LAMEZIA TERME Chi ha ragione? Il collaboratore di giustizia Andre Mantella che parla di una «congrega di avvocati che può avvicinare Petrini»? O il giudice, ora sospeso, della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini che per queste parole ha querelato Mantella asserendo di non far parte di alcuna loggia massonica, deviata o meno, né di alcuna congrega?
C’è da premettere che il 17 aprile 2020 lo stesso giudice, davanti ai magistrati di Salerno che lo accusano di esser stato volano di un sistema corrotto all’interno della Corte d’Appello, dichiarava fatti gravissimi. Ha parlato di una riunione, a metà 2018, nello studio dell’avvocato Giancarlo Pittelli a Catanzaro. C’erano avvocati, magistrati, procuratori: «Non ricordo il nome della loggia che io ero nuovo, gli altri erano già iscritti… Prese la parola l’avvocato Pittelli, mi presentò agli altri e annunciò agli altri che ero interessato a far parte dell’associazione presente. Gli altri presenti prestano il loro assenzo, per altro magistrati e avvocati presenti mi conoscevano. Mi fu rappresentato il dovere di fratellanza, consistito nell’assecondare le richieste degli altri fratelli e di mantenere il segreto su quanto accadeva all’interno della loggia. Il cerimoniere era l’avvocato Pittelli (imputato nel maxi processo Rinascita Scott con l’accusa di concorso esterno on associazione mafiosa, ndr)». Poco tempo dopo avere fatto queste dichiarazioni, Petrini chiede di essere di nuovo sentito dai magistrati e nega tutto. Dice che stava male, dà la colpa a uno stato profonda prostrazione dovuta all’isolamento nel convento dove stava trascorrendo gli arresti domiciliari.
Ma chi ha ragione? Quali dichiarazioni sono più attendibili tra quelle del collaboratore (ex capo di una cellula ‘ndranghetista di Vibo ed ex killer per conto della cosca Lo Bianco-Barba) e il giudice (oggi sospeso, con due condanne, non definitive, per corruzione in atti giudiziari)?
Per cercare di dare dei connotati alla vicenda, 18 novembre 2022 la Dda di Catanzaro chiama come teste, nel processo Rinascita Scott, proprio Marco Petrini.
Quell’udienza il pm Antonio De Bernardo, in sede di requisitoria, l’ha definita «uno dei momenti più tristi del processo».
Quando Petrini si presenta nell’aula bunker di Lamezia Terme «avevamo i verbali e gli abbiamo fatto delle domande», dice De Bernardo. «L’esame di Petrini è stato uno dei momenti più tristi del processo», dice il pm.
Il perché viene presto spiegato: un magistrato che ha reso dichiarazioni del tenore reso da Petrini «e che ha la possibilità qui di fare ulteriormente luce su questo sistema – ma noi credo che un po’ di luce l’abbiamo fatta anche senza di lui – si siede qui, gli chiediamo “ha fatto dichiarazioni sull’esistenza di una loggia massonica coperta a Catanzaro, sul fatto che facessero parte di questa loggia… ha mai preso parte a una loggia massonica coperta?”. “No, mai”». Viene chiesto a Petrini se ricorda l’episodio della riunione nello studio Pittelli.
«Io ricordo – risponde – che in data 17 aprile 2020 ho cercato di chiarire questo e anche altri episodi… in quella sede dove ho iniziato un percorso spirituale di ravvedimento interiore, ho cercato di fare chiarezza di alcune dichiarazioni rese in precedenza, rese da me in condizioni di estrema fragilità intellettuale e di grave prostrazione psicologica. Tengo a precisare che questa mia condizione è perdurata per tutta la mia permanenza nel convento di Giffoni…». L’accusa insiste chiede se quello che Petrini ha detto ai magistrati di Salerno sia stato tutto inventato. «Non ricordo, non ricordo assolutamente. Stavo talmente male che non ricordo niente. Oggi non mi riconosco in quelle dichiarazioni, così come non mi riconoscevo in quelle dichiarazioni già il 17 aprile». L’accusa, ricorda De Bernardo, gli fa notare che «non mi riconosco» e «non ricordo» hanno due significati diversi, perché «non mi riconosco» è come se quelle dichiarazioni non fossero state rese, non ricordo «ha tutt’altro significato».
Petrini risponde di «non ricordare completamente di averle rese».
Il pm Antonio De Bernardo fa notare che Petrini «non dice mai espressamente “non è vero, mi sono inventato tutto”», piuttosto dice: «Ho rimosso, non mi ricordo, non mi ricordo che ho detto. Ho cercato di rimuovere tutto perché per me non c’era differenza».
La Procura di Catanzaro ha chiesto l’acquisizione di queste dichiarazioni «perché siamo convinti che la scelta di Petrini di fare retromarcia in un momento ben preciso non sia stata una scelta libera».
«Se si tratta di valutare l’attendibilità di quello che dice Petrini su questi argomenti rispetto a quello che hanno detto i collaboratori, in generale sul rapporto magistrati-avvocati, in particolare sui rapporti tra Pittelli e Petrini ritengo che quelle stesse argomentazioni valgano senz’altro a ritenere che queste risposte siano inaccettabili. Queste non-risposte sono inaccettabili», dice il pm De Bernardo il quale si chiede in che modo i «no, non ricordo» di Petrini debbano essere letti nel valutare le dichiarazioni di Mantella. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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