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La riflessione

L’unione tra Comuni e la “mostruosità” legislativa

Una vera “porcata legislativa” è quella compiuta dal Consiglio regionale della Calabria in data 22 maggio 2023 che con un atto d’imperio ha cancellato la preliminare volontà popolare decidente nel…

Pubblicato il: 25/05/2023 – 12:11
di Alfonso Lorelli*
L’unione tra Comuni e la “mostruosità” legislativa

Una vera “porcata legislativa” è quella compiuta dal Consiglio regionale della Calabria in data 22 maggio 2023 che con un atto d’imperio ha cancellato la preliminare volontà popolare decidente nel processo di unificazione tra Comuni. Mentre la legge n.15 del 2006, art.5 comma 3, prevedeva che prima della pronuncia legislativa del Consiglio regionale vi fossero le deliberazioni preventive dei Comuni interessati confermate da referendum, la norma sostitutiva stabilisce invece che i cittadini siano chiamati ad esprimersi sull’unione del proprio Comune con altri soltanto ex-post, dopo la delibera di accoglimento della proposta di legge con la quale si indice anche il referendum consultivo tra tutta la popolazione interessata ma del cui risultato Il Consiglio regionale può anche non tener conto. Così una ristretta oligarchia politica diventa padrona delle sorti e del futuro dei Comuni calabresi, fatto inedito e non previsto in altre legislazioni regionali perché viene annullata la volontà popolare sovrana ex art. 1 della Costituzione. Così la cancellazione di un Comune calabrese potrà avvenire contro la volontà della sua popolazione, proprio come avvenne durante il periodo fascista quando si procedeva alla soppressione di Comuni accorpandoli ad altri limitrofi mediante semplici decreti ministeriali. Ma con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana quei Comuni soppressi durante il fascismo sono stati ricostituiti con legge n.71 del 1953, proprio perché quelle soppressioni erano atti d’imperio e violavano il principio della sovranità popolare di cui all’art.1 della Carta. Il fatto scatenante della porcata legislativa compiuta dal Consiglio regionale della Calabria è l’unificazione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero voluta da Occhiuto e dalla sua corte di Consiglieri eletti nella provincia di Cosenza, anche contro la volontà popolare per come si è espressa nei rispettivi Consigli Comunali. Con la nuova normativa l’unione forzata tra i tre Comuni (la nuova città la chiameranno Co.Re.Ca?) potrà prendere l’avvio legislativo, anche se il processo è lungo e di esito incerto.
È probabile che ad aver spinto la maggioranza consiliare regionale ad attuare questo vero e proprio colpo di Stato antidemocratico sia stata anche la vicenda, ancora in itinere, della proposta di legge Graziano sulla formazione di un nuovo Comune da chiamarsi Temesa risultante dal distacco della frazione Campora dal Comune di Amantea e del suo accorpamento al piccolo Comune di Serra d’Aiello. In sede di discussione e di prima approvazione di detta proposta di legge la Commissione ed il Consiglio hanno messo in atto una procedura decisionale contra legem perché hanno escluso da ogni preventiva consultazione e certificazione il Comune di Amantea, non hanno accertato le condizioni di fatto esistenti accettando come vere quelle scritte dal Comitato scissionista, non hanno considerato il fatto che la popolazione di Amantea a seguito dello scorporo della frazione Campora scenderebbe al di sotto dei 10.000 abitanti, condizione espressamente vietata dalla legge, hanno escluso l’intera popolazione del Comune di Amantea dalla consultazione referendaria riservandola ai soli cittadini della frazione e del piccolo Comune accorpante. Sulla legittimità delle decisioni assunte dal Consiglio regionale si è pronunciato il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (12 gennaio 2023), adito dal Comune di Amantea, invitando il TAR Calabria, che deciderà nel merito il prossimo giugno, a valutare attentamente gli elementi di fatto, la carenza, l’inadeguatezza, l’irragionevolezza delle motivazioni poste a base del procedimento, nonché tutte le norme costituzionali ed ordinarie dirimenti.
Ritengo che il Consiglio regionale della Calabria abbia violato il principio costituzionale fondante della volontà popolare anche alla luce del novellato articolo 133 della Costituzione che nel secondo comma recita: “La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”.
Qui viene riaffermato letteralmente il principio che l’azione legislativa della Regione deve essere preceduta, non seguita, dalla espressione di volontà delle popolazioni interessate; la stessa “analisi del periodo” non lascia dubbi: la Regione, prima sente le popolazioni, poi interviene con sue leggi….; mentre il referendum consultivo si svolge dopo l’avvio dell’iter legislativo, interviene ex-post e non è vincolante. Se è avvenuta, come io credo, da parte del Consiglio regionale della Calabria una violazione della Costituzione, l’intervento dell’alta Corte sembra necessario. Ora è vero che soltanto lo Stato e le Regioni possono ricorrere direttamente alla Corte Costituzionale ma gli altri soggetti interessati (Comuni, Associazioni di cittadini ecc.) possono intervenire in via incidentale. Il ricorso all’Alta Corte va promosso “in via incidentale” nel corso di un giudizio davanti ad un’autorità giurisdizionale (TAR, Consiglio di Stato) che, nel caso in questione, certamente verrà investita da ricorso che uno o più Comuni interessati presenteranno. Durante il processo sia le parti in causa che il giudice a quo possono sollevare questioni di legittimità costituzionale, anche se sulla questione sollevata è sempre il giudice a quo che deve riconoscere la sussistenza dei presupposti fondamentali per l’avvio di una procedura davanti all’Alta Corte, valutando se i motivi addotti sono “rilevanti e non manifestamente infondati”. Le difese della sovranità popolare violata esistono, credo che verranno perseguite e che alla fine la “porcata legislativa” del Consiglio regionale della Calabria incapperà in un “giudice a Berlino”.

*scrittore e storico

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