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L’intervista

Lavoro che non c’è, Lovecchio: «La Calabria può reagire, ma serve una strategia» – VIDEO

Il direttore regionale dell’Eurispes delinea criticità ed opportunità per creare occupazione vera nella regione: «Puntare sul lavoro di qualità»

Pubblicato il: 01/05/2023 – 14:39
di Roberto De Santo
Lavoro che non c’è, Lovecchio: «La Calabria può reagire, ma serve una strategia» – VIDEO

CATANZARO Quella bassa produttività del sistema imprenditoriale coniugata allo scarso profilo di personale ricercato e a salari largamente al di sotto della media nazionale, sono gli elementi principali che contribuiscono a non fare della Calabria una regione virtuosa sotto il profilo dell’occupazione. Soprattutto per il settore privato. E la cartina al tornasole di questo quadro devastante è rappresentata dal tasso record di disoccupazione presente nella regione e dalla percentuale elevatissima di occupati pubblici: oltre due dipendenti su dieci. Sono gli aspetti che mette in luce Maurizio Lovecchio, direttore della sede regionale di Eurispes, ente privato italiano che si occupa di studi politici, economici e sociali, ed operante nel campo della ricerca politica, economica, sociale e della formazione. Docente ed esperto di pianificazione e gestione del territorio, Lovecchio segnala altre carenze sul territorio che portano i calabresi a cercare il futuro altrove: «servizi sociali, scuole e sanità, infrastrutture, qualità della vita». E le responsabilità di questa situazione sono da individuare, secondo il direttore dell’Eurispes, nella politica. «Chi amministra – dice a questo proposito – ha sempre l’obbligo di adoperarsi per migliorare le tendenze negative anche in materia di lavoro e occupazione».

Quali sono i principali problemi che si trova ad affrontare chi cerca lavoro in Calabria?
«In una regione in cui il tasso di disoccupazione fra le persone di età compresa tra i 15 e i 74 anni è del 21%, il nono dato più alto fra le regioni europee, mi viene da dire che il problema è che il lavoro sembra non esserci proprio. Pertanto la ricerca di qualcosa che non c’è risulta complicata o addirittura vana. Battute a parte, tra i problemi di chi cerca lavoro c’è sicuramente quello di trovare tra le offerte opportunità reali e cioè forme, modalità e posizioni che siano coerenti rispetto alla formazione personale. E poi stipendi idonei e contratti regolari».

La Calabria detiene il record di dipendenti che lavorano nel settore pubblico: 22,7% del totale degli impiegati

I numeri sembrano indicare che c’è un alto tasso di occupati pubblici rispetto al resto del Paese. Perché è così difficile creare posti di lavoro privato nella regione?
«In Calabria lavorano oltre 110.000 persone per il settore pubblico, cioè il 65% circa della popolazione, che corrisponde al 22,7 % del totale degli impiegati. Un record in Italia tra le regioni a statuto ordinario. Sul versante privato, le offerte di lavoro riguardano pochi soggetti: le imprese attive in Calabria occupano 2,5 unità per impresa contro le 4 della media nazionale. Per trovare risposte alla domanda e spiegazioni alle cause della difficoltà legata alle opportunità offerte dal privato, occorre analizzare la tipologia e dimensione dell’impresa calabrese: delle 191.000 imprese il 58,59% (131.313) sono imprese individuali mentre le società di capitali rappresentano il 26,24% del totale (59.206).  Quindi una prima difficoltà per creare occupazione da parte delle aziende private sta innanzitutto nella dimensione aziendale: si tratta per la maggior parte di micro imprese e spesso a conduzione e gestione familiare. Il primo settore per numero di addetti è rappresentato dal Commercio (27,02%), seguito dall’Agricoltura (12,77%) e dalle Costruzioni (10,43%). Le attività dei servizi di alloggio e di ristorazione coprono l’8,81% del totale e quelle manifatturiere l’8,78%. Solo 38 imprese calabresi (0,17%) dichiarano un valore della produzione tra 25 e 50 milioni di euro e appena 17 imprese (0,08%) dichiarano un valore della produzione superiore a 50 milioni di euro. Pertanto il volume d’affari risulta contenuto ed anche il fatturato prodotto non consente di impegnarsi in assunzioni onerose, che inciderebbero significativamente sui costi aziendali».

