REGGIO CALABRIA Lucia Di Furia, già commissaria straordinaria dell’Asp di Reggio Calabria, è la nuova direttrice generale della stessa azienda pubblica della salute, nominata di recente dal commissario alla Sanità calabrese, Roberto Occhiuto. Medico chirurgo con specializzazione in Psichiatria e in Oncologia, Di Furia, che vanta un curriculum prestigioso, ha accettato la sfida di dirigere l’Azienda sanitaria provinciale reggina, nota alle cronache nazionali per gravi problemi contabili e per lo scioglimento a causa di infiltrazioni mafiose, disposto nel 2019 e cessato nell’inverno del 2021. Abbiamo dunque intervistato Di Furia, per sapere che cosa stia facendo e come intenda muoversi per riorganizzare i servizi.
Che impressione ha avuto, assunta la guida dell’Asp reggina?
«Di grande confusione e totale disorganizzazione, con segni di abbandono sia per la parte infrastrutturale che per quella tecnologica e professionale. Questi tre elementi, essenziali in ogni azienda, erano stati lasciati un po’ allo scoperto. Tuttavia, ho trovato immediatamente persone disponibili, contente della presa in carico di situazioni ferme da tempo. Ho trovato professionisti che hanno cominciato da subito a impegnarsi, aiutandomi senza indugi. Ovviamente, occorre un lavoro immane, che non può essere immediato. È stato un anno molto duro e mi aspettano altri anni molto faticosi. Però, sono fiduciosa, avendo validi professionisti al mio fianco e anche perché stiamo incrementando le risorse umane, sia in campo amministrativo che sanitario».
Quali sono state le sue prime mosse, diventata commissaria?
«Mi sono preoccupata dell’Ufficio tecnico, che ha un compito fondamentale, anche per portare a terra tutti i progetti del Pnrr. In pratica, era costituito da circa una persona e mezza. Abbiamo quindi introdotto altri professionisti: architetti, ingegneri, geometri. Insomma, ho provveduto a creare una piccola squadra. Chiaramente, le risorse umane che già c’erano hanno dato il massimo, ben oltre il loro tempo, lavorando anche il sabato e la domenica. Ciò perché avevamo traguardi importanti da raggiungere, come il rispetto delle scadenze del Pnrr».
Si riferisce alle future strutture di assistenza territoriale?
«Anche. Circa le nuove strutture, entro marzo siamo riusciti a fare la nostra parte, il che non era scontato. Non è stato facile e l’obiettivo è stato ottenuto a prezzo di notevoli sacrifici degli addetti. Devo dire che c’è stato un impegno collettivo incessante. Sempre riguardo alla parte tecnica, noi abbiamo preso quasi tutto quello che era acquisibile tramite Consip, in quanto a nuovi strumenti. In particolare, abbiamo portato tecnologie innovative. Pertanto, i professionisti in servizio si sono sentiti gratificati per l’acquisto di ecotomografi appropriati, adeguati, moderni, che aiutano a fare diagnosi precise. Ci sarebbero molti altri esempi del nostro gioco di squadra, con cui abbiamo ottenuto risultati concreti in merito alle dotazioni necessarie. Ancora, l’altra scommessa che abbiamo vinto è stata quella dei medici cubani. Grazie alla prontezza del presidente Roberto Occhiuto, noi abbiamo inserito questi professionisti, che si sono integrati molto bene e hanno dato una grossa mano. Ne sono rimasti contenti sia i cittadini che i sanitari italiani che hanno lavorato con loro. Dovevamo dare delle risposte, in un contesto non semplice».
E poi?
«Stiamo cercando nuovi professionisti. Sui nostri siti figurano continuamente bandi di concorso. Poi non tutti vanno a buon fine, perché non vi sono molte professionalità a disposizione. Tuttavia, qualcuno arriva e questo ci consente di far respirare chi è all’interno del sistema. Tenga conto che abbiamo stabilizzato moltissime figure. Avevamo tanti infermieri con contratto a scadenza e li abbiamo assunti a tempo indeterminato. Inoltre, abbiamo finalmente portato a terra gli obiettivi di Piano 2020, che erano rimasti incompleti. Abbiamo pure reclutato i primi infermieri di comunità, 30 per la precisione, che sono un’innovazione e non saranno gli ultimi».
Che cosa state facendo per gli screening della prevenzione?
«Siamo partiti con lo screening per il colon retto, che non era mai stato fatto. Si è trattato di un lavoro massacrante, eppure l’abbiamo terminato. Ora stiamo per avviare lo screening per il papilloma virus e, tra l’altro, abbiamo rivisto l’organizzazione dello screening tradizionale della cervice. In particolare, l’Hpv si fa dai 30 ai 64 anni, il citologico rimane dai 25 ai 29. Per qualche periodo, in passato era stato avviato lo screen della mammella. Adesso stiamo per ripartire anche con quello, ma abbiamo bisogno di tecnici e radiologi, sicché abbiamo bandito dei concorsi e a breve contiamo di reclutare ulteriori tecnici. Mi auguro che tra i prossimi settembre e ottobre si possa ripartire anche con lo screening della mammella».
Che cosa può dire, invece, riguardo alla ricognizione del debito aziendale?
