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L’intervista

«Il Terzo settore può aiutare la Calabria nelle sue (tante) emergenze»

La Fondazione per la sussidiarietà presenta il rapporto sulle proprie attività. L’anticipazione di Antonio Saladino (Il Sud già e non ancora)

Pubblicato il: 05/06/2023 – 11:04
di Emiliano Morrone
«Il Terzo settore può aiutare la Calabria nelle sue (tante) emergenze»

RENDE Il prossimo martedì 6 giugno la Fondazione per la sussidiarietà presenterà il rapporto sulle proprie attività al President Hotel di Rende. All’iniziativa, con inizio alle ore 17,30, interverranno: il presidente della stessa fondazione, Giorgio Vittadini; il vescovo Francesco Savino, vicepresidente della Cei; Giuseppe De Mita, responsabile del Nucleo di verifica degli investimenti pubblici della Regione Campania; il professore dell’Università della Calabria Guerino d’Ignazio, onorario di Diritto pubblico comparato; Simona Loizzo, deputata e componente, a Montecitorio, della commissione Cultura; Francesco Alimena, portavoce del Comitato area storica di Cosenza; Roberto Barletta, presidente della fondazione antiusura San Matteo Apostolo; Michele Monaco, presidente dell’Ente nazionale bilaterale ambiente e sicurezza; Giovanni Romeo, direttore del Banco alimentare della Calabria, e l’ex deputato Francesco Sapia. Ne parliamo con Antonio Saladino, presidente dell’associazione “Il Sud già e non ancora” e moderatore del dibattito previsto.

Che cosa è la sussidiarietà?
«Più che dare una definizione formale del termine, vorrei chiarire che cosa è la cultura sussidiaria. Viviamo in un tempo di profondi e continui cambiamenti, nel quale va superato il sistema del neoliberismo, dentro cui si indeboliscono i legami sociali, si delegittimano i corpi intermedi e avanza l’individualismo possessivo legato al mercato e all’istinto patologico dei consumi. Nel contesto, la cultura sussidiaria è una risposta concreta alla frammentazione sociale e all’isolamento delle persone; è proprio alternativa al capitalismo, che crea diseguaglianze e danneggia l’uomo e l’ambiente. Le attività culturali e formative, che sono la base della sussidiarietà, diventano allora strumenti fondamentali per accrescere la consapevolezza e la capacità delle persone. Oggi bisogna essere preparati alle sfide della modernità, sempre più complesse. Conoscenza e competenza sono fondamentali, altrimenti ci saranno spesso situazioni anomale nel sistema pubblico; come, per usare una metafora, l’autobus che passa alle 2 di notte e non alle 9 del mattino, quando invece serve».

Perché il volontariato è tenuto in considerazione soltanto nelle emergenze, come la pandemia ha mostrato ancora una volta?
«Perché in generale abbiamo una memoria labile. Ci ricordiamo del volontariato solo di fronte all’emergenza; vedi la vicenda Covid, vedi la vicenda terremoto, vedi la vicenda ultima delle alluvioni in Emilia-Romagna. È evidente che, senza l’azione del volontariato, molte situazioni non si potrebbero affatto risolvere. In più, il tema della sussidiarietà si capisce molto nell’ambito sanitario, nel quale è venuto meno il concetto della compassione. Senza un’azione compassionevole da parte dei medici, da parte degli infermieri, da parte dei volontari, gli ospedali e i pronto soccorso diventano un inferno per le persone».

Che cosa può significare la sussidiarietà per le regioni con grandi difficoltà come la Calabria? Quali ne sono i principali ambiti di azione?
«Per una regione come la Calabria, purtroppo ultima per quanto riguarda il Welfare, ci sono una serie di azioni. Una, impressionante, è il Banco alimentare, che in Calabria assiste più di 40mila famiglie in stato di povertà, fornendo gli alimenti a chi ha bisogno. Questa è un’azione che va rafforzata, specie in Calabria. Quindi, questo è il primo tema. Il secondo, poi, è il tema della sanità, nel senso che esiste tutto un lavoro da fare, sia sugli ospedali, sia sulle case per anziani, sia sulla medicina del territorio. Ad esempio, gli ambulatori solidali svolgono un lavoro eccezionale che oggi le strutture pubbliche non riescono più a portare avanti. Per la tutela della salute non ci si può affidare totalmente allo Stato, nel sistema dominante del libero mercato. Esiste il Terzo settore, che è la sussidiarietà, che funziona da cinghia di trasmissione per avvicinare le persone, per aiutarle a soddisfare i loro bisogni».

