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prigionieri di un desiderio

Cosenza, i «Viaggi al termine della notte» dei tossicodipendenti

Le patologie del disagio e del desiderio nella ricerca in medicina narrativa dell’Asp di Cosenza. «La dipendenza non è un vizio, ma una patologia»

Pubblicato il: 25/04/2023 – 18:15
di Fabio Benincasa
Cosenza, i «Viaggi al termine della notte» dei tossicodipendenti

COSENZA «Portate i ragazzi a visitare le comunità terapeutiche». Questo l’invito del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, ospite nei giorni scorsi del convegno “Io scelgo la vita” organizzato dal Liceo Classico Telesio di Cosenza. L’appello a docenti e dirigenti scolastici ad intraprendere iniziative volte a sensibilizzare gli studenti sui danni provocati dall’assunzione di droghe. Medesimo obiettivo è quello assunto dai curatori del libro “Viaggi al termine della notte”, presentato al Teatro Rendano nell’ambito dell’iniziativa “Libri in Comune” sostenuta dalla consigliera comunale con delega alla cultura, Antonietta Cozza. Il volume – a cura di Loredana Nigri – riporta i risultati di una ricerca qualitativa in Medicina Narrativa dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, svolta nell’ambito delle dipendenze patologiche, nel biennio 2017/2019. L’attenzione è stata rivolta ai tossicodipendenti e ai dipendenti senza sostanza, trattati nel Ser. D di Cosenza, a quelli inseriti nel percorso riabilitativo della Comunità terapeutica “Il Delfino” di Castiglione Cosentino, e ad altri ancora, ristretti nell’Istituto Penitenziario di Paola. Cinque capitoli e «33 storie, intense, toccanti e dolentissime», suggerisce Cozza ai nostri microfoni.

«Il carcere e la riabilitazione dei tossicodipendenti»

«Il messaggio del procuratore Gratteri è corretto – dice al Corriere della Calabria Roberto Calabria direttore del SerD di Cosenza «Racchiude la nostra mission, quella di raccontare queste storie. Vicende tristi, drammatiche, ma poi con risvolti di rinascita, di positività». «Ascoltando direttamente queste persone o raccontando le loro storie – dice Calabria – può rappresentare una di conoscenza e di uscita dalla dipendenza. Nel libro è contenuta una dedica a Stefano Cucchi e alle famiglie ancora in attesa di giustizia. «Molte delle nostre storie partono dal carcere e dalla casa circondariale di Paola. Abbiamo dato ampio spazio ai problemi della detenzione. Sicuramente il carcere non è il posto dove un detenuto tossicodipendente può fare un programma riabilitativo o ricongiungersi socialmente al resto della collettività dipendente». Non solo chi è affetto da dipendenza, ma anche i professionisti che lavorano nelle comunità terapeutiche e di recupero, nel SerD o nelle carceri si ritrovano a fare i conti con episodi di burnout. Il testo racconta, la solitudine di chi cura e soprattutto quella di chi è curato. «Noi siamo abbastanza attrezzati, sia come numero di operatori, sia come professionisti e operatori. Però in effetti è una situazione complessa. A preoccuparmi però – chiosa Calabria – sono i numeri dei tossicodipendenti in aumento, e parliamo di soprattutto di giovani». La dipendenza non è un vizio – fanno notare gli operatori – ma una patologia.

«Anche noi facciamo i conti con i nostri fantasmi»

A determinare l’interesse verso il mondo delle tossicodipendenze e le sue narrazioni è stata l’esigenza, avvertita ed urgente, di restituire e rafforzare la funzione (anche) civica oltre che sociale, del lavoro delle operatrici e degli operatori della sanità, mettendone in risalto anche gli aspetti etici ed umanizzanti. Tra i ricercatori che hanno contribuito alla stesura del testo, Maria Francesca Lucanto, Emilia Luigia Pulitanò, Giorgio Marchese e Rossana Castriota. «E’ la storia di ognuno di noi, un viaggio bellissimo. Si esce da un periodo buio e si ha la la speranza di poter riprendere un’altra vita, un altro viaggio però questa volta col sole», racconta al Corriere della Calabria la psicologa Rossana Castriota. «Soffrire cosa vuol dire pentirsi. Il libro è caratterizzato da un linguaggio molto fruibile e con la tecnica della medicina narrativa, comprendiamo meglio gli stati d’animo degli altri per farne tesoro e imparare a lavorare su noi stessi». Tra le storie narrate, anche quelle degli operatori e delle operatrici. «C’è anche un mio contributo, ma anche quello di infermieri, assistenti sociali che si confrontano proprio con le loro difficoltà e con le paure. E’ un lavoro molto particolare che ci porta a fare i conti con i nostri fantasmi».

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