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Il pane della ‘ndrangheta: i prezzi decisi da un “cartello” di aziende in mano alle cosche

La geopolitica mafiosa nelle aree di distribuzione. La Dda di Catanzaro svela il “sistema” che abbatte la concorrenza nel Vibonese

Pubblicato il: 21/05/2023 – 10:27
di Pablo Petrasso
Il pane della ‘ndrangheta: i prezzi decisi da un “cartello” di aziende in mano alle cosche

VIBO VALENTIA I clan del Vibonese puntavano a «impadronirsi di interi settori economici che abbracciano le catene di “grande distribuzione” a livello provinciale, ma anche extra provinciale». Tra le branche in una holding criminale che abbraccia tutta l’economia della provincia c’è spazio per imprese che divengono «una vera e propria proiezione delle logiche criminali in campo commerciale». L’inchiesta “Maestrale Carthago”, firmata dai pm della Dda di Catanzaro – il procuratore capo Nicola Gratteri e i pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Giuseppe Buzzelli – svela «l’esistenza di un vero e proprio “cartello” della distribuzione e vendita del pane gestito totalmente da attività commerciali riconducibili a esponenti della criminalità organizzata». Tanto per cominciare, «la suddivisione territoriale dei destinatari dei prodotti (acquirenti) non è assolutamente frutto di un regime di libera concorrenza» ma «è oggetto di una specifica ripartizione fatta ex ante dalle strutture criminali, che in virtù dell’adesione alla ‘ndrangheta, riescono a saturare il mercato secondo precise logiche di fissazione prezzi e definizione del mercato». Niente concorrenza, ci pensa la ‘Ndrangheta a regolare i rapporti. 
Sarebbe la ‘ndrina di Calabrò e Mileto, che fa capo alla famiglia Mesiano, la principale attrice in questo segmento del business mafioso. I Mesiano, appuntano i magistrati antimafia, «ormai da tempo si sono inseriti nel settore imprenditoriale del pane e derivati mediante alcuni “forni” aperti sia nella zona di Mileto sia nella Brianza». E la «condotta intrapresa» nel settore evidenzierebbe «una vera e propria gestione mafiosa dell’imprenditoria azzerando la concorrenza con i metodi tipici delle organizzazioni criminali». 

Le attività legate alla ‘ndrangheta tra Vibo e la Brianza

Quasi per caso, nell’inchiesta per l’omicidio di Salvatore Battaglia – 21enne ucciso a colpi di pistola nel settembre 2019 – emergono gli interessi dei clan per l’affare della panificazione. Anche la locale di Piscopio avrebbe messo gli occhi e le mani sul pane. I familiari di uno dei presunti sodali sono proprietari di un piccolo panificio. Quando un ristoratore non paga, il parente vicino alla ‘ndrina pensa a far valere i propri diritti con la violenza. «È da luglio che questo porco di merda non paga il pane! Non hai capito che oggi “abbusca”! […] adesso un bastardo di questo no… che a noi ci ha sempre pagati con assegni della posta intestati alla moglie. Adesso ci da un assegno della Bnl, che è tornato indietro […] questo dice che sono di un battesimo». 
Dieci anni fa, nel 2013, il camionista Angelo Antonio Corigliano muore – secondo la ricostruzione della Dda – dopo essersi rifiutato di perpetrare un danneggiamento a un supermercato di Ricadi i cui titolari avevano interrotto la fornitura del pane. Francesco Mesiano, ritenuto tra i vertici del clan di Mileto, viene individuato «come autore del reato di estorsione» in concorso con Giuseppe Mesiano, poi assassinato. I Mesiano sono accusati nell’inchiesta “Maestrale-Carthago” di aver costretto il proprietario di due ristoranti – uno a Mileto, l’altro a Pizzo – ad acquistare il loro pane. In cambio, limprenditore sarebbe stato protetto dalle pretese estorcevi delle cosche della zona. Le intercettazioni, secondo le valutazioni degli inquirenti, «evidenziano come il business del pane sia gestito da un vero e proprio cartello criminale, mediante il quale vengono ripartite le zone di vendita in relazione ad accordi criminali intrapresi dalle strutture di ‘ndrangheta operanti nei diversi territori». 
Sono otto, una delle quali a Monza, le attività commerciali cerchiate in rosso dagli investigatori. Che evidenziano una conversazione nella quale emergono le linee guida economiche del “cartello”, la cui preoccupazione principale è quella di vedere rotti gli accordi che reggono il settore. 

Un chilo di pane a un euro: l’offerta che «rompe il sistema»

Capita quando un’azienda della grande distribuzione arriva nel Vibonese e decide di abbattere il prezzo del pane, fissandolo per alcuni giorni a un euro. Pasquale Mesiano è risoluto: «Sto vedendo di impostare, di vedere di bloccarla questa cosa, di non farla partire per niente». La conversazione «verte proprio sulla gestione della vendita del pane effettuata di comune accordo con i referenti delle strutture criminali e la fissazione di un prezzo di cartello che nella provincia di Vibo Valentia è 2,50 euro al chilo». Il nuovo supermercato, che ha sede a Pizzo, disconosce il “Sistema Vibo” e ha messo in promozione il pane a un euro per nove giorni. Si apre una digressione storica che narra di tensioni tra cosche: le sfere di influenza sulla panificazione non sono meno delicate di quelle sulle estorsioni. Perché, in fondo, si parla della stessa cosa, di un territorio da controllare. In particolare, il pane sarebbe un bene dal prezzo intoccabile. «Il pane nella provincia di Vibo non si può toccare. Toccate quello che vuoi… toccate la pasta, la birra, tocca quello che vuoi» ma il non il pane, rievoca Mesiano riferendosi ai contrasti con un’azienda del “cartello”. Ne sa qualcosa anche un imprenditore di Cosenza, che avrebbe provato a vendere a prezzi diversi da quelli stabili da una struttura criminale che avrebbe avuto legami anche a Lamezia. È sempre Mesiano a dire che «hanno preso, come panificio, appalti di fornitura anche su Lamezia Terme praticando il prezzo di 2,50 euro al quale nessuno ha mai avuto nulla da ridire anche nei colloqui che ha avuto con le famiglie Giampà e Torcasio». E se si riesce a mettere d’accordo due storiche famiglie di ‘Ndrangheta figuriamoci se non si può provare a bloccare una promozione commerciale
Basta poco – almeno in teoria – al “cartello”: è sufficiente contattare il gestore del panificio con il quale è stato chiuso l’accordo al ribasso e spiegargli che certe cose non sono permesse. L’ultimo passaggio tocca all’azienda della “grande distribuzione”. Che si mostra recalcitrante e cerca ugualmente di vendere a 90 centesimi al chilo. «Che rompiamo la provincia di Vibo», dice preoccupato il solito Mesiano. In effetti, dopo la vendita promozionale, «alcuni panifici – contravvenendo alle regole sul prezzo imposto – cercheranno di vendere il pane a 0,90 centesimi, scatenando le ire di Mesiano» che non ha parole dolci per chi si adegua alle nuove condizioni. Le regole del mercato paiono prevalere, per questa volta. Ma il clan è pronto a riprendersi tutto. Basta saper aspettare. (p.petrasso@corrierecal.it)

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