LAMEZIA TERME Chi è Rocco Delfino, alias “U Rizzu”, l’uomo che l’avvocato Giancarlo Pittelli avrebbe cercato di favorire acquisendo per lui informazioni riservate tramite il colonnello Giorgio Naselli?
Secondo le accuse che gli rivolge la Procura di Reggio Calabria (e che la Dda di Catanzaro ha messo agli atti del processo Rinascita Scott), Rocco Delfino, fin dagli anni 80, svolge il «ruolo di luogotenente dei fratelli Rocco Molè e Mommo Molè, fino all’omicidio di Rocco Molè del primo febbraio 2008. Procedere poi alla gestione occulta della “Idea Sud” srl, le cui quote sono poi state poste in sequestro e sottoposte a sequestro di prevenzione. Viene attribuita a Rocco Delfino la condotta di riciclaggio di proventi di attività delittuose, mediante attività usuraria. Viene altresì attribuito a Rocco Delfino di avere effettuato dei pagamenti del consulente tecnico che si doveva occupare della consulenza balistica per conto di Pino Piromalli, detto “facciazza”, capo indiscusso della cosca Piromalli, in quel momento al 41 bis».
Rocco Delfino si sarebbe offerto di versare in nero circa 30mila euro su incarico di Antonio Piromalli, figlio di “facciazza”. La perizia balistica è relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. «Pensate la caratura di Rocco Delfino – dice il sostituto procuratore Annamaria Frustaci nel corso della requisitoria del processo Rinascita Scott – che durante la detenzione al 41bis di Pino Piromalli è destinatario della condotta di aver foraggiato, sostenuto il pagamento, delle sue attività difensive, per un omicidio che ancora non è stato punito e che ha riguardato un magistrato come Antonino Scopelliti».
A Rocco Delfino viene contestato di occuparsi «dell’organizzazione logistica ed economica dei viaggi che dovevano essere effettuati dai familiari di Pino Piromalli detto “facciazza”». Il pm ricorda, inoltre, che Rocco Delfino «teneva i rapporti di rilievo della cosca Piromalli con esponenti di altre cosche o di altre famiglie mafiose, come con Luigi Mancuso ed altri esponenti della famiglia Mancuso di Limbadi, come emerso nell’indagine Rinascita Scott, con esponenti della camorra e con Cosa Nostra».
«Rocco Delfino – prosegue il pm – rappresentava insieme a Domenico Cangemi, all’interno del porto di Gioia Tauro, un referente della cosca dei Piromalli per le estorsioni nei confronti delle ditte operanti nel porto». Col fratello Giovanni, Rocco Delfino è accusato di occuparsi di traffico illecito di rifiuti e della gestione della società “Delfino srl di Giovanni Delfino”. Un personaggio, Rocco Delfino, che, dice il pm, le indagini dimostrano che «arriva ovunque». Capace, sostiene l’accusa, di arrivare anche fino a un tenente colonnello dell’Arma dei carabinieri come Giorgio Naselli che su istigazione di Pittelli avrebbe acquisito notizie ricoperte da segreto d’ufficio per agevolare Delfino.
Ad agosto 2017 ci sono degli incontri conviviali dove Giancarlo Pittelli verrà condotto dal boss Luigi Mancuso. «Dai commenti dei partecipanti a quell’incontro sappiamo – dice il pm – che oggetto dell’incontro è la pratica di Rocco Delfino e di Mimmo Cangemi». «Abbiamo la conferma da parte dello stesso Pittelli – dice Frustaci – che è stato lo stesso Luigi Mancuso a fargli conoscere Rocco Delfino e a segnalarglielo». Ma, secondo l’accusa, quella non fu la segnalazione di un semplice cliente. Esiste, infatti, «un problema che sarà ricorrente», ovvero il fatto che «a fronte della segnalazione di quel mandato difensivo Giancarlo Pittelli renderà conto a Luigi Mancuso». Allo stesso tempo «delle attività difensive di altri suoi assistiti, Pino Piromalli in particolare, Giancarlo Pittelli risponderà a Rocco Delfino». «E’ un modo improprio – asserisce il magistrato – di svolgere l’attività difensiva se non si entra nella logica che non è un mandato difensivo tout court». Secondo l’accusa è un mandato che viene sollecitato da un «capo promotore come Luigi Mancuso» ed è a lui che poi bisogna riferire gli esiti «anziché all’assistito e al cliente con la privacy che è dovuta nella gestione del mandato difensivo».
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