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Lo scontro

Servizi socio-assistenziali, Terzo settore sul piede di guerra contro la Regione: «Senza correttivi, pronti alla battaglia»

Missiva del portavoce delle associazioni, Squillaci ai vertici regionali: «Si rischia la paralisi dell’assistenza ai più fragili»

Pubblicato il: 18/05/2023 – 11:33
Servizi socio-assistenziali, Terzo settore sul piede di guerra contro la Regione: «Senza correttivi, pronti alla battaglia»

CATANZARO «Rischiamo la paralisi dell’intero sistema di offerta di servizi essenziali per migliaia di cittadini calabresi». È quanto denuncia il portavoce del Forum del Terzo Settore Luciano Squillaci che ha inviato una missiva al governatore Roberto Occhiuto, all’assessore Regionale alle Politiche Sociali Emma Staime. al dirigente Generale del Dipartimento Lavoro e Welfare Roberto Cosentino, alla dirigente del Settore Politiche Sociali Saveria Cristiano e al responsabile responsabile del Procedimento Giovanni Benito Latella. Una missiva in cui si denuncia «formalmente» le «enormi problematiche che sta incontrando sui territori l’applicazione del Regolamento 22, anche a seguito dell’introduzione delle modifiche di cui alle DGR 669 e 735 del dicembre 2022».
«Abbiamo sempre ritenuto doveroso da parte nostra, mantenere un atteggiamento collaborativo – scrive Squillaci – volto alla risoluzione dei problemi, e ci siamo resi disponibili per condividere possibili soluzioni e percorsi applicativi. Ora però siamo davvero preoccupati considerando che le questioni emerse in questi mesi non sono state affrontate, né tantomeno risolte, e che anche il percorso per le modifiche, assolutamente necessarie, del Regolamento e degli allegati sembra procedere a rilento mentre la scadenza del 30 settembre per l’adeguamento delle strutture socio-assistenziali incombe sempre più vicina». Per Squillaci, «procedendo così è probabile l’implosione ben prima della scadenza di settembre, considerando che ad oggi solo alcuni ambiti hanno sottoscritto le convenzioni con gli enti del terzo settore che erogano i servizi e che, nonostante siamo ormai quasi a giugno, non solo non è stato pagato nulla per le prestazioni rese nel 2023, ma allo stato non è neanche possibile fatturare i servizi con la conseguenza di non poter procedere con eventuali anticipazioni bancarie».
«Peraltro appare appena il caso di segnalare che – aggiunge il portavoce del Terzo settore – già le strutture sono in enorme difficoltà avendo crediti relativi agli anni 2021 e 2022 rispetto ai quali la Regione non ha ancora provveduto ad inviare i saldi agli ambiti territoriali perché non ancora complete le rendicontazioni degli Uffici di Piano preposti».
Secondo Squillaci è «una situazione paradossale ed ormai insostenibile».
«A tutto ciò concorre poi – evidenzia – una notevole difficoltà (e conseguentemente una pericolosa difformità) interpretativa da parte degli ambiti relativamente alle norme regolamentari ed in particolare agli aspetti amministrativi, rendicontativi e della compartecipazione utenti. E certamente non hanno giovato, sino ad oggi, le circolari esplicative inviate dalla Regione, che peraltro non si è ritenuto di inviare, neanche semplicemente per conoscenza, allo scrivente organismo di rappresentanza che avrebbe forse potuto contribuire a facilitare alcuni percorsi».
«In particolare enorme confusione ha creato l’interpretazione sulla domiciliazione superiore a due anni – dice Squillaci – degli utenti nelle strutture residenziali che porterebbe con sé l’obbligo di pagare la retta all’ambito dove insiste la struttura, mentre di contro la L.R.23/03, come è noto, stabilisce chiaramente che debba essere sempre il territorio di residenza formale a doversi fare carico delle spese. Dovunque sia la verità, sappiamo solo che al momento alcuni ambiti si regolano in un modo ed altri in modo diametralmente opposto, con ogni conseguenza facilmente immaginabile».