Tra disoccupazione e Neet, la Calabria detiene record negativi

Le preoccupazioni maggiori derivano dai dati sulla situazione dei giovani che non fanno sperare nel futuro?
«Oltre al dato allarmante della disoccupazione giovanile che pone la Calabria tra le peggiori 10 regioni d’Europa, secondo i dati Eurostat, dobbiamo purtroppo registrare un altro fenomeno altrettanto preoccupante. In Calabria la quota dei giovani tra i 18 e i 29 anni che non sono occupati, non studiano e non sono inseriti in un percorso di formazione (Neet – Neither in employment nor in education and training) è al 40 %. Si tratta di un dato che si commenta da sé. Ed è chiaro che il principale problema è proprio l’assenza del lavoro stesso. Ma le cause del fenomeno Neet in Calabria possono essere legate a diversi fattori. Si va dalla sfiducia nella formazione scolastica e conseguente abbandono delle scuole secondarie alla mancanza di orientamento nel periodo tra la fine della scuola e l’inserimento nel mondo del lavoro. E poi c’è la scarsa produttività del territorio regionale, di conseguenza, mercato del lavoro insufficiente. Come anche la difficoltà e gli oneri correlati strettamente alla ricerca di una occupazione ed i tempi lunghi di attesa per trovare il primo lavoro. Ed un ruolo negativo finora l’ha potuto svolgere anche il reddito di cittadinanza».

L’occupazione calabrese è caratterizzata da bassi profili professionali: il 60%. Così ne escono penalizzati quanti hanno alti livelli di formazione

E per chi ha costruito un percorso di studi performante resta solo l’emigrazione come soluzione?
«Anche in questo caso è opportuno distinguere le opportunità che arrivano dal settore pubblico e dal settore privato in Calabria. Nel primo caso spesso un laureato si trova nell’impasse tra concorsi pubblici bloccati o non banditi e percorsi di tirocini infiniti che condannano a situazioni di decennale precarietà. Sul versante privato, se analizziamo le caratteristiche legate agli occupati appartenenti ai settori indicati come strategici per lo sviluppo economico regionale, che sono Agricoltura e Turismo, riscontriamo alcune peculiarità che scoraggiano chi ha un alto profilo di formazione. Nel settore primario ad esempio, circa il 99% delle occupazioni sono a tempo determinato, e circa l’88% sono caratterizzate da un basso livello di competenze. Ed il comparto alberghiero e della ristorazione registra circa il 77% delle assunzioni a tempo determinato e sempre il 77% è caratterizzato da livelli medi di competenza e specializzazione professionale. Ciò significa che chi vanta una buona formazione, e sarebbe portato a orientare le sue competenze ai settori considerati trainanti per l’economia regionale, si troverebbe a doversi “accontentare” di posizioni lavorative poco stimolanti e non gratificanti. Ed inoltre c’è da annotare altre particolari caratteristiche del mercato del lavoro nella regione. Ad iniziare dall’offerta se si considera che circa il 60% delle occupazioni in Calabria corrisponde a livelli bassi di competenze o low skill (40.617 in totale). A questo si aggiunge che i contratti a tempo determinato sono prevalenti, con un dato pari a circa il 77% sul totale dei contratti. Senza contare che gli stipendi in Calabria dei dipendenti pubblici e privati (escluse le Partite Iva) sono in media circa la metà del resto del Paese, la media pro capite negli anni dal 2019 al 2021 è risultata 12.473 euro annui. È evidente che se in un territorio in cui già ci sono poche opportunità e quelle poche non soddisfano le ambizioni e le aspettative di chi ha investito sulla formazione e crescita professionale, la scelta non può essere che obbligare a cercare miglior fortuna, spesso riuscendoci, in altre regioni. Ogni annomigliaia di persone decidono di andar via dalla Calabria in altre parti d’Italia o all’estero, lasciando un vuoto che col tempo purtroppo è destinato ad aumentare».

