COSENZA Il traffico di droga si muove lungo l’asse Cosenza-Reggio Calabria. Gli scambi tra le due province sono frequenti, fitti, consolidati. Non costituisce un fattore di sorpresa per la Dda di Catanzaro che ha coordinato l’operazione denominata “Affari di Famiglia” con la quale è stato inferto un colpo ai clan Tundis e Calabria, due gruppi “satelliti” della Confederazione criminale bruzia. Gli investigatori ritrovano nelle intercettazioni, discussioni sull’acquisto e la cessione di grosse partite di stupefacente con protagonisti indagati reggini e cosentini. Mario Maiolo, viene considerato uno dei personaggi della malavita reggina «che i maggiorenti delle due consorterie criminali operanti su San Lucido e Paola consideravano punti di riferimento nel commercio dì droga». Ma chi sono i principali interlocutori dell’uomo reggino? In primis – secondo l’accusa – Salvatore Caruso «nella veste di capo organizzatore che acquista all’ingrosso una cospicua partita di stupefacente e la ripartisce in dosi ai vari associati-venditori, che operano a vari livelli, stabilendo il prezzo e cedendo a credito, con saldo del prezzo all’avvenuto smercio della dose». Sotto Caruso, opererebbe Gabriele Molinaro, «spacciatore e vicario del capogruppo». Per gli investigatori, quest’ultimo «si è mostrato attivo nello spaccio e in particolare nel condurre le operazioni di trasporto e i tentativi di recupero dello stupefacente in occasione della perdita registrata». Molinaro, annotano ancora gli investigatori, «in certi frangenti, ha ricoperto un ruolo di supplente del Caruso interfacciandosi con Tundis Andrea, rappresentante del gruppo di San Lucido, per dirimere questioni afferenti al commercio degli stupefacenti sorte con il gruppo di San Lucido».
Tra l’11 e il 12 febbraio 2019, Salvatore Caruso, Gabriele Molinaro e Francesco Serpa «organizzano l’acquisto di un consistente carico di droga del valore di circa 13.000 euro dal trafficante di Gioia Tauro Maiolo da effettuarsi l’indomani e, a tal fine, si procurano un veicolo “pulito”». E’ il 12 febbraio, quando Molinaro e Serpa raggiungono Gioia Tauro e, al ritorno – dopo aver preso in carico lo stupefacente – vengono intercettati da un posto di blocco dei carabinieri all’altezza di Amantea, in località Campora San Giovanni. Preoccupati, i due indagati, si disfano della droga. Scampato il pericolo, nei giorni successivi, Caruso «si mostra in ansia per il debito verso i fornitori e da vani tentativi di recupero della droga, finita in una scarpata fra la vegetazione fitta». La perdita del carico alimenta la sfiducia di Maiolo che deciderà di interrompere il rapporto con Caruso. Quest’ultimo si sfoga al telefono con un interlocutore. Che rincara la dose: «ieri poi. .. minchia ma possibile che questo l’ha buttata?! Non avevo soldi, Sà … tengo ottanta centesimi nella tasca! Se no davvero pigliavo la macchina e mi andavo a fare io un giro». (f.b.)
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