«Così come, in tema di compartecipazione – prosegue nella missiva – è stata inoltrata agli ambiti proprio in questi giorni una circolare (anche questa non inviataci neanche per conoscenza) con la quale sarebbe stata chiarita la formula di compartecipazione da applicare ai servizi, chiarendo anche la questione dei centri diurni. Ad una veloce lettura però verifichiamo che, nonostante lo abbiamo sollecitato più volte, non si è ritenuto di chiarire da quale data debbano farsi decorrere i famosi 180 giorni durante i quali minori, donne in difficoltà e vittime di violenza non compartecipano alla retta. Un limite temporale che già è sconcertante per il fatto stesso che sia stato posto (considerando, come più volte ribadito, aberrante una norma che obblighi la compartecipazione per queste tipologie di utenza) e che i diversi Uffici di Piano interpretano in modo assolutamente discrezionale. Così come ci sembrano presenti alcuni errori nel foglio di calcolo allegato alla circolare sulla compartecipazione (si veda in particolare la colonna “importo retta mensile” ed il collegamento con il reddito, che non rende applicabile la formula)».
«Infine, ma non certamente ultimo – denuncia ancora Squillaci – si contesta con determinazione l’idea di imporre di versare l’indennità di frequenza per i minori nei centri diurni. Rammentiamo che detta indennità, introdotta dalla L.289/1990 ha la finalità di offrire un sostegno al reddito delle famiglie in concomitanza con i periodi in cui sostengono spese per la frequenza di una scuola o di un centro specializzato per il trattamento terapeutico riabilitativo o sociale. Obbligare le famiglie a versare l’intera indennità di frequenza a titolo di compartecipazione ci sembra assolutamente iniquo, trattandosi in tal caso di spesa totalmente difforme dal motivo per cui viene concessa l’indennità stessa».
«Per quanto poi riguarda la questione delle modifiche del Regolamento 22 – evidenzia ancora Squillaci – nonostante l’apprezzabile iniziativa di istituire un apposito tavolo tecnico, al quale stiamo dando il nostro fattivo contributo, ad oggi ci sembra che stiamo accumulando un enorme ritardo. Precisiamo che le modifiche sono indispensabili al fine di consentire l’adeguamento delle strutture ai requisiti richiesti, atteso che, com’è noto, al momento le tariffe previste non coprono neanche i costi correnti di gestione che si è obbligati a sostenere in ragione delle previsioni regolamentari».
«Peraltro tale situazione di incertezza – è detto nella lettera – rischia di paralizzare anche gli ambiti che oggi si trovano a dover rispondere ad istanze autorizzative con i requisiti attualmente previsti dal Regolamento, pur sapendo che tra qualche mese gli stessi potrebbero variare. Da ultimo segnaliamo poi, per l’ennesima volta, che la riforma di un welfare come quello calabrese, ingessato su un sistema antico di strutture più che di servizi e prossimità, non si può fare a costo zero».
«Sapete molto meglio di noi – prosegue il portavoce – avendo lo stesso Dipartimento richiesto più volte un intervento della Giunta e del Consiglio Regionale, che sono necessari almeno altri 10 milioni di euro annui per garantire a regime il sistema integrato di interventi e servizi sociali, senza i quali non ci sono i presupposti per consentire neanche la continuità degli interventi già in atto. Tali essendo i fatti, con la presente chiediamo a ciascuno dei destinatari, per quanto di competenza, di procedere con immediatezza alla convocazione del tavolo tecnico regionale, teso ad affrontare le problematiche sopra descritte».
«In ogni caso, pur mantenendo responsabilmente la nostra disponibilità alla collaborazione per la soluzione tecnica dei problemi – conclude nella missiva Squillaci – anticipiamo sin da ora che in assenza di adeguato riscontro porremmo in essere tutte le necessarie azioni di tutela dei diritti dei cittadini più fragili e degli stessi Enti del Terzo Settore, sia in termini giudiziali, ove necessario, si di sensibilizzazione e protesta non violenta».

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