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A Cosenza, lo striscione e il possibile pentimento di Roberto Porcaro

E’ apparso questa mattina nella città dei bruzi. Il messaggio rivolto all’ex «delfino» di Francesco Patitucci e considerato «reggente» degli “Italiani”

Pubblicato il: 28/04/2023 – 13:17
di Fabio Benincasa
A Cosenza, lo striscione e il possibile pentimento di Roberto Porcaro

COSENZA «Porcaro pentito infame». È il testo eloquente di uno striscione apparso, questa mattina, a Cosenza. Ignoti gli autori, chiaro invece il messaggio rivolto a Roberto Porcaro, ex «delfino» del boss Francesco Patitucci e considerato presunto «reggente» del clan degli “Italiani”. Porcaro, coinvolto nell’inchiesta “Reset” coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, avrebbe deciso di saltare il fosso e raccontare quanto di sua conoscenza ai magistrati antimafia. Una settimana fa, Porcaro avrebbe lasciato la cella del carcere dove era recluso. Il trasferimento è per molti il chiaro segnale di una possibile collaborazione.

Il profilo

«Chi comanda oggi a Cosenza? Robertino Porcaro». E’ il 18 dicembre 2018 quando l’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Camillo Falvo (oggi procuratore capo a Vibo Valentia) si rivolge ad Anna Palmieri moglie di Celestino Abbruzzese alias “Micetto” (appartenente alla famiglia dei “Banana”) chiedendo lumi sulla figura di Roberto Porcaro. La risposta della collaboratrice di giustizia è lapidaria. «Non si muove foglia se non lo vogliono loro», dice Palmieri. «Loro chi?», incalza Falvo. «Mio cognato Luigi e Robertino Porcaro». Il primo è il referente per gli “Zingari”, il secondo per gli “Italiani”.

Da delfino di Patitucci a boss

Un uomo influente, potente, a capo di uno dei gruppi più importanti del “Sistema Cosenza”, almeno fino al suo arresto. Roberto Porcaro non nasce boss, ma raggiunge il vertice del sodalizio criminale senza troppi ostacoli e in tempi relativamente brevi. A favorire la sua ascesa è l’arresto di Francesco Patitucci, Porcaro era il suo braccio destro. «Era inizialmente con Cicero ma poi Mario Gatto lo ha portato con i Lanzino e, poiché Gatto era in carcere, ha stretto amicizia con Patitucci», racconta il pentito Ernesto Foggetti. Saranno altri collaboratori di giustizia: Daniele Lamanna, Luca Pellicori, Giuseppe Zaffonte ad indicare Roberto Porcaro quale capo indiscusso della cosca Lanzino. L’evoluzione criminale del boss è segnata da un passaggio importante, quello dal ruolo di “delfino” di Patitucci (ristretto in carcere quasi quattro anni, dal 2011 al 2015 e dal 2016 al 2019) ad indiscusso e indiscutibile reggente del clan. Le parti, tuttavia, si invertiranno quando Patitucci tornerà in libertà (nel mese di dicembre 2019) e Porcaro sarà arrestato nell’ambito dell’operazione “Testa del Serpente”.

La «Testa del serpente»

