REGGIO CALABRIA «Nel momento in cui vi dimostrerete deboli, loro se ne approfitteranno. Non abbassate mai la testa». È questo il consiglio che Demetrio Cogliandro ha sempre dato ai suoi cinque figli. Questo, e l’esempio di uomo per bene e integerrimo, che non si piega a pagare il pizzo ma denuncia.
Demetrio Cogliandro – gestore di un’area di servizio sulla statale a Lazzaro, frazione di Motta San Giovanni – ha pagato anche il conto per il proprio coraggio. Lo racconta il settimanale L’Espresso: «Una sera di dicembre, mentre sta rientrando a casa, alcuni uomini nascosti dietro a una siepe lo gambizzano». Lui non si arrende e spinge i figli a non abbassare mai la tesa.
Il suo esempio arriverà lontano.
Uno dei figlio di Demetrio, Filippo Cogliandro, nel 2008 diventa chef e apre un ristorante nel meraviglioso palazzo-galleria di fine ’800 appartenuto all’artista Jim Jansen. Ma il sogno di restare in Calabria, racconta il settimanale, deve fare i conti, anche per lui, con la pretesa di “pizzo” da parte di una famiglia mafiosa che sta assurgendo ai vertici del locale di ‘ndrangheta.
Forte dell’esempio di suo padre, Filippo denuncia, diventa testimone di giustizia, rinuncia alla scorta.
Ma anche lui dovrà pagare un conto: la paura della gente svuota il locale. Si pensa che, essendo sotto il tiro della cosca, sia pericoloso frequentare il ristorante.
Ad andare in soccorso di Filippo sarà l’associazione “Libera” di don Luigi Ciotti. Ma non solo. Ll sindaco fa approvare una delibera per esentarlo dal pagamento dei tributi comunali in quanto vittima di mafia, la Camera di Commercio locale che lo solleva per cinque anni dalla tassa d’iscrizione annuale. Il gesto più bello lo fanno gli amici: lasciano le proprie auto davanti al locale, simulano affollamento, traffico, via vai. Un innocente escamotage per convincere la popolazione che non c’è da avere paura.
Funziona.
Filippo Corigliandro oggi è un ambasciatore antiracket. Organizza le cene della legalità in giro per il Paese, dove fa conoscere la cucina calabrese. Perché oggi è importante far capire che le cosche si sono radicate anche al Nord ma è possibile organizzare il coraggio per dire «no».
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