MILANO E’ quella che fa a riferimento Bartolo Bruzzaniti, trafficante pluripregiudicato con legami con le famiglie di ‘ndrangheta di Africo, nel Reggino, la struttura radicata in Lombardia con proiezioni nazionali smantellata dall’inchiesta della Dda e della Guardia di finanza di Milano che ha portato, su ordine della gip Stefania Donadeo, all’esecuzione di 38 arresti in carcere e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria nelloperazione denominata “Money Delivery”. Con questo gruppo ritenuto «autorevole e affidabile» avrebbero fatto affari con carichi dall’Olanda di 300 chili di droga a settimana i broker internazionali Raffaele Imperiale e Bruno Carbone. Il gruppo Bruzzaniti avrebbe poi rifornito altri gruppi riforniti, trai quali quello della Comasina capeggiato da Davide Flachi, figlio dello scomparso boss Pepè (già oggetto di ordinanza custodiale in seguito della quale è stato recentemente condannato alla pena di anni venti di reclusione).
Nasce proprio dalle dichiarazioni di Raffaele Imperiale, importante broker della droga per la camorra, soprannominato il “boss dei Van Gogh“, estradato da Dubai nel marzo 2022 e di recente divenuto collaboratore di giustizia, l’inchiesta della Dda milanese su un maxi traffico di droga dal Nord Europa, gestito in “joint venture” da uomini legati alla ‘ndrangheta e alla mafia campana. Questi dettagli sono emersi dalla conferenza stampa in Procura a cui hanno preso parte, tra gli altri, il procuratore Marcello Viola, l’aggiunto della Dda Alessandra Dolci, il pm Gianluca Prisco, il comandante provinciale della Gdf di Milano Francesco Mazzotta e il comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese Giuseppe D’Urso. Imperiale, come ha spiegato Dolci, ha raccontato che quando ha deciso di «investire» in Lombardia per i traffici di droga si è dovuto rivolgere necessariamente a Bartolo Bruzzaniti, tra i 38 destinatari dell’ordinanza eseguita dal Gico della Guardia di finanza milanese e con precedenti per traffici di droga. La droga, stando alle indagini, viaggiava sui tir e veniva stoccata in magazzini a Gerenzano (Varese). «Partivano i camion dall’Olanda – ha spiegato il pm Prisco – completamente riempiti con 200-300 chilogrammi di cocaina a viaggio, poi tante organizzazioni acquistavano all’ingrosso da Bruzzaniti, anche i Flachi compravano da Bruzzaniti». La «imponenza della entità del narcotraffico» sul territorio milanese, ha detto Viola, «continua a crescere». Viola ha messo in luce che l’indagine ha svelato una «operazione di ristrutturazione del traffico di droga, per migliorare la logistica e i pagamenti, grazie ai collegamenti con i broker campani e affinando un collaudato sistema di trasporto tramite tir, con pagamenti solo a consegna avvenuta». L’inchiesta si è basata sulle analisi dei messaggi criptati scambiati tra i narcotrafficanti e al momento nelle perquisizioni sono stati sequestrati «73mila euro» ma anche «armi da fuoco e armi bianche come pugnali». Nell’ordinanza, ha chiarito D’Urso, il gip definisce la «struttura lombarda» come una «stabile organizzazione», mutuando il termine dal settore fiscale. I 645 chilogrammi di cocaina sequestrati avevano un valore di «rivendita da 34mila euro al chilo», ossia di oltre 21 milioni di euro.
Sempre Alessandra Dolci ha detto che «Milano è il centro nevralgico della cocaina e delle droghe sintetiche, nel primo caso la fonte di approvvigionamento fa capo ai calabresi: chi si vuole occupare del business della cocaina deve stringere accordi con le famiglie calabresi» legate alla ‘ndrangheta.
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