CATANZARO «Ora, ora se n’è andata da me! mi ha fatto un certificatone a me! non idoneo al lavoro! però l’ho “imbulicata” l’ho imbrogliata…, mi sono messo una fascia nel collo mentre saliva». Giuseppe Armando Bonavita – ritenuto dagli inquirenti appartenente alla ‘ndrina di Briatico – sapeva sempre per tempo quando arrivavano le visite mediche di controllo. Le informazioni – secondo l’accusa redatta nel fermo dell’inchiesta “Maestrale-Carthago” dai pm Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Buzzelli – gliele forniva Giuseppe D’Andrea, impiegato all’Inps di Vibo Valentia.
A contribuire alla truffa in favore di Bonavita vi sarebbe stata anche la mano di Angelo Familiari, medico nell’ufficio di Sanità Marittima di Vibo, ufficiale preposto al rilascio delle certificazioni necessarie per ottenere l’indennità di “Cassa marittima”, ovvero la malattia dei naviganti durante l’imbarco.
Giuseppe Armando Bonavita, detto “Armando”, 44 ani, avrebbe ereditato il potere mafioso ed il controllo del territorio dal proprio padre, sul territorio di Briatico, insieme ad Antonio Accorinti, ognuno reggente per la propria famiglia.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Bonavita era socio occulto ed effettivo dominus della società “Costa degli dei tours” in cui erano soci al 50% Francesco Zungri e Luigi Barillari.
La certificazione a suo favore, firmata da Familiari, parla di «dolore al rachide cervicale con irradiazione alle braccia con parestesie alle mani. Riferisce altresì turbe digestive con associati episodi di vomito post-prandiale, eruttazione, pirosi». Bonavita avrebbe simulato, in più occasioni, uno stato di falsa malattia che lo rendeva inabile al lavoro marittimo.
Secondo l’accusa si sarebbe recato al pronto soccorso di Tropea simulando un malore e avrebbe finto anche durante le visite fiscali.
Avvisati delle visite fiscali grazie a D’Andrea, i sodali si facevano trovare a casa: «Vedi che per i pesci spada andiamo domani mattino, che ci sta il medico in giro…, vattene a casa».
Per far ottenere a Bonavita un’indennità maggiore, stando alle indagini dei carabinieri, è stato gonfiato anche l’importo del salario spettante al finto impiegato che sarebbe passato da una retribuzione media giornaliera di 30 euro nel mese di giugno 2018 fino a raggiungere l’importo di 85,73 euro a ottobre 2020. Si mostrano anche abbastanza accorti da non esagerare per non far scattare verifiche dell’Inps: «Io voglio una busta paga di 3000 euro! Ve lo dico prima eh! Non più di 3000 euro altrimenti se ne accorgono no?».
Questa truffa sarebbe costata all’Inps un totale, in tre anni, di 29.787,55 euro. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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