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Il ricordo

Se Enzo Tortora è morto invano

Sono passati 35 anni dalla precoce morte di Enzo Tortora. Aveva 60 anni. Oggi sarebbe abbastanza giovane per i canoni di una società che allunga la sua vita.È morto riuscendo a vedere approvato a …

Pubblicato il: 18/05/2023 – 17:30
di Mario Campanella
Se Enzo Tortora è morto invano

Sono passati 35 anni dalla precoce morte di Enzo Tortora. Aveva 60 anni. Oggi sarebbe abbastanza giovane per i canoni di una società che allunga la sua vita.
È morto riuscendo a vedere approvato a furor di popolo il referendum sulla responsabilità civile dei giudici che Marco Pannella costruì a partire dalla sua assoluzione e Bettino Craxi appoggiò fortemente. Di lì a quattro anni sarebbero stati i magistrati, liberi da ogni condizionamento geopolitico, a spazzare via la Prima Repubblica. Inutile dire che quel referendum fu trasformato in una legge mai applicata.
Se Enzo Tortora è stato mediaticamente il più clamoroso caso di ingiustizia italiana, la sua esperienza politica e la sua morte sono state vane.
A distanza di decenni il garantismo in Italia è un’utopia . Lo è per un sistema che assegna ai magistrati un potere che la riforma Vassalli ha addirittura ampliato e per un collateralismo della stampa, oggi presente in modo ancora più incisivo con i social, che punta ad esaltare l’azione inquirente.
C’è chi ha sempre confuso il garantismo con l’impunità ma c’è chi ha sempre dimenticato le basi costituzionali del diritto e cioè la non colpevolezza fino al terzo grado, l’esposizione al pubblico ludibrio di indagati e imputati, il pre -giudizio che lascia poco scampo a chi è vittima ( come lo fu Tortora) di delazioni difficilmente accettabili.
I pentiti che inchiodarono dal clan Cutolo il presentatore televisivo oggi sono un mantra. La provincia di Cosenza ne detiene forse il record. Sono oracoli di Delphi che non vengono perseguiti mai per calunnia e che addirittura nei primi anni novanta hanno potuto ( da Franco Pino ad Ammaturo) negoziare la libertà assoluta dopo centinaia di omicidi orditi.
Leggi come la Severino, passate al vaglio del giudizio costituzionale, hanno legittimato il pregiudizio. Ciò è avvenuto per un fatto semplice: nel frattempo la politica è morta. Quella che resta si è fatta invadere abbondantemente dal potere giudiziario, con buona pace di chi sogna ancora una divisione equa.
Un giudice, più di prima, è un autentico regnante. Dispone della vita di altre persone senza avere il problema di un rischio professionale. Di casi Tortora ne abbiamo avuto tanti ancora e ancora di più ne avremo. La custodia cautelare non viene limitata, la responsabilità civile rimane un sogno, non si riesce a far capire che l’azione giudiziaria deve colpire esclusivamente i reati senza porsi obiettivi etici o rivoluzionari. Se Tortora tornasse in vita rimarrebbe deluso. Il suo sacrificio, che forse agevolò la sua morte, è servito a poco. Gli italiani nel tempo si sono impoveriti e aspettano con più rabbia la forca. Chissà che un futuro migliore non si compia. Per dare alla magistratura ciò che le spetta dalla Costituzione. E per non renderla pericolosamente capace di invadere territori che non le appartengono.

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