di dare in permuta un computer fisso per un portatile. «Vado io a Bufalotta (centro commerciale, ndr) se tu non vuoi venire», propone Castriota. Ma Ferrero si preoccupa di essere visto: «Ce sta la videosorveglianza». La giudice, dall’alto della sua esperienza nelle indagini, lo tranquillizza: «Ma mica le tengono per 20 anni. Generalmente 3 settimane». Due giorni prima, inoltre, tiene a precisare con una conoscente che il suo cane: «Mi ha spaccato il telefono in mille pezzi. Non ho recuperato un dato, tranne quelli che avevo sulla scheda». In uno sfogo dell’8 aprile con un collega, spiega: «Non c’ho casa, c’ho il prestito per la macchina (…) Non ho niente da nascondere, venissero a casa mia non ci trovano manco un anello, trovano solo il Rolex che m’ha lasciato mio padre morto (…) e tu mi vieni ad accusare di corruzione».
Eppure solo un mese e mezzo prima, il 18 febbraio, Ferraro le dice: «Te devo dà na cosa, te la do adesso perché sennò…». E la Castriota, preoccupata di essere vista, risponde: «A nooo… In tribunale no. Mettila in borsa. Che so?». Il compagno le risponde: «1.500, te li metto nella zip». Lei risponde: «Nun ce vanno (…) Tanto li metto nel cassetto, una parte li conservo in contanti per quando devo pagare l’affitto».

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