ROMA Via libera del Consiglio dei Ministri al decreto sul lavoro. Previste buste paga più pesanti grazie alla riduzione del cuneo fiscale. Oltre al taglio di ulteriori 4 punti del cuneo fiscale e contributivo e fringe benefit esentasse fino a 3 mila euro per i dipendenti con figli, nel provvedimento è inserita anche la riforma del reddito di cittadinanza. In questo caso è previsto che dal 1 gennaio 2024 lo strumento cesserà di esistere.
Circa 4 miliardi di euro vengono destinati, nel periodo compreso tra il 1 luglio e il 31 dicembre 2023 (senza ulteriori effetti sulla tredicesima), all’incremento di 4 punti percentuali del taglio del cuneo fiscale per i dipendenti rispetto a quanto già previsto in legge di bilancio, rende noto il Mef al termine della seduta.
Lo sgravio contributivo, tutto a beneficio dei lavoratori, viene quindi elevato dal 3% al 7% per i redditi fino a 25 mila euro mentre viene innalzato dal 2% al 6% per i redditi fino a 35 mila. L’aumento nella busta paga dei dipendenti viene stimato, nel periodo luglio-dicembre, fino a 100 euro mensili di media.
«Questo è un governo di legislatura, più strategia di lungo termine di questo non credo che ci sia. I nostri non sono interventi spot, ma c’è una visione che si concretizzerà e si scaricherà a terra», ha detto ai cronisti il ministro del Lavoro, Marina Calderone, al termine del Consiglio dei ministri, replicando alle critiche dei giorni scorsi.
«C’è un intervento annunciato da tempo di introduzione del nuovo strumento di inclusione sociale, si chiama assegno di inclusione, a favore delle famiglie con condizioni di fragilità», ha aggiunto Calderone, «c’è un percorso, che è la prosecuzione della volontà di dividere la platea: da un lato si prevede l’assegno di inclusione per i nuclei familiari con over 60, disabilità e minorenni; dall’altra misure di attivazione al lavoro, chi vuole intraprendere questo percorso sarà inserito in percorsi di formazione».
«Quello che ho letto sui contratti a termine non è quello che si trova all’interno» del dl lavoro, ha poi precisato il ministro: «L’obiettivo non è certamente quello di rendere più precario l’utilizzo di questi strumenti ma invece quello di rendere più agevole l’interpretazione di una norma che in questo momento ha delle difficoltà applicative».
«Il decreto dignità non ha contribuito a rendere più stabile il lavoro – ha sottolineato – . Se guardiamo le indicazioni sui contratti a termine, ci rendiamo conto che in Italia in media il contratto a termine dura meno di 12 mesi, perché c’era un’evidente distorsione sulle causali di rinnovo. In questo caso noi affidiamo alla contrattazione, e ovviamente alle parti sociali, la definizione delle causali tipiche, con l’intento di utilizzare al meglio tutte le forme contrattuali cercando di rendere anche più inclusivo il mondo del lavoro».
«Investiamo sui lavoratori e le famiglie. Abbassiamo le tasse fino a 7 punti per i redditi più bassi: è un aiuto reale contro il carovita e la risposta concreta alle chiacchiere. Entrano in vigore anche ulteriori benefici per i lavoratori che hanno figli. Continuiamo sulla strada responsabile della crescita concentrandoci sulle emergenze sociali», ha sottolineato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
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