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il racconto

Gianluca Congiusta, il suo amore per la vita e per la giustizia. «Ucciso per aver sfidato la ‘ndrangheta» – VIDEO

L’imprenditore di Siderno, morto 18 anni fa, era riuscito sconfiggere la leucemia. La madre: «Aveva tanti progetti. Era un ragazzo d’altri tempi e brillante»

Pubblicato il: 24/05/2023 – 9:55
di Mariateresa Ripolo
Gianluca Congiusta, il suo amore per la vita e per la giustizia. «Ucciso per aver sfidato la ‘ndrangheta» – VIDEO

SIDERNO «Quando i medici gli dissero che aveva quindici giorni di vita mi prese la mano, la strinse forte e mi disse: “Mamma non pensare a loro, noi andremo verso la vita e non verso la morte”».
Un sorriso che risalta in ogni foto, insieme ai suoi occhi buoni, da cui traspariva una gioia di vivere che era aumentata a dismisura dopo essere riuscito a sconfiggere la leucemia fulminante che lo aveva colpito a soli 14 anni. «Un male dal quale Gianluca guarì miracolosamente». Ci racconta commossa la madre Donatella Catalano. Ad uccidere l’imprenditore di Siderno il 24 maggio 2005, all’età di 31 anni, sarebbe stato un male ancora più grande e dalle radici talmente profonde da sembrare a tratti inestirpabile in una Locride che oggi vive di memoria e di sete di verità e giustizia: la ferocia dei clan di ‘ndrangheta.

I progetti e il successo di un giovane pieno di sogni

«Si è aggrappato alla vita e viveva come se fosse sempre l’ultimo giorno. Aveva tantissimi bei progetti. Era un ragazzo d’altri tempi, giovane e brillante». È il ricordo della madre del giovane imprenditore sidernese che, iscritto all’università di Messina, abbandona gli studi per tornare a casa e dare una mano nel negozio del padre che era in grosse difficoltà finanziarie. La tenacia di Gianluca lo porta ad espandere la propria attività. Il 31enne diventa uno dei primi imprenditori di telefonia mobile e in poco tempo fonda la sua azienda, la GC. La sua intuizione è giusta e in poco tempo diventa master dealer per Tim e apre tre negozi: a Siderno, Locri e Marina di Gioiosa.
E poi? «E poi è stata sempre più dura», racconta mamma Donatella. «Aveva sempre il fiato addosso delle persone che non lo lasciavano in pace. Abbiamo avuto rapine a mano armata, abbiamo dovuto chiudere a Locri». Difficile avere successo in un contesto in cui lo strapotere dei clan si impone su chi cerca di emergere con le proprie forze. Lo sapeva bene Gianluca, che aveva comunque deciso di non cedere alle richieste estorsive.

L’intervista

L’omicidio

È la sera del 24 maggio del 2005 e Gianluca sta tornando a casa a bordo del suo maggiolino giallo dopo una giornata di lavoro. Due colpi di fucile – sparati da un’auto con a bordo due uomini – lo raggiungono in pieno uccidendolo. Il suo omicidio lascia rabbia e sgomento in città: il giorno successivo i negozi di Siderno sono chiusi a lutto e su ogni vetrina i commercianti attaccano un manifesto con la scritta “Chiuso perché qualcuno ha rubato la vita a Gianluca”. «Gianluca è stato ucciso perché non si è piegato, perché ha detto no, perché amava la giustizia. È stato ucciso perché ha detto no al pizzo, li ha sfidati completamente», afferma Donatella Catalano. L’omicidio del giovane resterà per tre anni avvolto nel mistero, sarà poi l’inchiesta “Lettera morta” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria a rompere il silenzio che era calato sulla vicenda e contro il quale il padre di Gianluca, Mario Congiusta, aveva protestato organizzando “la marcia del silenzio”. Una lotta, un’indagine e un processo che comunque non porteranno a una verità giudiziaria. Una verità che papà Mario cercherà per 13 lunghi anni, fino all’ultimo dei suoi giorni. Morirà nel 2018 senza ottenerla.

Mario Congiusta, papà di Gianluca

Le indagini e il processo

A finire nel mirino della Dda sono cinque persone del clan Costa. Secondo l’accusa, Gianluca è stato ucciso perché era stato informato dalla sua futura suocera di una lettera arrivata al marito che conteneva richieste estorsive da parte del boss Tommaso Costa. Il 31enne – emergerà dalle indagini – era diventato un testimone scomodo, perché oltre aver suggerito di non pagare, era a conoscenza dei tentativi dei Costa di riemergere a danno del clan Commisso. Nel 2013 viene emessa la sentenza di secondo grado che condanna il boss Tommaso Costa per essere il mandante dell’omicidio di Gianluca, confermando la sentenza di primo grado. Nel 2014 la Corte di Cassazione, però, annulla la condanna per omicidio nei confronti del boss per una questione di legittimità sollevata riguardo alle prove principali del processo: le lettere che il boss aveva inviato dal carcere. Nel 2018 la Cassazione assolve definitivamente Tommaso Costa per l’omicidio del giovane imprenditore. La Suprema Corte, per un vuoto legislativo, ha ritenuto inutilizzabile la prova cardine del processo.

Diciotto anni di dolore

Donatella Catalano, madre di Gianluca

«Gianluca non è morto. Siamo morti noi per il dolore. Lui era la fonte da cui andavamo ad attingere tutte le cose belle della vita». Donatella Catalano è uno dei volti di Libera Locride più attivi su un territorio all’interno del quale l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti lavora con costanza e determinazione. È lei a raccontare la storia di Gianluca, a ricordare il suo amore per la vita e a rivolgersi costantemente ai giovani. «A loro chiedo di camminare insieme a noi, se siamo in tanti non possono farci nulla. A loro dico di aiutare gli ultimi, di essere generosi. Lo dico sempre: la vita è aiutare». (redazione@corrierecal.it)

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