FIRENZE Il giudice monocratico di Firenze, Serafina Cannatà, ha condannato per per atti persecutori un avvocato di Acri, Giovanni Cicchitelli, 48 anni, a due anni di reclusione, pena sospesa, al risarcimento delle parti civili da stabilirsi in sede civile e al pagamento di una provvisionale di 7000 euro per la ex fidanzata e di 3000 euro per il compagno di lei (in caso contrario, non potrà beneficiare della sospensione). Il pm aveva chiesto una condanna a un anno e due mesi di reclusione.
L’accusa è quella di avere perseguitato e minacciato una giovane originaria di Acri e il suo fidanzato.
Secondo quanto ricostruito nella sentenza, Cicchitelli e la donna avrebbero avuto una relazione dal 2014 al 2016. Al termine di questa relazione l’uomo aveva preso a molestare e minacciare la ex contattandola insistentemente e quotidianamente con chiamate, sms, messaggi whatsapp, messaggi su Facebook, chiamate anonime, di giorno e di notte. L’ha minacciata di andare a trovarla a Firenze per farle pagare la sua decisione. Le frasi avevano il seguente tenore: «Se è davvero come penso io e non hai il coraggio di dirmelo, conoscerai un mostro», «Non ho pena per chi mi prende per il c**o», «Non ho paura io, sono ad Acri. Ma ti sto venendo a prendere brutta str***a. Sulla tomba dei morti». Cicchitelli era persino arrivato a Firenze, portandosi vicino all’abitazione della donna e scrivendole messaggi che lasciavano intendere che la stava osservando: «Tu quando sei lontana da casa non chiudi la tapparella?»
La seguiva anche ad Acri, dove la vittima andava a trovare la famiglia, e in un occasione, mentre la donna si trovava sul Pullman diretto a Firenze le aveva scritto: «Spero che il 35 prenda fuoco», lasciandole intendere che sapeva dove si trovava e dove stava andando. Era arrivato a contattare ripetutamente la “Fanfara” di Firenze, dove il compagno della donna faceva le prove musicali, arrivando a contattare i colleghi di lui e i loro parenti. Cicchitelli aveva detto al fratello della vittima che si sarebbe recato al paese del compagna di lei e «avrebbe fatto una strage». E al paese dell’uomo, infatti, si era recato veramente, postando una foto su Facebook e annunciando che avrebbe commesso un «delitto passionale». Troppo da sopportare per la donna e il suo compagno che a febbraio 2018 decidono di denunciare. Il giudice non ha avuto dubbi sulla «penale responsabilità dell’imputato». (ale. tru.)
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