Gli investigatori, avvalendosi anche delle confessioni rese dai collaboratori di giustizia, ricostruiscono – nell’inchiesta “Reset” – la galassia criminale del gruppo che fa capo a Porcaro: uomini, alleanze, business e ruoli all’interno del gruppo degli “Italiani”. Il carisma criminale del boss ha favorito la mediazione con le diverse articolazioni di ‘ndrangheta. Un uomo bravo a muoversi, capace di interloquire ma anche di passare alle maniere forti quando necessario. Nell’inchiesta “Testa del Serpente”, per la quale ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, a Porcaro vengono contestati reati, anche in concorso con altre persone, relativamente alla estorsione tentata, usura, illecita detenzione e porto di armi da fuoco, anche clandestine, il tutto aggravato dal metodo mafioso e ancora su di lui pesa l’accusa di narcotraffico per la detenzione di un ingente quantitativo di cocaina. Le medesime indagini hanno dimostrato come «Roberto Porcaro, per la parte degli “Italiani”, e Luigi Abbruzzese, per la parte degli “Zingari”, siano i detentori della “bacinella comune” delle organizzazioni criminali operanti sul territorio sulla scorta di un patto federativo che da decenni vede le due fazioni unite nella gestione degli affari illeciti nel capoluogo». Secondo l’accusa, la gestione dei business illeciti avviene in regime di «assoluto monopolio», dal racket al narcotraffico, dai pestaggi ai danneggiamenti, dall’usura ai proventi del gioco illecito. Poco o nulla sembra essere cambiato, dall’ultimo blitz fino alla recente operazione Reset”, Porcaro ha mantenuto intatto il proprio carisma criminale in seno ad uno dei più importanti clan attivi sul territorio bruzio. 

Le accuse del neo pentito Turboli

Nel lungo elenco degli accusatori di Roberto Porcaro figura anche il suo ex «luogotenente» e oggi pentito Danilo Turboli. Il collaboratore di giustizia, nel primissimo verbale reso ai magistrati antimafia ha subito puntato il dito contro l’ex delfino di Patitucci. «Con riferimento all’estorsione realizzata ai danni di un costruttore, vicenda per la quale sono imputato nel processo “Testa del Serpente”, sono stato io ad effettuare la telefonata minatoria per conto di Roberto Porcaro (…) dopo aver fatto la telefonata lo stesso Roberto Porcaro mi riferiva che l’imprenditore si era messo “a posto” pagando l’estorsione», confessa il collaboratore. Che in un altro verbale, invece, ammette di aver “tradito” il suo capo. Danilo Turboli, infatti, confessa di aver acquistato della droga da Ivan Barone: un altro collaboratore di giustizia che ha deciso di saltare il fosso dopo l’inchiesta “Reset”. «La ragione per la quale acquistavo lo stupefacente dal Barone è che lo stesso me la vendeva a 45 euro al grammo mentre Roberto Porcaro me la vendeva a 55. Per evitare contrasti con Porcaro, il fatto che io acquistassi la droga da Barone doveva rimanere nascosto», ha dichiarato Turboli.

Il “Reset” della mala cosentina

Nelle carte dell’inchiesta “Reset”, Roberto Porcaro viene indicato come «espressione concreta sul territorio della forza di intimidazione dell’associazione; è il dominus delle principali attività criminali pianificate ed eseguite per conto dell’associazione, con particolare riferimento all’usura, alle estorsioni, all’esercizio abusivo del credito, al reimpiego di capitale di provenienza illecita, al traffico di sostanze stupefacenti. Si muove diffusamente nella città di Cosenza, quasi sempre a bordo di uno scooter, dando visibilità della sua costante presenza sul territorio, tanto ai suoi sodali quanto alle vittime dei reati ed interviene personalmente nelle principali vicende delittuose». Nero su bianco, chi indaga, chiarisce il ruolo di primissimo piano di Porcaro. Che «dirige la perpetrazione dei reati tipicamente contro il patrimonio, spesso incontrando ed affrontando direttamente le persone offese che convoca al suo cospetto o che raggiunge egli stesso, al fine di intimorirle o percuoterle per realizzare ingiusti profitti patrimoniali; in tal modo rimarca la carica intimidatoria dell’associazione nei confronti delle vittime dei reati, determinando nelle stesse la tipica condizione di assoggettamento e di omertà; si insinua nel tessuto produttivo locale, autorizzando, finanziando o comunque sostenendo investimenti di imprenditori che poi trasforma in soggetti debitori nei suoi confronti nonché promuovendo investimenti finanziari con provviste illecite o comunque fittizie, così consentendo all’associazione criminale di acquisire anche il controllo di talune attività economiche».

(f.benincasa@corrierecal.it)

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