BOLOGNA Udienza speciale oggi per il processo Bergamini, trasferitosi eccezionalmente da Cosenza a Bologna per ascoltare alcuni testimoni chiave della vicenda. La prima ad essersi sottoposta alle domande del pm Luca Primicerio, degli avvocati di parte e della Corte d’Assise presieduta da Paola Lucente, è stata Donatella Borea, fidanzata, dal 1980 al 1985, del calciatore del Cosenza calcio morto a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989. Quando Bergamini fu ingaggiato dal Cosenza, i due continuarono a restare legati, ma non durò molto. «Denis – ha ricordato oggi Borea – mi raccontò di aver conosciuto una ragazza di nome Isabella e che si erano messi insieme. Dopo uno o due anni, mi disse che il loro rapporto era terminato perché non andavano d’accordo. Mi confidò che lei era innamorata e lo opprimeva, ma non lui non voleva più saperne». L’ultima volta che Donatella Borea vide Bergamini, fu in occasione del compleanno della nipote del calciatore, Alice, il 13 novembre 1989, esattamente 5 giorni prima della tragedia di Roseto. «Comprammo insieme il regalo della bambina, era sereno, a Cosenza diceva di trovarsi bene. Pochi giorni dopo mia madre mi informò della sua morte. Denis era un ragazzo solare, non ho mai creduto al suicidio».
Dopo Borea è stata la volta di Assunta Trezzi, zia dell’unica imputata del processo Isabella Internò, che vive da sempre a Torino. Nel 1987 ospitò la nipote, incinta di cinque mesi e mezzo, e Denis Bergamini nella sua casa. «Ho visto Bergamini soltanto quella volta – ha affermato la donna –, si sono presentati a casa senza preavviso. Una volta entrati, mi chiamò la sorella del ragazzo (Donata, ndr) chiedendomi cosa avessero deciso di fare con il bambino. Solo in quel momento Isabella mi ha rivelato di essere incinta e di non voler tenere il bambino nonostante il ragazzo le dicesse che era pronto a riconoscerlo e a sposarla. Ma Isabella era decisa ad abortire, si sentiva troppo giovane per avere un figlio». Una dichiarazione questa, che ha portato la presidente di Corte Paola Lucente a domandare alla teste come mai Bergamini avrebbe parlato di riconoscimento del figlio se era comunque pronto a sposare la ragazza. «Non ha parlato proprio di riconoscimento – ha risposto Trezzi – ma che sicuramente avrebbe voluto sposare mia nipote e tenere il bambino. Dopodiché mi hanno detto che era già stato tutto organizzato per l’aborto». Anche questa dichiarazione ha portato la presidente a formulare una nuova domanda alla donna: «Perché, se era già tutto organizzato, sono venuti da lei a Torino?». «Io – ha replicato Assunta Trezzi – avevo solo il compito di dire a mia sorella (Concetta Tenuta, madre di Isabella Internò ndr), nel caso li avesse cercati, che i due ragazzi erano da me. Isabella non voleva che parlassi con nessuno dell’aborto, mantenni la parola data fino alla riapertura del caso. Ne parlai prima con mio fratello, poi, nel 2018, quando è morta mia madre, l’ho detto anche a mia sorella Concetta». Sul particolare, mai emerso prima d’ora, di Bergamini che sarebbe stato disposto a sposare senza problemi Isabella Internò, è tornato l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo. «Questo – ha affermato il legale rivolgendosi alla testimone – è un processo che si è sempre basato sull’assunto che Denis non volesse sposare Isabella, è un aspetto di cui si è parlato ripetutamente in 34 anni. Oggi, invece, lei dice che Denis voleva sposare Isabella. Come mai in tutti questi anni non ha mai sentito l’esigenza di dire a tutti che si sbagliavano?». Questa la risposta di Trezzi: «Non mi è mai stato chiesto e poi perché avrebbero dovuto credermi?».
