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SETTE GIORNI DI CALABRESI PENSIERI

Se la mattanza della ‘ndrangheta nella Sibaritide non vale dieci righe in cronaca

La morte di Antonella Lopardo ignorata dai media nazionali. I fiumi di coca da Africo al mondo. Il viadotto sbriciolato. I voti della settimana

Pubblicato il: 06/05/2023 – 13:23
di Paride Leporace
Se la mattanza della ‘ndrangheta nella Sibaritide non vale dieci righe in cronaca

Martedì sera Antonella Lopardo (foto sopra), 49 anni, era in casa con il marito a vedere la televisione, quando qualcuno suonò al campanello. Lei andò a vedere chi era, aprì la porta, crivellata da una scarica di 38 proiettili AK 47. L’attentato è avvenuto in contrada Ciccotonno di Cassano allo Jonio, provincia di Cosenza, terra di efferati delitti di mafia. Il marito della signora è coinvolto nella ‘ndrina locale avendo subito una condanna. Era l’obiettivo dei killer. Il 4 aprile dello scorso anno nella stessa zona, Manuel Scorza, 57 anni, è nella sua Mercedes insieme alla sua compagna straniera, Hanene Hendhl, 38 anni, quando viene attirato in una trappola. Due killer lo uccidono a bruciapelo, la donna prende il cellulare e passa dalla vita alla morte.

Il piccolo Nicola “Cocò” Campolongo

Nel gennaio del 2014, Peppe Iannicelli, sorvegliato di polizia, scompare insieme alla giovane compagna Betty Toussa e il nipotino Cocò Campolongo. Saranno trovati tre giorni dopo nell’auto di famiglia crivellati di colpi e arsi dalle fiamme. Per il clamore di quella strage, arrivò dopo qualche mese Papa Francesco a Cassano che disse «la ‘ndrangheta è l’adorazione del male. Tutti gli affiliati sono scomunicati. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no». Si spensero i riflettori. I media hanno presto dimenticato.
Giovedì ho consultato undici testate nazionali cartacee. Dopo le brevi ribattute del giorno prima a tarda ora, con poche righe spesso d’agenzia, nessun quotidiano ha deciso di ritornare sulla notizia. In televisione il Tg Uno della sera ha messo in scaletta un servizio.
Nelle pagine c’erano i due morti dell’alluvione in Emilia, la ragazza di Avellino morta con il cellulare in bagno, la terribile strage del ragazzo slavo a scuola. Di una donna ammazzata dentro casa in Calabria non importa niente a nessuno. Non fa notizia lei, men che meno questa banda di assassini composta da rom e calabresi che non hanno nessun codice di comportamento. Gente che non merita neanche voto “zero” per la disumanità feroce del suo agire. Non meritano voti capiredattori e uffici centrali di giornali che ignorano questa sequenza di omicidi gratuiti, abulici nel comprendere quel che accade nella provincia italiana lontana dai riflettori metropolitani. Questa terribile storia di una ‘ndrangheta violenta vive di attenzione grazie all’editoria locale cui facciamo parte. La cronaca e l’analisi di questi fatti servono ancora ad accendere luce nelle tenebre di una società che non riesce ad allontanare un crimine che non ha nulla di romantico, tantomeno di epico. Guai a lasciare agli assassini il fatto compiuto. Non possiamo permetterlo noi che scriviamo, tantomeno chi ci legge.

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ANTIMAFIA | La conferenza stampa dell’operazione Eureka

E’ andata meglio come spazio su giornali e tv, per capacità di comunicazione della Dda, all’Operazione Eureka, tonnellate di cocaina gestite dai mammasantissima di Africo e San Luca con ramificazioni in Belgio, Germania, Francia, Portogallo e Romania. Ottimo lavoro di intelligence su cellulari di nuova generazione che hanno sgominato i narcos che si sentivano sicuri di scambiarsi le informazioni (voto “otto” agli investigatori). Stesso voto alla giornalista Marianna Aprile che su Twitter ha evidenziato il passaggio in cui il gip segnala due compari che contano i guadagni di un ristorante a Roma e di cinque in Portogallo e rumoreggiano di aver perso un milione di euro causa pago Bancomat. «I due si lamentano dei pagamenti effettuati tramite Pos, circostanza che limita notevolmente il margine di manovra per distrarre somme dagli incassi delle società». Complimenti a chi ha voluto salvare i pagamenti in contante e voto “due” per la norma cambiata.