«È un lavoro colossale, che ci sta prosciugando risorse mentali e professionali. In proposito, ci siamo dotati anche di ulteriori professionisti e altri ne stanno arrivando. Peraltro, stiamo portando avanti un grande lavoro per il bilancio, per cui abbiamo avuto una proroga di 30 giorni. Stiamo canalizzando le risorse amministrative per centrare l’obiettivo entro il 30 giugno. È una grande sfida e, insieme, una possibilità straordinaria per l’Asp di Reggio Calabria; la quale, dopo tanti anni, ha il suo direttore generale, benché l’azienda versi ancora in una situazione molto scompensata».
Lei è da pochi giorni direttore dell’Asp di Reggio Calabria, che ha avuto anni difficili, specie per lo scioglimento a causa di infiltrazioni mafiose.
«Come può immaginare, ho una responsabilità enorme, perché non ci sono scuse per non portare a compimento il risanamento di questa azienda sotto tutti i punti di vista. Quanto si fa – per gli uffici tecnici, le apparecchiature, l’incremento dei professionisti, la predisposizione del bilancio e la ricognizione delle esigenze – ha un solo scopo: garantire ai cittadini buoni servizi, sanitari e sociosanitari. C’è un impegno collettivo per dare al territorio reggino le risposte corrette».
Quali sono le priorità?
«Anche rivedendo un po’ il sistema organizzativo, lavoreremo molto presto sui poliambulatori, per rivederne la collocazione geografica e anche per assicurare le professionalità occorrenti. Noi sappiamo che i poliambulatori sono previsti nelle Case della comunità. Le sedi dovranno essere ulteriormente rinforzate, se sottodimensionate in termini di risposte sanitarie. Insomma, le cose da fare sono tantissime, pure a livello infrastrutturale. Siamo operativi, ad esempio, per il Pronto soccorso di Polistena, ormai diventato famoso. Circa gli altri Pronto soccorso, stiamo lavorando per rimetterne in fila alcuni rimasti indietro sul piano strutturale. Anche lì, stiamo facendo piccoli innesti e migliorie, cioè azioni importanti. Ancora, stanno arrivando mammografi e Tac, quindi dobbiamo mettere a terra il necessario. Abbiamo bisogno di professionisti che utilizzino queste nuove macchine. Ciò vuol dire distribuire meglio le sedi nel territorio, in modo da fornire risposte di qualità».
Che cosa è cambiato con la nomina a commissario governativo del presidente della Regione Calabria?
«Credo che sia un momento straordinario per la Calabria. Io vengo da fuori, però mi sento un po’ adottata, ormai. Il fatto che il presidente Occhiuto abbia preso a cuore la sanità fa la differenza. Guardi, partecipo a diverse riunioni regionali. Posso testimoniare che il presidente c’è sempre, quando si affrontano le questioni più importanti. Nello specifico, lui vuole sapere, vuole capire, vuole conoscere, è sul pezzo e tiene tutto il controllo della “filiera”. L’altro aspetto, non mi stanco di dirlo, è che il presidente Occhiuto, come aveva assicurato, evita che venga gente a chiedere favori di sorta. Da me non è mai venuto nessuno a chiedere piaceri. Ciò fa onore al presidente della Regione e prova che le cose sono cambiate».
Dottoressa, che cosa l’ha spinta a venire in Calabria?
«Mi piacciono le sfide. Avevo finito la mia esperienza regionale nelle Marche nutrivo il desiderio di un’esperienza di gestione. In un’amministrazione regionale si fa una programmazione più elevata, di più alto profilo. Allora volevo mettermi in gioco su un altro terreno. Quando è capitata l’occasione di venire a Reggio Calabria, non ho avuto titubanze e ho subito accettato la sfida, che non non immaginavo così complessa. So bene che è un sacrificio per la vita privata, ma a me piace il lavoro e sono abituata a risolvere i problemi».
Che cosa mi dice, invece, riguardo al discusso nuovo ospedale della Piana di Gioia Tauro?
«Nella settimana scorsa, abbiamo fatto un incontro proprio sul nuovo ospedale della Piana. Le questioni rimaste in sospeso sono state finalmente risolte. Alludo a quelle preordinate, indispensabili per ragionare sul nuovo ospedale. Ora il pallino è nelle mani della Regione. Noi siamo a disposizione per quanto riguarda le attività da compiere, quando saremo chiamati in causa. Mi sembra un dato incontrovertibile che la realizzazione di questa struttura stia prendendo piede. Io mi auguro che avvenga. Purtroppo, si sono persi molti anni. Tuttavia, io non penso al passato. Preferisco guardare al futuro, con tutta la squadra che mi circonda e mi aiuta ogni giorno».
A proposito del futuro, lei che Asp immagina oggi per domani?
«Un’azienda che dia risposte migliori ai cittadini. Immagino un’azienda moderna, in cui si faccia ricerca. Immagino un’azienda che si proietti in Europa, immagino una bella azienda. Oggi ci sono le condizioni perché sia così».
Quali sono i suoi auspici, sia per i prossimi mesi che per i prossimi anni?
«Di portare a casa gli obiettivi. Questo è il mio desiderio, per cui lavoro con vivo ottimismo». (redazione@corrierecal.it)
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