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«A Vibo, in passato, la magistratura sistemava le cose “per gli amici degli amici”»

Le accuse di due pentiti a un medico dell’Asp. E quelle al vecchio sistema che «arrestava solo i pesci piccoli». Il tentativo di inquinare le indagini

Pubblicato il: 17/05/2023 – 15:44
«A Vibo, in passato, la magistratura sistemava le cose “per gli amici degli amici”»

VIBO VALENTIA «Mi fece sapere attraverso i Bonavota e Francesco Fortuna, prima dell’operazione “Asterix”, dei reati dei quali ero accusato; questo me lo dissero Domenico Bonavota e Francesco Fortuna nel corso di una cena a Pizzo». L’ex boss scissionista e oggi pentito Andrea Mantella mette a verbale la frase in un interrogatorio del maggio 2016. Sette anni dopo, quelle parole tornano nel decreto di fermo della maxi inchiesta “Maestrale-Carthago”. E accusano un medico dell’Asp di Vibo Valentia, Alfonso Luciano, indagato a piede libero nell’inchiesta, di essere stato uno dei professionisti al servizio delle cosche, con il compito di “anticipare” agli uomini dei clan notizie riservate. C’è di più nel racconto di Mantella: il collaboratore di giustizia punta l’indice contro un sistema, pezzi di magistratura che appartengono a un tempo lontano (il pentito cita l’ex procuratore, nel frattempo scomparso, Alfredo Laudonio, ndr) e che avrebbero «sistemato le cose “per gli amici degli amici”, in particolare per Pantalone Mancuso “Vetrinetta”, nel senso che i pesci piccoli venivano arrestati e quelli grossi la facevano franca». 

«Il dottore Lombardo teneva le carte per sé blindate»

Uno schema che non si è potuto rispettare «per l’operazione “Asterix”», spiega ancora Mantella ai magistrati della Dda di Catanzaro. «In quell’occasione – dice il pentito – cercavamo di restare fuori io, Paolino Lo Bianco, Carmelo Lo Bianco e Francesco Scrugli. (…) “Vetrinetta” ci disse che non era possibile perché il dottor Giuseppe Lombardo (attuale procuratore aggiunto di Reggio Calabria, allora pm della Procura di Vibo Valentia, ndr) teneva le carte per sé blindate». Il tentativo di aiutare gli “amici degli amici” sarebbe stato, dunque, sventato. 

Le accuse di Arena: «Camillò si rivolse a un medico che lavorava nel carcere di Vibo»

Anche Bartolomeo Arena indica Luciano «quale persona – così sintetizzano i magistrati antimafia – a completa disposizione dei sodalizi vibonesi». Il medico, secondo quanto riferisce il collaboratore di giustizia, «nell’ambito delle proprie funzioni di dirigente sanitario della casa circondariale di Vibo Valentia», si sarebbe prestato «a redigere relazioni favorevoli». Il tramite per la rivelazione delle informazioni sarebbe stato Giuseppe Fortuna. Arena racconta il tentativo della famiglia Bellocco di trovare una sponda all’interno del carcere di Vibo Valentia. Sarebbe stato Domenico Camillò, membro dei clan vibonesi vicino alla cosca di Rosarno, a pensare «di rivolgersi allora a un medico che lavorava anche all’interno del carcere di Vibo Valentia e come perito». Si tratterebbe proprio di «Alfonso Luciano, soggetto sempre disponibile con noi; questo mi raccontò direttamente il Domenico Camillò che mi chiese pure di accompagnarlo da questo dottore, cosa che facemmo». In quella circostanza, l’anziano Camillò avrebbe chiesto «di avere un occhio di riguardo» per il familiare dei Bellocco «e di non farlo trasferire in un altro carcere a causa del suo comportamento troppo esuberante». 

I legali di Alfonso: «Da lui comportamento integerrimo»

Luciano, attraverso i suoi legali, ha spiegato nei giorni scorsi di aver saputo da fonti giornalistiche di essere indagato, «senza vedersi notificare alcun atto da parte dell’autorità procedente». Gli avvocati Gianluca Policaro e Alessio Di Prima hanno evidenziano, nella nota, di poter «affermare, senza dubbio di smentita, che il dottor Alfonso Luciano ha sempre espletato le sue funzioni nel pieno rispetto della legge e dei principi che lo contraddistinguono prima come uomo e poi come professionista Medico Legale. Nel suo ruolo di dirigente sanitario del Carcere di Vibo Valentia, esercitato sino a marzo 2022 ha sempre svolto le sue funzioni in maniera integerrima, circostanza facilmente accertabile documentalmente». (ppp)

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