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La riflessione

Lotta ai clan, Gratteri: «Contro le mafie dobbiamo assumere degli hacker»

Il procuratore capo di Catanzaro alla presentazione del Rapporto “Le mafie nell’era digitale”: «Utilizzano comunicazioni che non buchiamo»

Pubblicato il: 09/05/2023 – 12:19
Lotta ai clan, Gratteri: «Contro le mafie dobbiamo assumere degli hacker»

ROMA «Mentre la politica discute di utilità o meno delle intercettazioni, le mafie sono già in grado di comprarsi degli hacker e crearsi nuovi sistemi di comunicazione sopra le nostre teste, che noi non ascoltiamo, comprano telefoni che utilizzano per sei mesi e parlano in chiaro da una parte all’altra dell’oceano e noi non siamo riusciti a bucare nessuno di questi sistemi». Lo dice Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, intervenendo alla presentazione del Rapporto “Le mafie nell’era digitale”, stilato dalla Fondazione Magna Grecia e presentato nella sala stampa della Camera. «L’Italia ha i migliori investigatori del mondo, l’Italia non era seconda a nessuno ma ora – ha spiegato Gratteri – stiamo perdendo know how e negli ultimi decenni chi ha governato non ha investito in tecnologia pensando non fosse importante, oggi invece dobbiamo coprire questo gap e finirla di arruolare nei servizi segreti solo il poliziotto, il maresciallo, dobbiamo assumere hacker altrimenti non riusciremo a essere competitivi con le migliori polizie del mondo».
«È un tema che va affrontato adesso – ha aggiunto -, questo studio è l’attualità, sarebbe stato in ritardo se fosse uscito tra cinque anni, oggi siamo sul pezzo, ma tra cinque anni può diventare archeologia».
«Nel mondo dell’informatica – ha anche fatto sapere -, in questo momento i più bravi sono gli israeliani, c’è una legislazione più a maglie larghe che consente sperimentazioni di tecnologia, bisogna spendere soldi, ad esempio noi abbiamo in Italia l’aerospaziale che è molto evoluto, abbiamo Leonardo, soprattutto sul piano militare, la sicurezza dello Stato non possiamo lasciarla agli altri o alla fortuna, non è possibile continuare a pensare che mi chiama un collega francese o tedesco che mi dà tre, quattro tir di file che io devo decriptare quando poi il fatto è già accaduto e il carico, di cocaina o armi, è già arrivato da Gioia Tauro ad Amsterdam o Anversa, io vorrei che l’Italia fosse all’avanguardia come è stata sempre e che ci si togliesse questa paranoia che in Italia siamo tutti intercettati». «Spero – il suo appello in conclusione – che nel breve periodo si voglia investire sul piano tecnologico della nostra polizia giudiziaria».

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