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la riflessione

La città che ha smesso di sognare

Potrebbe essere il titolo di una fiaba. E’ lo smarrimento che pervade la città capoluogo, designata a essere guida istituzionale e amministrativa di una Regione frammentata in meschine localistich…

Pubblicato il: 21/05/2023 – 17:18
di Silvia Marino
La città che ha smesso di sognare

Potrebbe essere il titolo di una fiaba. E’ lo smarrimento che pervade la città capoluogo, designata a essere guida istituzionale e amministrativa di una Regione frammentata in meschine localistiche rivalità. L’assenza di altre certezze, in questi giorni, fa sperare che il calcio possa miracolosamente rappresentare il punto di rottura di consolidati schemi sociali. E costringe ad interrogarsi sulle peculiarità della città.
I ricordi del passato si intrecciano con le speranze per il futuro.
Si rincorrono nella mente i ricordi di bambina. Le domeniche allo stadio, le faticose scalinate della città fatte di corsa, le auto parcheggiate ai margini dei quartieri periferici.
Poi accorgersi che, nonostante siano passati alcuni decenni, nulla è cambiato.
E’ ancora domenica, le scalinate non si fanno più di corsa, ma con il fiato corto regalato dagli anni in più, le auto sono parcheggiate in quartieri sempre più lontani e irraggiungibili.
Quello che dovrebbe essere un momento di gioiosa condivisione, diventa una fatica fisica.
E poi ci sono le emozioni, sempre forti, mai sopite nonostante le delusioni cocenti degli ultimi vent’anni. Eppure qualcosa in città non va. Appare silente, appassita, comoda. Particolarità delle città con prevalente status impiegatizio.
Impegnata in dispute identitarie inutili e superate sulla localizzazione dello stadio, che sarà costruito altrove, laddove gli spazi garantiranno accessibilità ai servizi. Ma silente mentre viene quotidianamente defraudata di spazi e visibilità.
La logistica favorevole ha sempre avuto un peso nello sviluppo di un territorio. Ma non per questa Città, che per paura di distendersi verso il mare, rimane arroccata e solitaria sui tre colli, tragicamente consapevole di aver perso il ruolo che la storia recente le ha assegnato.
Pure oggi, che la politica trova espressione nei più alti livelli istituzionali, appare silente e intorpidita.
Tanto che, anche la sonnacchiosa provincia osserva con preoccupazione alcuni imbarazzati silenzi, che sono il preludio al depauperamento dei servizi che alla stessa fanno capo. E’ il sintomo di una città che ha smesso di sognare.
Pigra. Opportunista. Politicamente sleale. Appiattita verso il basso da un mondo politico succube di consorterie e interessi vari, che attraverso i partiti, ha mischiato gli schieramenti in campo, bruciando personalità di alto profilo che avrebbero potuto aiutare la Città a riconquistare l’identità perduta. Incapace di liberarsi dalle pigre e consolidate abitudini (il favore, la scorciatoia, i diritti truffati). Alla ricerca di opportunismi piuttosto che di opportunità. La città non è fatta solo di politica. Quando questa è inefficace, altre organizzazioni sociali hanno l’obbligo morale di stimolare il dibattito pubblico sulle prospettive future. Fare fronte comune per evitare gli scippi che quotidianamente subisce e sopporta come un corpo inerme.
Non è più tempo di vecchi ricordi e nostalgie. La sfida è costruire ricordi nuovi, nuove possibilità. Abbandonare la comoda pigrizia individualista per fare gioco di squadra. Il calcio ci ha insegnato che c’è sempre un’altra possibilità, che le cose fatte bene portano risultati. Che avere un obiettivo comune è il discrimine per raggiungere ogni traguardo. La città sia all’altezza della squadra di calcio.
Alla fine, il coraggio di riconoscere che qualcosa non va rimane l’unico grande atto d’amore a cui non ci si può sottrarre.

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