Nonostante le ingenti risorse, soprattutto europee, non si sono creare le condizioni di sviluppo in Calabria

Eppure le risorse per creare occupazione nella regione ci sono e ci sono stati negli anni. Cosa non sta funzionando?
«In Calabria, di fatto, il mercato del lavoro sembra essere caratterizzato dalla “occupazione di un posto”, piuttosto che dalla creazione di occupazione reale e magari di qualità. In questo senso, il lavoro sembra l’opportunità contingente, spesso temporanea, precaria e da cogliere al volo per non restare inoccupati. Si tratta, in sostanza, di occupare una qualsiasi posizione, mansione o forma di collaborazione, spesso indipendentemente dalle competenze, capacità, e ambizioni soggettive. Anche negli esempi più virtuosi che di fatto hanno creato occupazione questo è avvenuto senza tener conto di storia, tradizioni, vocazioni dei territori e della popolazione in cui ciò è stato realizzato. Inoltre bisogna tener presente che assieme all’offerta di lavoro (compenso, mansione, luogo…) riveste altrettanta importanza la coesistenza di altri fattori, che incrociano talvolta esigenze, aspirazioni e progetti non solo individuali e lavorativi, ma che riguardano anche la qualità della vita sociale e famigliare. Accanto alla coerente ed adeguata offerta di lavoro e di stipendio, laddove ci fosse, occorre considerare anche le diverse opportunità che offre il territorio: servizi sociali, scuole e sanità, infrastrutture, qualità della vita. Si riscontrano ahimè molto spesso anche su questi ultimi aspetti, le carenze e ritardi che caratterizzano la nostra regione».  

Palazzo Campanella, sede della Regione. Da qui dovrebbero giungere proposte per rilanciare l’occupazione


In questo senso c’è solo una responsabilità politica o c’è dell’altro?
«La politica ha sempre le sue responsabilità, nel senso che chi governa e amministra un territorio ha l’obbligo, per l’impegno che prende con i cittadini, di adoperarsi per migliorare le tendenze negative anche in materia di lavoro e occupazione. A proposito di politica, sul tema del lavoro non si può negare l’effetto negativo che ha avuto il reddito di cittadinanza sulla disponibilità di forza-lavoro. Si pensi che in Calabria i percettori di Reddito di cittadinanza sono 100 mila individui, cioè circa il 10% della popolazione. Si pensi inoltre al progetto del Governo di attuare il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Per come è stato definito, sembra inevitabile che produca risultati poco convenienti per il benessere dei cittadini, specie al Sud. I Livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio della Repubblica, sarebbero demandati alla Regione che con le sue sole risorse dovrebbe far fronte a tutte le esigenze connesse».

Un momento della presentazione dell’ultimo rapporto dell’Eurispes

La Calabria dovrà rassegnarsi ad un futuro che la vede sempre più marginale o ci sono le condizioni per far invertire la rotta?
«I dati e le statistiche indicano i problemi ma offrono anche allo stesso tempo la lettura per cercare le soluzioni. È chiaro che siamo di fronte ad un problema complesso e atavico a cui dovrà corrispondere necessariamente una reazione forte e coraggiosa per invertire le tendenze negative. L’azione dei policy maker dovrà sostenere e incoraggiare la creazione di occupazione, con tempistiche, modalità e forme utili ad evitare ulteriori distorsioni socialmente insostenibili. La rotta può essere sempre cambiata se chi conduce si accorge della direzione che ha intrapreso. Ci sono risorse, strumenti e opportunità da cogliere; basta avere lucidità nella visione, nelle prospettive e nel ruolo che la nostra Regione dovrà avere ad esempio al cospetto dell’Europa e del Mediterraneo. Puntare e scommettere su fattori e settori trainanti, fare emergere le potenzialità ed i punti di forza dei territori secondo vocazioni e caratteristiche locali. Programmare dei piani di occupazione regionale innovativi ed orientati alla creazione di reali e convenienti opportunità lavorative, coerenti con i percorsi formativi esistenti. Non si può essere pessimisti e rassegnarsi alla emarginazione dal resto del Paese. Occorre avere fiducia nelle capacità resilienti dei calabresi, nella tenacia e nel coraggio che contraddistingue la nostra popolazione, investire nei talenti e nei tanti centri di eccellenza della regione, sostenere con politiche di incentivazione i privati e le imprese. Come sede regionale dell’Eurispes, possiamo offrire al decisore pubblico le nostre analisi, ricerche, esperienze e pubblicazioni, che danno una fotografia reale sui fenomeni più critici e su cui vale la pena concentrare risorse e energie. Siamo disponibili a collaborare per contribuire a costruire una Calabria “normale” e migliore». (r.desanto@corrierecal.it)

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