Sussidiarietà, solidarietà e cristianesimo. C’è un nesso forte?
«Anche nel Parlamento europeo, in cui vi è una grande tendenza al laicismo, hanno capito l’importanza della sussidiarietà per il futuro dell’Europa. È un portato del cristianesimo. Infatti, l’idea di essere sussidiari è sostanzialmente cristiana; è, per fare un esempio immediatamente comprensibile, contenuta nella parabola del buon samaritano».

Lei ha più volte sostenuto che in Calabria ci sono dei progetti ma manca il soggetto. Che cosa vuol dire? Come, circa la formazione del soggetto, possono intervenire gli enti che si occupano di sussidiarietà?
«Questo è un grande tema, che ha attanagliato la cultura sullo sviluppo del Mezzogiorno. Ricordo, per esempio, la disputa fra Giorgio Ceriani Sebregondi e Pasquale Saraceno. Questi vedeva il Sud debole e perciò considerava lo sviluppo quale prerogativa dello Stato. Ceriani Sebregondi riteneva, invece, che in mancanza del soggetto fosse inutile spendere dei soldi. Rammento, poi, la lunga polemica sui risultati, spesso fallimentari, della Cassa per il Mezzogiorno. Credo, inoltre, che con le risorse del Pnrr avremo sempre il problema del concreto utilizzo delle risorse. Al riguardo, qualcuno si sta preoccupando se ci sono i soggetti adeguati? Basta soltanto avere una bella idea? Non sono indispensabili la preparazione e la responsabilità, per gestire un’attività?».

Ritiene che tra Nord e Sud ci sia una distanza soprattutto culturale?
«Al Nord c’è una scuola che nasce dai genitori, dai nonni. I ragazzi vengono cresciuti in famiglie con imprese piccole e grandi. Lì i giovani imparano a capire se possono investire, rischiare e guadagnare. Al Sud, invece, c’è la scuola del posto pubblico. Ha ragione Checco Zalone: la chimera del Sud è il posto pubblico, non il rischio di impresa. Tutti dovremmo capire che non basta avere la legge 44, la 64, la 236. Si tratta di leggi sullo sviluppo del Sud che non hanno prestato attenzione al soggetto, alla persona, all’imprenditore. Allora c’è un problema educativo, rispetto alla cultura d’impresa, che nessuno vuole affrontare perché è il lavoro più faticoso. Difronte a un povero, puoi reagire in due modi: o gli dai dieci euro o gli spieghi come uscire dalla povertà. Ma la seconda strada è faticosissima e non la vuole percorrere quasi nessuno. Così lo Stato italiano si è comportato nei confronti del Sud e ha mandato solo soldi. Noi cerchiamo di invertire la tendenza e vogliamo farlo insieme, perché in Calabria abbiamo le intelligenze e le competenze per un auspicato cambiamento di mentalità».

Da monsignor Savino a Francesco Sapia, passando per De Mita e Loizzo. L’iniziativa di domani avrà relatori molto diversi tra di loro. Questo che cosa significa, che davanti ai bisogni della persona non ci si può dividere?
«Esatto. È come quando uno ha un forno e vende il pane. Il pane non è di destra o di sinistra. Lo stesso vale la sussidiarietà, che è una posizione umana di realismo rispetto alla realtà».

Insieme a Vittadini, lei ha da tempo lanciato anche la Scuola di formazione politica, che tra i suoi allievi ha avuto un giovane da poco eletto sindaco di un Comune calabrese. In genere i partiti non fanno più questo tipo di scuola. Che segnale state lanciando agli schieramenti politici attuali?
«Con la Scuola di formazione politica al bene comune, abbiamo voluto valorizzare dei giovani, uno di questi è Gianmarco Cimino, da poco diventato sindaco di San Mango d’Aquino. Tra l’altro, anche il generale Elia Carmelo Pallaria, nuovo sindaco di Curinga, è legato alla “filosofia” della nostra scuola, con cui ha stretti rapporti. Il nostro obiettivo è sostenere la speranza sulla capacità di cambiamento e sull’utilità della politica, che altrimenti resta spesso in mano a figure di basso livello». (redazione@corrierecal.it)

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