VIBO VALENTIA Gli investigatori, gli stessi che avevano già messo a segno il colpo più duro contro la ‘ndrangheta vibonese con il blitz “Rinascita-Scott” del 19 dicembre 2019, da molto tempo avevano capito che, per poter catturare il superlatitante di ‘ndrangheta Pasquale Bonavota, avrebbero dovuto concentrare i propri sforzi fuori dai confini di Sant’Onofrio e dalla Calabria. L’arresto del presunto boss dell’omonima ‘ndrina, titolo che gli spetta per discendenza, ha interrotto una lunga latitanza, durata oltre 4 anni e mezzo. Una fuga terminata a Genova, nella nota Cattedrale di San Lorenzo. Un blitz veloce quello dei carabinieri del Ros del capoluogo ligure, coordinato dal generale Pasquale Angelosanto, eseguito dopo il consueto riconoscimento.
Continuano però ad emergere ulteriori dettagli sulla cattura di Pasquale Bonavota. Quelli precedenti, infatti, sono stati giorni particolarmente frenetici e importanti per tutta l’attività investigativa. Le indagini, in particolare, si sono concentrate sulla moglie del latitante vibonese. Un dispositivo del Ros, proprio per seguire ogni suo movimento, l’ha agganciata e pedinata fino in Francia. A dirlo è stato in un video il comandante del Ros Massimiliano D’Angelantonio. I Carabinieri hanno poi maturato l’idea di un imminente incontro con il marito e così sono riusciti a circoscrivere l’area – ristretta – nel territorio di Genova. Solo attraverso la complessa attività tecnica è stato possibile localizzare Pasquale Bonavota con una certezza quasi assoluta. «Durante una serie di verifiche che il nostro dispositivo ha svolto nell’area individuata» spiega il comandante del Ros «abbiamo localizzato il latitante all’interno di una chiesa. Il nostro dispositivo l’ha immediatamente fermato mentre stava pregando e reso inoffensivo prima di attendere il supporto dei colleghi dell’Arma territoriale per poterlo portare in carcere».
Dopo l’arresto, l’attività dei carabinieri si è concentrata sul covo dove sono convinti che Pasquale Bonavota abbia vissuto in latitanza, nel quartiere di San Teodoro, nella collina alle spalle del porto di Genova. «Bonavota – ha spiegato ieri in conferenza stampa il maggiore dei Ros di Genova Fabrizio Perna – era già noto per essere stato in contatto con un gruppo stanziale su Genova, legato alla sua cosca di riferimento. È possibile che avesse dei punti di appoggio sulla città ma è un elemento su cui stiamo ancora lavorando. Abbiamo sequestrato documenti e materiale informatico che potrebbero fornirci risposte su connivenze o complicità». Le indagini si concentreranno sugli eventuali fiancheggiatori, intanto nell’abitazione dove abitava Pasquale Bonavota, i carabinieri hanno trovato una decina di telefoni cellulari con schede sim intestate a stranieri. Ma anche un documento di identità di un soggetto originario di Vibo Valentia su cui sono in corso accertamenti. E poi altro materiale di estremo interesse investigativo: dei foglietti di carta con nominativi e altre indicazioni che saranno vagliati nei prossimi giorni di concerto con la Dda di Catanzaro. (g.curcio@corrierecal.it)
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