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L’eterna decadenza della stazione di Cosenza, tra saracinesche abbassate e fragili progetti di rilancio

L’isolamento della struttura mastodontica costruita a Vaglio Lise tra gli anni settanta e ottanta, priva di bar, attività commerciali e passeggeri

Pubblicato il: 29/04/2023 – 13:41
di Francesco Veltri
L’eterna decadenza della stazione di Cosenza, tra saracinesche abbassate e fragili progetti di rilancio

COSENZA Tutte le mattine, sulla scalinata che dai parcheggi sotterranei porta verso i binari della stazione di Vaglio Lise, c’è un uomo. È immobile, sdraiato a terra di spalle, il viso schiacciato contro il muro, avvolto nel suo sacco a pelo verde e circondato da un paio di buste bianche e dalle sue scarpe da tennis. È una delle poche presenze rassicuranti che i pochissimi pendolari cosentini che all’alba prendono il treno per dirigersi verso Paola o chissà dove, possono trovarsi sul percorso che li porta ognuno al proprio binario deserto. Un’immagine, quella dei clochard adagiati a terra alla meno peggio, tutt’altro che rara da vedere nelle stazioni delle più grandi città d’Italia, e quindi, di conseguenza, quasi del tutto invisibile agli occhi. A Cosenza, invece, nulla è invisibile. Un uomo che dorme a terra a Vaglio Lise è al tempo stesso un dramma e un minuscolo segnale di movimento di un “non luogo” edificato da decenni a pochi passi dal centro cittadino. Un non luogo da sempre considerato un’occasione persa, un progetto inutile e privo di respiro. Una cattedrale costruita in una zona popolare che fin da subito di quella popolarità ha finito per inglobare il suo isolamento. Dal parcheggio sotterraneo, spesso addobbato di vecchie autovetture abbandonate e rifiuti pericolosi di ogni specie, si raggiunge la parte alta della struttura, quella dei tabelloni delle partenze e degli arrivi senza pubblico, quella dell’unico sportello disponibile per fare un biglietto o per chiedere, non sempre con esito favorevole, informazioni utili. E poi ancora una tabaccheria a mezzo servizio, una bilancia, una macchinetta delle fototessere e un’altra con pinza per peluche. Null’altro. Neanche un bar per prendere un caffè o una bottiglietta d’acqua.

Le saracinesche di quelle che un tempo erano attività commerciali, sono abbassate da anni, alcune da decenni, come le persiane dei numerosi uffici situati ai piani superiori che non servono più a niente. Non sono mai serviti a molto. Insomma, un discorso vecchio a cui i cosentini non fanno più caso che però ritorna ogni volta che, dalle stanze dei bottoni, spunta una nuova idea di rilancio o di qualcosa che gli somigli. L’ultima, in ordine di tempo, promossa dall’amministrazione comunale, è quella di creare un Parco Urbano diffuso che sia in grado di collegare la stazione di Vaglio Lise con il centro cittadino, con tanto di piste ciclabili e attraversamento dei pedoni. Capire quanto tutto ciò sia realmente fattibile e, soprattutto, quanto beneficio reale possa portare a una struttura decadente edificata in forma mastodontica tra gli anni 70 e 80 (per un costo di 13 miliardi delle vecchie lire) e senza alcun criterio logico vista la sua posizione geografica (per intenderci, la stazione di Paola è sempre stato il vero punto di partenza o di arrivo delle “trasferte” dei cosentini), appare davvero difficile da comprendere. Per ora, ciò che resiste è il distacco sempre più ampio tra due aree vicinissime della città che non sono mai riuscite ad unirsi. Per ora resistono indisturbati l’abbandono, il degrado, il grigiore e la solitudine di binari e coincidenze mai prese. Resiste quell’uomo avvolto nel sacco a pelo verde. Statico nel suo sonno profondo, mentre intorno tutto si muove svuotato di vita.

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