In aula sono state fatte ascoltare anche alcune intercettazioni telefoniche. La prima tra Assunta Trezzi e la madre, Francesca Siciliano, risalente al maggio 2013, immediatamente successiva alla convocazione delle due donne in Procura a Castrovillari. In quella conversazione si raccomandano entrambe di non avere contatti con Concetta Tenuta e con sua figlia Catia. «Mia madre – ha provato a chiarire la donna – era molto preoccupata per me, mia figlia era morta da poco e mio marito stava male». Da un’altra intercettazione, sempre del maggio 2013, tra la donna e la nipote Catia (sorella di Isabella), emerge un altro dettaglio ambiguo. Catia dice infatti alla zia di non essere stata informata della loro deposizione in Procura. «Queste cose – afferma la ragazza – dovete dircele prima». Da una nuova intercettazione, ancora del maggio 2013, tra la testimone e una sua amica di nome Laura, viene fuori l’argomento aborto e l’organizzazione del viaggio a Londra. L’amica dice che i biglietti per Londra sono stati acquistati da Assunta Trezzi, quest’ultima nega ed evidenzia che tutto è stato organizzato in precedenza per poi aggiungere: «I telefoni potrebbero essere sotto controllo». Quando alla donna è stato mostrato in aula il biglietto, trovato nel portafogli di Bergamini, della clinica di Londra con sopra scritti i suoi numeri di telefono, non ha saputo dare una spiegazione.
L’ultimo testimone di giornata è stato Maurizio Lucchetti, compagno di squadra di Bergamini a Cosenza. Accompagnato coattivamente in aula, l’ex calciatore del Cosenza negli anni ’80 ha parlato a lungo di Isabella Internò. «Era gelosa e possessiva – ha detto – voleva sempre sapere dove si trovata Denis. Chiamava a casa mia per chiedere informazioni sui suoi spostamenti. Dell’aborto credo di aver saputo da qualche compagno di squadra e ne ebbi conferma successivamente da mia moglie (Tiziana Rota, ndr) e da Donata, sorella di Denis. Una decina di giorni prima della tragedia, scesi a Cosenza con mia moglie e incontrai Denis, mentre Tiziana vide Isabella, visto che erano amiche. Rientrando a Vietri, Tiziana mi disse che non stavano più insieme e che Isabella le aveva detto che lo avrebbe preferito morto piuttosto che saperlo con un’altra. Isabella le chiese poi di cambiare discorso appena vide i suoi cugini. Le rivelò che se avessero saputo che Denis l’aveva lasciata, l’avrebbero ucciso». Lucchetti e Rota, circa dieci giorni dopo la morte di Bergamini, ospitarono nella loro casa di Salerno, Isabella Internò. «Cercavamo di farla distrarre – ha ricordato l’ex calciatore –, lei voleva sapere continuamente se credevamo al suicidio di Denis. Diceva che si era buttato sotto il camion e voleva essere creduta. Nei giorni seguenti il suo comportamento mi sembrò inappropriato. Uscì con Carmine Della Pietra. Da quella volta non la sentimmo più per un paio di anni, fino quando chiamò mia moglie Tiziana per dirle che avrebbe voluto raccontarle una cosa su Denis ma in quel momento non poteva farlo perché non era sola. Non la sentimmo più». Lucchetti si è innervosito quando il pm Primicerio gli ha chiesto informazioni sulla paura della moglie a rilasciare dichiarazioni. «Mia moglie – ha detto – dovete lasciarla stare, non sta bene. Ha già detto quello che doveva dire vent’anni fa». L’avvocato Anselmo ha chiesto infine a Luchetti se ricordasse una telefonata intercettata tra lui e il giornalista di Quarto Grado (Rete 4) Remo Croci. Una telefonata in cui ad un tratto interviene anche Tiziana Rota che dice: “Da quanto ho visto i due cugini ho paura, non ho detto tutto”. «Sì – ha confermato l’ex calciatore – ricordo le parole di mia moglia». Domani verrà ascoltata a Crema, in udienza protetta, proprio la moglie di Lucchetti, Tiziana Rota. Nei giorni scorsi la donna, attraverso una lettera spedita dalla figlia alla Corte, aveva espresso il desiderio di non essere ascoltata per via di un «forte carico emotivo» (redazione@corrierecal.it)
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