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A Cosenza fu ucciso dalla ‘ndrangheta il direttore della locale casa circondariale Sergio Cosmai. La vicenda ha avuto in questi giorni un rimbalzo di attualità a causa di una nota polemica del senatore Mario Occhiuto, il quale da sindaco aveva commissionato all’artista concettuale Maurizio Orrico un monumento sul luogo dell’efferato delitto. Tre sagome dei killer con le mani a forma di pistola e una frase di Cosmai. In un lungo post, molto apprezzato e condiviso da un migliaio di persone, Occhiuto senior, che da buon architetto ha un’idea molto precisa (non apprezzata da tutti) dell’arte pubblica ha stigmatizzato la decisione della nuova amministrazione comunale di “buttare nella spazzatura” l’opera d’arte e di memoria.

L’inaugurazione del monumento a Cosmai

Il monumento ha avuto vita sventurata in effetti. A causa di un tragico incidente stradale che ha causato due morti, la frase di Cosmai venne rimossa. Quindi rimasero in piedi solo i tre loschi figuri con le pistole. L’amministrazione Caruso contesta ad Occhiuto di aver lasciato “marcire” la scritta tra i rovi. Mentre le “figure” sono state rimosse e portate nei locali comunali per essere posizionate in altro “luogo idoneo”. Ma non finisce qui. A chiedere la rimozione dell’installazione è stata la vedova Cosmai «perché sembrava rappresentare solo gli assassini». Va detto che la signora Tiziana Palazzo, vedova Cosmai, partecipò all’inaugurazione del monumento e disse in quell’occasione: «Grazie per aver mantenuto la promessa, io credo che il senso della vita di mio marito sia racchiuso nelle parole che oggi vedete attorno a questa statua». La mancanza della scritta ha cambiato evidentemente gli orientamenti della vedova. Mario Occhiuto rivendica «dopo 28 anni noi fummo i primi a ricordarci della morte di Cosmai e a dedicare una scultura in sua memoria» e nel suo ragionamento «È grave se un sindaco demolisce un’opera perché lo chiede qualcuno, che magari, come in questo caso, ha cambiato idea». Ma la questione ancora non finisce qui.
Sui social è apparso un post scritto dalla figlia di un killer di Cosmai. Vi si legge un attacco virulento e denigratore contro Mario Occhiuto per aver commissionato le statue che rappresentano il suo genitore, esprimendo apprezzamento «per essere finite nella spazzatura», per poi concludersi con oltraggiose invettive anche contro Cosmai per i suoi presunti metodi duri adoperati nei confronti dei reclusi.
Più che dare voti in questa storia di memoria scomposta c’è da riflettere e discutere sull’arte pubblica a Cosenza ma soprattutto sul caso Cosmai con le sue luci e ombre dentro il carcere e nelle aule di giustizia che non fu molto giusta. » in corso di realizzazione una docufiction sulla vicenda. Auspichiamo che questa opera filmica sia utile alla memoria collettiva e abbia destini meno travagliati dell’installazione di Maurizio Orrico.

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E’ stato molto visto e commentato il crollo del viadotto Longobucco-Jonio costruito 9 anni fa. C’erano stati già cedimenti nel novembre scorso. Il presidente Occhiuto si è recato sul posto. Ha chiesto di accertare le responsabilità e di completare l’opera. Spinga ancora di più Roberto Occhiuto. Giacomo Mancini nel 1966 ad Agrigento dopo la frana inviò un pool di tecnici che produssero un documento che inchiodò tutti i responsabili a rendere conto del danno provocato. I colpevoli devono pagare. Attendiamo per un giusto voto.

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La celebre jazzista Maria Pia De Vito in un post ha raccontato la sua positiva esperienza seminariale al liceo musicale Lucrezia Della Valle di Cosenza: «Una bellezza vedere e ascoltare ed ascoltare trenta giovanissimi talenti già evidenti, voci uniche e creature alla ricerca di una propria espressione. Un liceo dove si parla classico, pop, jazz».
Voto “dieci” alla singer e stesso voto con lode al liceo cosentino.

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Vincenzo Scolastico, cento anni a dicembre, una vita da impiegato delle Imposte, impegnato nel volontariato, ha donato duecentomila euro all’ospedale dell’Annunziata di. Cosenza per acquistare attrezzature per il reparto di Oncoematologia. Prenda esempio l’imprenditoria locale con iperprofitti da questo scrivano calabrese. Per il beau geste del signor Scolastico forse un “dieci” è anche poco.

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