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le perquisizioni

Pasquale Bonavota, identikit di un uomo in fuga

Le foto in abiti clericali, il contratto d’affitto a nome “Domenico”. Gli appunti: «Passaporto carabinieri… trascrizioni intercettazioni»

Pubblicato il: 07/05/2023 – 20:11
di Alessia Truzzolillo
Pasquale Bonavota, identikit di un uomo in fuga

CATANZARO Ha affittato un appartamento a nome “Domenico”, ha posato in due foto con abiti clericali accanto a due uomini e a un sacerdote, in casa aveva un timbro a secco in metallo di argento nero dell’ufficio anagrafe del comune di Sant’Onofrio, tutto l’occorrente per produrre documenti di identità falsi. Si celava a Genova dietro l’identità di un uomo realmente esistente, Francesco Lopreiato, del quale portava dietro la carta d’identità (con la sua foto applicata sopra): coniugato, operaio, classe ’71 (Bonavota è del ’74, ndr). Con la tessera sanitaria di Lopreiato aveva fatto delle analisi del sangue e delle radiografie a un piede in un istituto radiologico polispecialistico di Genova. Girava portando con sé il sacro e il profano, dalle immaginette sacre, alla drink card di un locale, mazzette di soldi e appunti che richiamano a vicende, anche giudiziarie, calabresi. In casa non mancava di avere contanti: è stato trovato un borsello di colore nero con 120mila euro.
Le perquisizioni che i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Genova hanno eseguito nell’abitazione e sulla persona di Pasquale Bonavota, primula rossa della ‘ndrangheta catturata lo scorso 27 aprile nella cattedrale di San Lorenzo, dipingono un uomo in fuga, pronto a nascondersi e a camuffare la propria identità.

Un uomo riservato chiamato Domenico

L’appartamento in via Bologna nel quale si nascondeva è stato sequestrato. È stato lo stesso Bonavota a consegnare le chiavi ai carabinieri che lo hanno tratto in arresto, preso in affitto da due anziane signore che lo stesso giorno della cattura del latitante sono state sentite dagli inquirenti.
Raccontano che lo avevano messo in affitto su un sito nel 2019 e che sono state contattate sul cellulare da un uomo «che si presentava come Domenico». Visitano l’appartamento, l’uomo lo prende e paga puntualmente prima 600 e poi 680 euro al mese.
«Voglio precisare che era stato lui a non volere regolarizzare con un contratto la locazione», dice una delle affittuarie. Nessuna agenzia immobiliare, nessun contratto e un documento di identità che, all’epoca dell’affitto, doveva essere diverso da quello intestato a Francesco Lopreiato. In effetti, in casa di Pasquale Bonavota sono state sequestrate le copie fotostatiche di due carte d’identità intestate a due Domenico, uno dei quali è Domenico Ceravolo, teste chiamato dalla difesa a testimoniare a favore di Giovanni Giamborino, fedelissimo del boss Luigi Mancuso, nel corso del maxi processo Rinascita Scott.
L’affittuario silenzioso e riservato «viveva da solo, e una volta mi disse che la moglie, insegnate, lavorava e viveva a Roma nella zona di Città del Vaticano, dove appena possibile anche lui tornava; a causa del proprio padre malato la moglie tornava in Calabria sua regione d’origine. All’inizio mi disse che lavorava nella zona di Genova-Molassana, forse nell’edilizia, nel periodo del Covid lavorava da casa. Nelle occasioni in cui ci incontravamo era comunque una persona disponibile alla comunicazione, si lamentava spesso del suo stato di salute», riferiscono le locatrici.

Immaginette sacre e drink card di discoteche

Pasquale Bonavota, 49 anni, è stato raggiunto dai carabinieri in una chiesa di Genova. Il boss di Sant’Onofrio era stato seguito per un breve tragitto e poi raggiunto nella cattedrale. Non aveva armi con sé ma un marsupio blu della Carpisa con 1.600 euro in una busta di plastica, i documenti intestati a Lopreiato, l’abbonamento mensile per i mezzi pubblici di Genova, chiavi, una pendrive, 40 immaginette sacre, una drink card di una discoteca, quattro telefoni cellulari. La particolarità della perquisizione personale di Bonavota, a parte il denaro nella busta di plastica, è data dai biglietti manoscritti recanti in intestazione la scritta “Parrocchia San Donato … O dio Nostro Padre ti prego” riportanti appunti e nomi vari.
Appunti presi a mano nei quali è possibile leggere annotazioni come “passaporto carabinieri”, “Det Giampà Giuseppe”, “trascrizioni intercettazioni”, “chiedere denuncia carro funebre”, “denuncia zio Mico” una sfilza di nomi e appunti che danno l’idea che anche da lontano Bonavota seguisse con attenzione le vicende calabresi. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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