Cara mamma,
ti scrivo in quanto tuo bambino-cane, per chiederti quando la smetterete, voi umani, di trattarci come dei pupazzetti di peluche da rendere a vostra immagine e somiglianza, quando la finirete di considerarci surrogati di quelle relazioni “normali” (con creature umane e non) che proprio non riuscite ad avere. Vedi, io sto bene con te, sono tuo amico, mi sento accudito e protetto, ma perché mai dovrei essere “il mio bambino”? E perché mi hai presentato con questo appellativo a quell’uomo vestito di bianco chiedendogli di “benedirmi”? Cos’è questa “benedizione”? Sai, noi cani abbiamo i nostri riti, la nostra religione, esattamente come abbiamo un’intelligenza ed una sensibilità, ma si tratta di cose molto diverse dalle vostre. Solo voi, dacché avete avuto quella che qualcuno chiama “rivoluzione cognitiva” (70.000 anni fa), avete bisogno di favole per dare senso alle vostre vite. Noi non sentiamo affatto il bisogno di essere benedetti da uno dei vostri, che pure ci è simpatico, visto che in un suo scritto che s’intitola “Laudato si'” insegna l’amore dell’uomo verso tutto il creato, compresi noi. Semmai siete voi che ci volete far benedire: è un vostro desiderio, un vostro problema, una vostra fissazione. Ma perché provocare il Papa, facendomi passare per quel che non sono e non potrò mai essere: il tuo bambino! Sono il tuo cane invece, e forse (anzi certamente) nemmeno “tuo” ma “mio” innanzitutto, e poi tuo amico, magari: se tu riuscissi a comprendere la mia diversità, la mia specialità, il mio non essere un diversamente-umano, come tu vorresti che io fossi. Ecco, io credo che se smetterai di voler fare la mia mamma e di esibirmi pubblicamente come “il mio bambino”, innanzitutto otterresti quella benedizione che papi e sacerdoti danno anche agli animali e, in più, faresti un gran favore a quella natura che dici di amare, evitando di far credere ai tuoi simili che si possa trasformarla in una giostrina sulla quale voi umani appagate le vostre prepotenze, le vostre frustrazioni.
*Avvocato e scrittore
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