LIMBADI Sette anni passati nella sofferenza, con il cuore a pezzi e un vuoto che è sempre stato presenza. La consapevolezza di un dolore che non muta mai, declinato in lotta e sete di verità e giustizia. Perché la scomparsa di Maria Chindamo è ancora una ferita aperta nel cuore di una città, Limbadi, suo malgrado simbolo della ‘ndrangheta calabrese, quella più feroce e brutale, che soffoca territori e sotterra la speranza. Era la mattina del 6 maggio del 2016 quando di Maria Chindamo, imprenditrice originaria di Laureana di Borrello, si sono perse le tracce, uccisa dalla criminalità organizzata. Un atto violento e vile che non ha certo spezzato la volontà di una famiglia e di un intero territorio di lottare per la propria libertà dall’oppressione delle ‘ndrine.
E anche oggi, proprio davanti al cancello dell’azienda di Maria Chindamo, in contrada Montalto di Limbadi, una grande comunità si è di nuovo riunita per un sit-in di memoria. Presenti il fratello, Vincenzo Chindamo, e poi Agape, il Comitato Controlliamo noi le terre Di Maria, Penelope Italia Odv, il gruppo cooperativo di Goel, Comunità Progetto Sud e Libera, oltre a istituzioni ed esponenti politici. Scuole, associazioni, istituzioni e singole cittadine e cittadini che hanno scelto di condividere la richiesta di verità e di giustizia della famiglia. Presente anche Wanda Ferro, sottosegretario all’Interno, che ha sottolineato l’impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata.
«Il dovere che ho sentito anche quand’ero all’interno della Commissione Antimafia e da componente dell’opposizione nel precedente mandato – ha detto Wanda Ferro – è sempre stato quello di uno Stato che deve essere presente, che dev’essere accanto alla famiglia, nella ricerca non di vendetta, di verità, ma soprattutto nel sottolineare che il sacrificio di Maria Chindamo è il sacrificio dei calabresi perbene». Presente anche fratel Stefano Caria in qualità di segretario della Commissione regionale per la pastorale sociale e del lavoro. Interessante novità di quest’anno è stato, poi, lo spettacolo musicale della cantautrice e cantastorie Francesca Prestia mentre il tema del sit-in era “donne e lavoro: un binomio per il riscatto delle terre di Calabria”.
Un altro vuoto, quest’anno, ha caratterizzato il sit-in. Quello di Pina De Francia, la madre di Maria Chindamo, morta a dicembre dello scorso anno, dopo anni di battaglie per chiedere giustizia sulla misteriosa morte di sua figlia, senza però ricevere alcuna risposta. La famiglia, però, continua a lottare per la verità. «Il messaggio criminale che qui si è tentato di dare è che una donna libera, un popolo libero, può essere aggredito, ucciso e portato via. Oggi invece trova il suo contrario, una popolazione che reagisce, che si tiene per mano, a partire dai bambini delle scuole, a finire al sottosegretario di Stato passando per le istituzioni, le associazioni, la gente comune e le amministrazioni locali. Sono tutti qui per dire che nei luoghi grigi, dove la ‘ndrangheta vorrebbe far morire la nostra speranza, invece qui rinasce, con tutti i colori possibili».
Un senso etico, un senso di giustizia, un senso di speranza. La Goel Bio, cooperativa agricola e impresa sociale espressione di Goel – Gruppo Cooperativo e di Comunità Progetto Sud, è stata nominata “curatore della scomparsa Maria Chindamo” con riferimento proprio alla sua azienda agricola. «Il messaggio più grande è il fallimento degli intenti dell’ndrangheta – ha sottolineato proprio Vincenzo Linarello – è vero che Maria non c’è, ma è altrettanto vero che i terreni sono rimasti di Maria, anzi, sono diventati un baluardo di libertà e dicono a tutti che è possibile dire di no, è possibile ribellarsi».
«Ed è possibile – sottolinea Linarello – anche fare economia in maniera legale, senza fare i conti con la ‘ndrangheta. C’è una sensibilità montante, la memoria di Maria sta aggregando tantissime persone ed è significativo che qui oggi ci siano le scuole, ci sia la società civile, ci siano gli organi dello Stato. Ci sia il Governo, c’è tutto lo Stato, siamo tutti noi, prima ancora degli organismi, delle istituzioni, noi siamo lo Stato e qui c’è tutto in tutte le sue espressioni e siamo sempre più numerosi ogni anno. Credo che questa Calabria vedrà presto un’alba nuova e non può fermarla nessuno». (g.curcio@corrierecal.it)
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