CATANZARO Il degrado della periferia Sud di Catanzaro e le migliaia di euro necessarie a rifornire il mercato dello spaccio. I quartieri abbandonati e un fiume di soldi (e di droga) sottoposto alle rigide regole della concorrenza. Con tanto di riferimenti alla Colombia come canale di arrivo della merce. C’è un pezzo (quello finale) del narcotraffico globale anche nel fortino rom di viale Isonzo. Con un clan che va in crisi quando da Rosarno arriva qualcuno disposto a commercializzare la coca a un prezzo più basso. La piazza di spaccio si ferma: hai voglia a spiegare ai clienti che la tua “roba” è di qualità migliore. È sull’asse Africo-Catanzaro che si snoda parte degli affari di droga del “clan degli zingari”: uno dei personaggi chiave è Bartolomeo Scordo, fornitore per conto delle famiglie della Locride. Stando alle conversazioni telefoniche confluite nell’inchiesta della Dda di Catanzaro, il «narcotrafficante originario della Jonica reggina residente a Bianco» (così viene definito Scordo dagli investigatori, ndr) offre “consulenze” e risolve problemi.
I canali attivati dai rom permettono l’arrivo di cocaina «dalla Colombia, attraverso la Spagna». Quando arriva, la droga ha «impresso il simbolo della “medusa”». Dal Sudamerica, il carico arriva in Spagna, «e in Spagna l’hanno tagliata e l’hanno messa sotto pressa, l’hanno tenuta più di un mese sotto pressa», spiegano i protagonisti dei traffici catanzaresi. I “mattoni di cocaina” permettono affari lucrosi. C’è, tuttavia, un ostacolo strada tra il clan Bevilacqua-Passalacqua e il contro del mercato degli stupefacenti nel fortino rom di Catanzaro: la concorrenza. Quello di un altro gruppo di nomadi è spietata. Domenico Passalacqua si lamenta del fatto che il clan concorrente acquista «la cocaina a un prezzo inferiore rispetto a quello concordato con Bartolomeo Scordo. Sostanzialmente quei nomadi acquistavano la cocaina a 27 euro al grammo da un soggetto non meglio identificato di Rosarno».
Per dirla con un nervoso Passalacqua: «C’è un cornuto di rosarnese, infame di merda e io non so chi cazzo è (…) che ha rovinato la piazza». «E non vedete di chiamarlo, compare Mì (Mimmo) – risponde Scordo – che questa è zona vostra».
«Secondo il narcotrafficante – evidenziano i magistrati antimafia – il prezzo d’acquisto era troppo basso rispetto al prezzo concordato dalle famiglie di ‘ndrangheta; in particolare, Scordo ha spiegato che il suo fornitore in quel periodo stava acquistando all’ingrosso la cocaina dalla Spagna e dall’Olanda, ma a un prezzo nettamente superiore a quello indicato da Passalacqua».
Il trafficante di Bianco, «forte della sua esperienza nel settore», non si capacita e spiega al “compare” catanzarese che la droga messa in giro dall’altro gruppo nomade deve essere di qualità scadente. Al contrario, «quella da lui trattata con Passalacqua era la migliore sul mercato; infatti, la cocaina commercializzata era denominata “Chanel” o “BB”», proveniente dalla Colombia. Esperto di cocaina (ed eroina) e anche consigliere criminale. Scordo, infatti, «ritornando sull’argomento dei nomadi che vendevano la droga a un minor prezzo provocando un danno economico al clan Bevilacqua-Passalacqua», suggerisce ai suoi interlocutori «di eliminare dalla piazza di spaccio quel gruppo». È uno dei rom a spiegare al narcotrafficante «che nelle dinamiche interne alla loro comunità non era semplice estromettere quel gruppo concorrente, facendogli intendere che nel traffico di sostanze stupefacenti vi era molta autonomia. Da ciò è emerso – è la conclusione degli investigatori – che l’intera comunità rom di Catanzaro aveva un monopolio nello spaccio di sostanze stupefacenti».
«E perché non li togliete?», propone uno sbrigativo Scordo. «E compa’ e che cazzo vai li togli – è la risposta – che sono animali che li togli? Ognuno si vede la strada sua». E la concorrenza è spietata. (p.petrasso@corrierecal.it)
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